Dopo Fitch, il cui verdetto negativo è arrivato il 9 gennaio, anche l’agenzia Moody’s ha abbassato il rating della Russia. La valutazione del merito di credito di Mosca scende da Baa2 a Baa3, appena un gradino sopra il livello ‘junk‘ (spazzatura). Non solo: Moody’s ha anche comunicato di aver sottoposto il rating a revisione per valutare un’ulteriore retrocessione. Vale a dire che i titoli di Stato del Cremlino sono ancora ritenuti affidabili, ma rischiano a breve di finire tra quelli bollati come “ad alto rischio“, interessanti solo per gli speculatori.
L’agenzia ha spiegato la sua decisione con “l’aspettativa che il calo del prezzo del petrolio e lo shock del cambio mineranno ulteriormente le già tenui prospettive di crescita del Paese nel medio termine”. Quanto al breve termine, “le preoccupazioni riguardano l’impatto negativo sulla forza finanziaria del governo dell’erosione nelle riserve valutarie e nei ricavi fiscali”. Timore del tutto giustificato, visto che la Banca centrale ha fatto sapere che nel corso del 2014 il Paese ha speso più di 82 miliardi di dollari per cercare di tenere a galla la valuta locale. E nel solo mese di dicembre sono stati spesi 11,9 miliardi. Senza, peraltro, riuscire a far molto per arginarne la spirale negativa: per acquistare un euro servono ancora oltre 75 rubli e 65 dollari. Sei mesi fa ne bastavano, rispettivamente, 47 e 35.
Pesa anche il fatto che gli Usa non intendono in alcun modo allentare le sanzioni economiche comminate per contrastare le ingerenze in Ucraina. “Dobbiamo mantenere forti sanzioni”, ha detto il presidenteBarack Obama nel corso della conferenza stampa congiunta con il premier britannico David Cameron dopo l’incontro alla Casa Bianca di venerdì.
Nel frattempo il Paese assiste a un’inarrestabile aumento dell’inflazione, tanto che lunedì il presidente Vladimir Putin ha chiesto alla magistratura di monitorare i prezzi di alimentari, benzina e farmaci per evitare speculazioni.