José Pepe Mujica ha da poco lasciato la presidenza dell’Uruguay, è stato un presidente venerato dal suo popolo ma la Costituzione non prevede la possibilità di una seconda rielezione. Come si evince dalla narrazione realizzata da Nadia Angelucci e Gianni Tarquini nel libro (la prima biografia italiana) Il presidente impossibile, quella di Mujica è una storia del tutto alternativa a quella del nostro presidente Napolitano.
Mujica ha trascorso 15 anni in prigione per essersi opposto alla dittatura militare, ha fatto della sobrietà e della vicinanza al popolo il suo stile di vita. Mujica ha rinunciato ad abitare alla residenza presidenziale di Suárez y Reyes (il nostro Quirinale) che ha utilizzato solo in occasioni ufficiali e che d’inverno suggeriva fosse utilizzato per accogliere i senza tetto. Mujica ha donato il 90% del suo stipendio ai più poveri e con la sua donna Clio (Lucia Topolansky) ha continuato a vivere in campagna senza servitù, cosa impensabile in Italia dove la servitù del Quirinale (1720 unità) travalica le mura del palazzo e si materializza in quelle dei maggiori mass media sempre proni a raccontare con patetica reverenza le gesta della coppia presidenziale nostrana.
Mujica e consorte hanno rinunciato anche alla residenza presidenziale di campagna (Anchorena) anch’essa riservata a ospitare ricevimenti ufficiali e anche quando si recavano lì dormivano nella foresteria, ritenuta più adatta alle loro esigenze. La coppia ha dichiarato che: “Non rimaniamo nella casa grande perché lì tutto è un museo. Lì tutto è patrimonio della Nazione, bisogna fare molta attenzione perché è patrimonio della gente e non tuo… Per quale motivo dobbiamo metterci lì dentro se c’è l’altro posto che è molto più comodo e semplice?”
Tra pochi giorni il nostro Parlamento in seduta comune voterà il nuovo Presidente della Repubblica. Quello che si insedierà al Quirinale sarà il dodicesimo presidente e prenderà il posto di Giorgio Napolitano, unico presidente della storia che è stato votato per due mandati, nonostante la Costituzione non preveda la rielezione e nonostante egli avesse assicurato che non avrebbe accettato un secondo mandato.
Napolitano è entrato nella politica che conta 61 anni fa, cioè quando fu nominato deputato per la prima volta. Poi è stato presidente della Camera, ministro degli interni e parlamentare europeo. Da Presidente della Repubblica ha nominato cinque primi ministri, solo tre dei quali scelti dal popolo per ricoprire tale carica. Per l’interpretazione a dir poco estensiva della Costituzione rimarrà nella storia prima per la frettolosa nomina di Mario Monti a senatore a vita e poi per il suo incarico a Presidente del Consiglio.
Napolitano è simbolo, custode dell’attuale partitocrazia, di quel pensiero unico che priva il nostro paese di una reale democrazia, di un’alternanza in grado di garantire una scelta. Ma soprattutto è un politico che per più di 60 anni ha frequentato i palazzi del potere dimenticandosi delle strade dove pulsa il cuore del paese reale.
A dire il vero dal punto di vista dei poteri l’abbinamento tra Mujica e Napolitano non è calzante, dato che il nostro costituente non aveva previsto che l’istituto della Presidenza della Repubblica avesse poteri esecutivi, ma un ruolo super partes, un garante più simile al re in una monarchia parlamentare come quella inglese. Quella del monarca è una figura che Napolitano più volte ha gradito ricoprire, anche con funzioni non proprie di un sovrano sottoposto al potere parlamentare ma con inquietanti tendenze assolutistiche.
Alla prossima elezione se non si potrà avere un presidente impossibile, almeno si spera verrà eletto uno normale. Il Paese ne ha urgente bisogno.