A testa bassa il terzino da Scorzè, in dribbling sulla certezza, spericolato ostacolo nell’intreccio tra cronaca giudiziaria e nera, a rischio autogol: “Qualcuno ha stravolto questo episodio”. Sussurri maligni, omissioni, tentennamenti e sospetti legittimi tra confessioni tardive, incomprensioni e ricordi posticipati, amnesie riesumate fuori giuramento. Col senno di poi: “Qualcuno ha stravolto questo episodio”.
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Questo qualcuno non è solo l’alibi del collegio difensivo, discrimine tra l’onta del burlone e il fango guascone sulla memoria del Saggio. L’angelo biondo. “Quel giorno non ci fu nulla di premeditato”. E allora? Riscriverne carriera da Re, revisionandone morte da Cecconi, per qualcun altro è invece la riconquista della verità calpestata, oltrepassando pantomime e tranelli in toga, ideologicamente afflittivi, da Un giorno in Pretura: Roma, 18 Gennaio 1977, il grande bluff è stato lo scherzo, tesi priva d’appello, montata tra grossolani equivoci, goffe incomprensioni e corsivi retorici, inchiostro perbenista su giornali tronfi di alibi politicamente corretti: “Se fossi morto io non avrei saputo perché. E’ la frase più cruda che posso dire per spiegare il mistero di quei tragici secondi ai quali non so dare spiegazione”. (E uno: Bingo!)
“Se fossi morto io” è sfogo liberatorio 1994, la notizia sfuggita al titolista de L’Unità, il sussulto postdatato, mimetizzato, pronunciato a mezza bocca dal Cavaliere al Merito Pietro Ghedin, vice di Trapattoni coach azzurro, ottime entrature Figc, oggi Ct della nazionale di Malta, ieri terzo in fila indiana nella scia di sangue sul pavimento della Gioielleria Arte Orafa Tabocchini. Davvero sulla Collina Fleming la pistola gliela puntarono in volto prima a lui. Perché? Mani fuori dalle tasche, “Se fossi morto io” mostrò l’altra faccia, girando spalle e memoria al morto: non s’è ancora mai capito il perché. “Si è scritto molto, si è parlato tanto e a volte non bene. Qualcuno ha stravolto questo episodio, evidenziando cose non vere di Luciano. Quel giorno non ci fu nulla di premeditato, di previsto. Lo ripeto: se fossi morto io non avrei saputo perché”.
Ecco l’ultima scena, una manciata di secondi come un thriller mozzafiato: erano tre. Entrano nel negozio. Al centro stava Cecco, silente, polmone di fascia destra prima Lazio tricolore. Davanti Giorgio Fraticcioli, profumiere, capofila, testimone oculare da frase choc, agli atti, sbrigativamente dimenticata: “Io non ho sentito Re Cecconi pronunciare la frase… è una rapina!” (Bingo e due!). S’udì ebbene una Walther 7,65, il tonfo di una automatica con cane sensibilizzato del tipo spara appena sfiorato il grilletto, la bocca di fuoco di Bruno Tabocchini, omicida per legittima difesa putativa, moglie all’Avvocatura dello Stato, assolto tra polemiche e applausi, ossessionato da incubi per scippi e rapine di vite extraparlamentari, gang in autofinanziamento, mani armate da anni di piombo. “Quando si tira fuori la pistola, non c’è tempo per pensare… bisogna agire!” Spingendosi un po’ più in la, Tabocchini confessò pure che Re Cecconi “non ha fatto nulla che mi potesse far pensare a una rapina!” (Bingo e tre!)
“La motivazione della sentenza è stata giuridicamente e tecnicamente scorretta. Il tribunale pervenne al suo convincimento omettendo di valutare dovutamente tutti gli elementi emersi”: per il pm Franco Marrone il verdetto del giudice di prime cure chiedeva riforma. La Procura romana preferì declinare. Pietra tombale sul caso, persino per i tifosi più afflitti, fino a Gigi Martini, l’anti-eroe, il comandante tutto d’un pezzo: “Non ci fu nessuno scherzo – ammise il gemello biancoceleste – e Ghedin non sentì Re Cecconi parlare. Di questa ricostruzione sono sicuro al cento per cento”. Il mistero è risolto.
Retroscena: forse quel qualcuno 38 anni fa si fermò a contare fino a 90. Nel calcio il minuto del fischio finale, senza recupero. Nella smorfia napoletana, la rappresentazione del simbolo della paura. Che non ha scalfito l’aura mite di moto perpetuo, Luciano Re Cecconi in eterno riposo a Nerviano, senza ricorso, muto e sepolto, all’ultimo stadio di Italia-Malta. Roba da nazionali ancora lutto al braccio: siamo seri, i conti non tornano. Altro che scherzo…
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Maurizio Martucci
Giornalista e scrittore
Sport - 18 Gennaio 2015
Re Cecconi, il mistero continua?
A testa bassa il terzino da Scorzè, in dribbling sulla certezza, spericolato ostacolo nell’intreccio tra cronaca giudiziaria e nera, a rischio autogol: “Qualcuno ha stravolto questo episodio”. Sussurri maligni, omissioni, tentennamenti e sospetti legittimi tra confessioni tardive, incomprensioni e ricordi posticipati, amnesie riesumate fuori giuramento. Col senno di poi: “Qualcuno ha stravolto questo episodio”.
Questo qualcuno non è solo l’alibi del collegio difensivo, discrimine tra l’onta del burlone e il fango guascone sulla memoria del Saggio. L’angelo biondo. “Quel giorno non ci fu nulla di premeditato”. E allora? Riscriverne carriera da Re, revisionandone morte da Cecconi, per qualcun altro è invece la riconquista della verità calpestata, oltrepassando pantomime e tranelli in toga, ideologicamente afflittivi, da Un giorno in Pretura: Roma, 18 Gennaio 1977, il grande bluff è stato lo scherzo, tesi priva d’appello, montata tra grossolani equivoci, goffe incomprensioni e corsivi retorici, inchiostro perbenista su giornali tronfi di alibi politicamente corretti: “Se fossi morto io non avrei saputo perché. E’ la frase più cruda che posso dire per spiegare il mistero di quei tragici secondi ai quali non so dare spiegazione”. (E uno: Bingo!)
“Se fossi morto io” è sfogo liberatorio 1994, la notizia sfuggita al titolista de L’Unità, il sussulto postdatato, mimetizzato, pronunciato a mezza bocca dal Cavaliere al Merito Pietro Ghedin, vice di Trapattoni coach azzurro, ottime entrature Figc, oggi Ct della nazionale di Malta, ieri terzo in fila indiana nella scia di sangue sul pavimento della Gioielleria Arte Orafa Tabocchini. Davvero sulla Collina Fleming la pistola gliela puntarono in volto prima a lui. Perché? Mani fuori dalle tasche, “Se fossi morto io” mostrò l’altra faccia, girando spalle e memoria al morto: non s’è ancora mai capito il perché. “Si è scritto molto, si è parlato tanto e a volte non bene. Qualcuno ha stravolto questo episodio, evidenziando cose non vere di Luciano. Quel giorno non ci fu nulla di premeditato, di previsto. Lo ripeto: se fossi morto io non avrei saputo perché”.
Ecco l’ultima scena, una manciata di secondi come un thriller mozzafiato: erano tre. Entrano nel negozio. Al centro stava Cecco, silente, polmone di fascia destra prima Lazio tricolore. Davanti Giorgio Fraticcioli, profumiere, capofila, testimone oculare da frase choc, agli atti, sbrigativamente dimenticata: “Io non ho sentito Re Cecconi pronunciare la frase… è una rapina!” (Bingo e due!). S’udì ebbene una Walther 7,65, il tonfo di una automatica con cane sensibilizzato del tipo spara appena sfiorato il grilletto, la bocca di fuoco di Bruno Tabocchini, omicida per legittima difesa putativa, moglie all’Avvocatura dello Stato, assolto tra polemiche e applausi, ossessionato da incubi per scippi e rapine di vite extraparlamentari, gang in autofinanziamento, mani armate da anni di piombo. “Quando si tira fuori la pistola, non c’è tempo per pensare… bisogna agire!” Spingendosi un po’ più in la, Tabocchini confessò pure che Re Cecconi “non ha fatto nulla che mi potesse far pensare a una rapina!” (Bingo e tre!)
“La motivazione della sentenza è stata giuridicamente e tecnicamente scorretta. Il tribunale pervenne al suo convincimento omettendo di valutare dovutamente tutti gli elementi emersi”: per il pm Franco Marrone il verdetto del giudice di prime cure chiedeva riforma. La Procura romana preferì declinare. Pietra tombale sul caso, persino per i tifosi più afflitti, fino a Gigi Martini, l’anti-eroe, il comandante tutto d’un pezzo: “Non ci fu nessuno scherzo – ammise il gemello biancoceleste – e Ghedin non sentì Re Cecconi parlare. Di questa ricostruzione sono sicuro al cento per cento”. Il mistero è risolto.
Retroscena: forse quel qualcuno 38 anni fa si fermò a contare fino a 90. Nel calcio il minuto del fischio finale, senza recupero. Nella smorfia napoletana, la rappresentazione del simbolo della paura. Che non ha scalfito l’aura mite di moto perpetuo, Luciano Re Cecconi in eterno riposo a Nerviano, senza ricorso, muto e sepolto, all’ultimo stadio di Italia-Malta. Roba da nazionali ancora lutto al braccio: siamo seri, i conti non tornano. Altro che scherzo…
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Milano, 20 feb. (Adnkronos) - "Se dovessimo tutti attenerci a quelle che sono le regole del Coni, per quanto riguarda il calcio, il 90% degli impianti li dovremmo chiudere. Dobbiamo trovare la via di mezzo e quelle che possono essere le modalità migliori per dare la sicurezza dell'omologazione dell'impianto di gioco e dare, senza dover strozzare le società, quelle che possono gli adempimenti per mettere il più possibile in sicurezza le strutture". Lo sostiene Giacomo Pompili, di Lnd Impianti e Federcalcio servizi, intervenendo al panel 'Sicurezza e impianti sportivi: un confronto tra federazioni, enti e progettisti' che si è svolto durante la prima giornata di lavori della IX edizione di Myplant & Garden, il Salone internazionale del Verde. Un incontro che si configura tra i numerosi appuntamenti che riempiono il variegato palinsesto della manifestazione, a Fiera Milano Rho fino al 21 febbraio 2025.
L'attività di controllo sull’impiantistica è nata nel 2020 sulla base della raccomandazione del Coni, diffusa con una circolare, di omologare gli impianti sportivi. "Oggi credo che ogni federazione si stia muovendo con un suo regolamento, che però non è esattamente preso da quello che il Coni ci chiede -spiega Pompili-. E' importante confrontarsi anche con gli amici delle altre Federazioni sulle problematiche da affrontare", dice.
Milano, 20 feb. (Adnkronos) - "Se dovessimo tutti attenerci a quelle che sono le regole del Coni, per quanto riguarda il calcio, il 90% degli impianti li dovremmo chiudere. Dobbiamo trovare la via di mezzo e quelle che possono essere le modalità migliori per dare la sicurezza dell'omologazione dell'impianto di gioco e dare, senza dover strozzare le società, quelle che possono gli adempimenti per mettere il più possibile in sicurezza le strutture". Lo sostiene Giacomo Pompili, di Lnd Impianti e Federcalcio servizi, intervenendo al panel 'Sicurezza e impianti sportivi: un confronto tra federazioni, enti e progettisti' che si è svolto durante la prima giornata di lavori della IX edizione di Myplant & Garden, il Salone internazionale del Verde. Un incontro che si configura tra i numerosi appuntamenti che riempiono il variegato palinsesto della manifestazione, a Fiera Milano Rho fino al 21 febbraio 2025.
L'attività di controllo sull’impiantistica è nata nel 2020 sulla base della raccomandazione del Coni, diffusa con una circolare, di omologare gli impianti sportivi. "Oggi credo che ogni federazione si stia muovendo con un suo regolamento, che però non è esattamente preso da quello che il Coni ci chiede -spiega Pompili-. E' importante confrontarsi anche con gli amici delle altre Federazioni sulle problematiche da affrontare", dice.
Milano, 20 feb. (Adnkronos) - "Come Federazione italiana tennis, padel, pickleball, che comprende gli sport di racchetta come tennis, padel beach, tennis beach e tennis in carrozzina, abbiamo adattato le nostre carte federali ai regolamenti dell'impiantistica e alle procedure per l'omologazione degli impianti. Sul territorio abbiamo messo in piedi una rete di tecnici, sotto un coordinamento di 21 comitati regionali, che procede alla verifica delle migliaia di impianti federali presenti. Circa 100 tecnici vanno giornalmente presso tutti gli impianti a verificarne l’omologazione. Questo è un modo anche per avere un censimento di quelli che sono gli impianti sul territorio". Sono le dichiarazioni di Silvia Torrani componente della Fitp, la Federazione italiana tennis, padel, pickleball, intervenendo al panel 'Sicurezza e impianti sportivi: un confronto tra federazioni, enti e progettisti' che si è svolto nell’ambito della prima giornata di lavori della IX edizione di Myplant & Garden, il Salone internazionale del Verde, presso la Sala Verde sportivo allestita nel padiglione 20 della fiera.
L’incontro si configura tra i numerosi appuntamenti che riempiono il ricco palinsesto della manifestazione che si svolge a Fiera Milano Rho fino al 21 febbraio 2025. "Tutta l'attività sull’impiantistica -riprende Torrani- è nata in pieno Covid, quando il Coni ha mandato una circolare a tutte le federazioni sportive nazionali raccomandando l’omologazione degli impianti. Omologare un impianto vuol dire attestare in unità lo svolgimento delle competizioni o l'esercizio della pratica sportiva -spiega-. Gli impianti vengono omologati per tipologia, quindi se abbiamo un circolo che ha campi da tennis, campi da padel o campi da beach, abbiamo tre diverse omologazioni per il tennis, per il padel e per il beach. Siamo nel vivo di questa attività, ma c’è ancora tantissimo da fare", conclude.
Milano, 20 feb. (Adnkronos) - "Come Federazione italiana tennis, padel, pickleball, che comprende gli sport di racchetta come tennis, padel beach, tennis beach e tennis in carrozzina, abbiamo adattato le nostre carte federali ai regolamenti dell'impiantistica e alle procedure per l'omologazione degli impianti. Sul territorio abbiamo messo in piedi una rete di tecnici, sotto un coordinamento di 21 comitati regionali, che procede alla verifica delle migliaia di impianti federali presenti. Circa 100 tecnici vanno giornalmente presso tutti gli impianti a verificarne l’omologazione. Questo è un modo anche per avere un censimento di quelli che sono gli impianti sul territorio". Sono le dichiarazioni di Silvia Torrani componente della Fitp, la Federazione italiana tennis, padel, pickleball, intervenendo al panel 'Sicurezza e impianti sportivi: un confronto tra federazioni, enti e progettisti' che si è svolto nell’ambito della prima giornata di lavori della IX edizione di Myplant & Garden, il Salone internazionale del Verde, presso la Sala Verde sportivo allestita nel padiglione 20 della fiera.
L’incontro si configura tra i numerosi appuntamenti che riempiono il ricco palinsesto della manifestazione che si svolge a Fiera Milano Rho fino al 21 febbraio 2025. "Tutta l'attività sull’impiantistica -riprende Torrani- è nata in pieno Covid, quando il Coni ha mandato una circolare a tutte le federazioni sportive nazionali raccomandando l’omologazione degli impianti. Omologare un impianto vuol dire attestare in unità lo svolgimento delle competizioni o l'esercizio della pratica sportiva -spiega-. Gli impianti vengono omologati per tipologia, quindi se abbiamo un circolo che ha campi da tennis, campi da padel o campi da beach, abbiamo tre diverse omologazioni per il tennis, per il padel e per il beach. Siamo nel vivo di questa attività, ma c’è ancora tantissimo da fare", conclude.
Roma, 20 feb. (Adnkronos) - "Tra il 2018 e il 2024, si sono verificate complessivamente 394 segnalazioni di aggressioni agli operatori Cri. Attacchi verbali e fisici che, nella maggior parte dei casi, vedono come autori gli stessi beneficiari del soccorso. Stando ai dati in nostro possesso, dal 2023 al 2024 le aggressioni sono passate da 63 a 68. Un aumento di circa l’8% in appena un anno. Un trend preoccupante che racconta un fenomeno che non sembra accennare ad arrestarsi". E' l’allarme lanciato dal presidente della Croce Rossa Italiana, Rosario Valastro, in occasione della Giornata Nazionale del personale sanitario, sociosanitario, socioassistenziale e del volontariato.
“Ogni atto di violenza a danno degli operatori sanitari compromette, oltre che la loro sicurezza, quella dei pazienti. Questi episodi ostacolano l’operato del personale sanitario a supporto di chi ha bisogno di assistenza e cure - aggiunge - È già grave che ciò accada in contesti ordinari, in ospedale, in ambulanza, mentre si interviene per soccorrere qualcuno, lo è ancora di più in quei contesti emergenziali dove l’aiuto di un sanitario può fare la differenza tra vivere e morire”, ha detto facendo riferimento ai 32 operatori umanitari del Movimento internazionale della Croce Rossa e Mezzaluna Rossa morti nel 2024 mentre prestavano servizio di assistenza alla popolazione in zone di conflitto.
Roma, 20 feb. (Adnkronos Salute) - "La pandemia ha segnato profondamente la vita di tutti noi e del Servizio sanitario nazionale. Dalla lezione della pandemia dobbiamo capire cosa non ha funzionato ed è, penso, in primis, la medicina territoriale. Stiamo lavorando per far sì che ci sia una sanità più moderna è vicina ai cittadini. Dalla pandemia abbiamo imparato quanto siano importanti gli operatori sanitari che sono al centro della nostra attenzione". Lo ha detto il ministro della Salute, Orazio Schillaci, a Roma a margine dell'evento per la Giornata nazionale del personale sanitario, che si celebra oggi “La sanità è cambiata e ci vogliono anche nuove competenze per vincere le sfide che ci aspettano. Dalla medicina digitale alla telemedicina”.
Roma, 20 feb. (Adnkronos Salute) - "La legge che è stata approvata sull'arresto in flagranza di reato anche in differita" per le aggressioni ai sanitari, “mi viene segnalato da uno dei miei Ordini, ha già dato i primi risultati. Di fronte all'ennesima violenza, mai giustificabile, il pubblico ministero ha chiesto 1 anno e il giudice ha portato la condanna a 2 anni. Grazie, perché questo è un segno concreto e tangibile dello sforzo che è stato fatto e di cui vi ringraziamo". Così Barbara Mangiacavalli, presidente della Fnopi, Federazione nazionale Ordini professioni infermieristiche, questa mattina a Roma si è rivolta al ministro della Salute, Orazio Schillaci, partecipando all'evento per la Giornata nazionale del personale sanitario.