Lo strappo provocato da Sergio Cofferati minaccia davvero di dilaniare il Partito Democratico, spaccandolo alla vigilia di un passaggio cruciale per il Paese e il governo: l’elezione del Capo dello Stato. Il dado è tratto e l’ex segretario della Cgil non arretra di un millimetro. Si è bruciato tutti i ponti alle spalle e si trova solo – per ora – su uno sentiero del quale ancora non si intravvede il percorso. Va avanti prudente, ma deciso. E ignora ostentatamente gli appelli subliminali che gli arrivano dagli esponenti meno oltranzisti del partito, i renziani dialoganti che non rinunciano all’idea di recuperarlo alla causa. Andrea Orlando, che gli aveva garantito il proprio appoggio alle primarie, gli ha lanciato una passerella: “La scelta di Cofferati ritengo sia un errore, su cui però bisogna riflettere – ha dichiarato il ministro della Giustizia – non si può rispondere in modo sprezzante, serve una riflessione seria, che non riguarda solo il quadro ligure, su ciò che non funziona nelle primarie, che sono occasione importante di partecipazione, ma devono essere disciplinare in modo più stringente”. Orlando ha aggiunto che “il risultato che Cofferati ha ottenuto alle primarie, corrispondono a una domanda di rappresentanza che si è espressa in modo forte e che ora non ha una corrispondenza”. Quanto a possibili riflessi delle dimissioni di Cofferati dal Pd sulle elezioni per il Quirinale, per il ministro “le due vicende devono rimanere distinte e mantenere una totale autonomia: una è una questione che riguarda il partito, l’altra riguarda le istituzioni della Repubblica. Bisogna evitare gli errori del passato”.
Cofferati lascia cadere gli argomenti sollevati dal Guardasigilli: “Non commento”. Non gli interessa ricucire, né interloquire con Matteo Renzi che ha evocato lo spettro del partito nel partito. Il silenzio del segretario e degli organi dirigenti romani di fronte alle sue reiterate proteste per il modo in cui erano condotte le primarie liguri lo ha convinto che gli spazi di dialogo sono azzerati. Gli insulti e le contumelie che lo hanno raggiunto dopo l’annuncio di lasciare il Pd glielo hanno confermato. “Il Pd è un partito alla frutta”, ha detto a La Repubblica, stigmatizzando la pratica di comprare i voti. L’ex segretario della Cgil ha preso definitivamente atto dell’incomunicabilità con un governo che vive di annunci e trascura la realtà tremenda di un Paese impoverito e smarrito. In non casuale consonanza con le parole del segretario della Fiom Landini, che al Corriere della Sera ha dichiarato: “In Italia la sinistra non c’è più”.
Landini e Cofferati richiamano entrambi Alexis Tsipras, candidato alle elezioni greche di domenica alla guida di Syriza. Landini dice che “è estremamente interessante come certi meccanismi di elaborazione del cambiamento possano mettersi in moto proprio come si sono messi in moto in Grecia: in questo senso, naturalmente, un personaggio del carisma di Cofferati, con le sue grandi qualità etiche e morali, può certamente contribuire ad accelerare un percorso simile anche qui. Dove pure è necessario andare oltre l’idea di sinistra classica”. Invito tuttavia lasciato cadere da Cofferati: “Farò una fondazione e niente di più. Non entrerò in un altro partito né fonderò un nuovo partito”. E tuttavia Tsipras resta anche per lui un punto di riferimento: “Sono convinto che una vittoria elettorale di Tsipras in Grecia possa riaprire una fortissima contraddizione nello scenario europeo e dunque anche in Italia. Tsipras non vuole uscire dall’Euro, una scelta alla quale la Germania brinderebbe. Tsipras vuole ridiscutere le regole sul debito pubblico. E la cosa dovrebbe valere anche per l’Italia. Non raccontiamoci balle. Abbiamo chiesto maggiore flessibilità e l’aggiustamento delle regole condivise, scorporando gli investimenti dal debito e l’Europa ci ha risposto picche”.
Già, ma nel frattempo Cofferati come si muoverà? A IlFattoQuotidiano.it risponde così: “Intendo tenere in rete tutti coloro che mi hanno dimostrato fiducia e anche affetto, e che hanno bisogno di un riferimento politico. Per questa ragione mi appresto a costituire una Fondazione Culturale che dovrà scongiurare il pericolo di un ulteriore caduta di credibilità delle Istituzioni e della politica. E’ questo che mi preoccupa, l’astensionismo. In Emilia Romagna dal 90% dei votanti si è scesi al 37%. In queste condizioni non si può dire: ‘Abbiamo vinto”'”.
Non appena riceverà dalla commissione di garanzia del partito (che ha annullato il risultato elettorale di 13 seggi, confermando la vittoria di Raffaella Paita) la documentazione sulle irregolarità riscontrate, Cofferati andrà a consegnare le carte alla procura della Repubblica. A Savona si indaga già sulle procedure di voto di alcuni seggi dell’albenganese. La Direzione Nazionale antimafia ha acquisito la documentazione del seggio di Genova-Certosa dove si sono registrati afflussi organizzati di gruppi di persone che chiedevano la ricompensa in denaro per aver espresso il proprio voto. Fra tre mesi in Liguria si voterà: <E tre mesi sono lunghissimi…>, chiude Cofferati.