Cultura

Martin Luther King Day, l’NBA lo ricorda con uno spot speciale

Il 19 gennaio verrà trasmesso un video durante le dirette televisive delle partite, con il sottofondo del celebre discorso del 1963 e contributi di “barrier breakers” che si sono distinti all’interno dell’NBA per aver contribuito ad abbattere pregiudizi e discriminazioni razziali: una galleria di giocatori, arbitri, allenatori amati dagli appassionati del basket e ricostruita con filmati in bianco e nero

di Giuseppe Pagano

Nell’NBA ci sono alcuni appuntamenti da non perdere, come il Christamas Day e l’All-Stare Game. A questi si aggiunge anche il Martin Luther King Day, che si celebra il terzo lunedì di gennaio, cioè la data più vicina a quello che sarebbe stato il compleanno (15 gennaio) del leader della lotta per l’uguaglianza razziale.

La NBA tradizionalmente festeggia questa ricorrenza in grande stile, e quest’anno non fa eccezione. Infatti per la ricorrenza del 19 gennaio verrà trasmesso uno spot speciale durante le dirette televisive delle partite. Con il sottofondo del celebre discorso pronunciato da Martin Luther King nel 1963, durante la grande marcia su Washington per diritti dei neri, un video raccoglie un’ampia rassegna di “barrier breakers” che si sono distinti all’interno dell’NBA per aver contribuito ad abbattere pregiudizi e discriminazioni razziali. Una galleria di giocatori, arbitri, allenatori amati dagli appassionati del basket, ricostruita con filmati in bianco e nero, fotografie, titoli di giornale, che porta gli spettatori in un viaggio mozzafiato attraverso alcuni dei più significativi momenti degli ultimi 60 anni di basket.

La rassegna parte dal 1950 con Chuck Cooper, primo giocatore afroamericano della lega. C’è anche Bill Russel, il primo allenatore nero della storia, i due fuoriclasse Kareem Abdul-Jabbar e Magic Johnson, e poi ancora Viola Palmer, il primo arbitro donna nel basket professionale per uomini, e Jason Collins, primo giocatore dichiaratamente gay della NBA. Figurano anche una folta schiera di giocatori non americani, come Yao Ming, Manu Ginobili, Toni Parker, Steve Nash, Dirk Nowitzk, Hamed Haddadi e Serge Ibaka.

Un passaggio che non poteva mancare è quello dedicato a Michael Jordan, il più grande giocatore di basket di tutti i tempi, che dal 2010 è anche il primo afroamericano ad essere proprietario di una squadra NBA, i Charlotte Bobcats.
La NBA celebra per un giorno i suoi patrioti con una dozzina di incontri, che si disputeranno a partire dalle 14 (ore 20 italiane). Le partite si giocano simbolicamente nel pomeriggio, perché intorno alle 18.00 avvenne l’omicidio di Martin Luther King. Inoltre tutte le squadre indosseranno dal 19 gennaio sino al 2 febbraio un logo con la scritta “Dream” sulle magliette.

Il MLK Day cade in un momento difficile per la società americana, costretta ancora a fare i conti con gli spettri della discriminazione razziale a oltre mezzo secolo dalla pronuncia del celebre “I have a dream”. Infatti la morte di Michael Brown, il giovane di colore disarmato ucciso il 9 agosto 2014 da un agente della polizia a Ferguson (Missouri), innescò una serie di proteste che sono sfociate in vere e proprie battaglie campali tra polizia e manifestanti.

Anche il cammino per le celebrazioni dell’MLK Day non è stato facile: si è dovuto aspettare una legge del 1983 per farla diventare festa nazionale, e solo nel 1993 tutti i 50 Stati si sono adeguati alla legge. L’NBA, però, si è mossa in anticipo: i primi sportivi ad onorare la figura di Martin Luther King furono i cestisti Russell e Chamberlain, ai tempi avversari con le maglie di Boston e Philadelphia, che cercarono di boicottare una partita nel 1968 per osservare il lutto.
Dunque, tocca ancora una volta ad uno sport dai primati importanti, come il basket, lanciare un segnale importante in direzione del superamento delle discriminazioni, celebrando quello che ha Obama ha definito “un gigante nella storia della nostra nazione e un pioniere del movimento per i diritti civili”. Senza di lui neanche l’NBA sarebbe diventata ciò che è.

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