Al rinnovo dei vertici di Magistratura Indipendente, corrente moderata dell'Anm, è passata la linea della maggioranza, con il 'ticket' Antonello Racanelli alla segreteria e Giovanna Napoletano alla presidenza. E così il pm di Mani Pulite formerà una nuova corrente "Autonomia e indipendenza". Il magistrato sul blog di Grillo: "In condizioni normali sarebbero superflue queste manifestazioni, ma in una realtà come quella italiana dov'è stato stracciato il velo dell'ipocrisia, sono indispensabili"
Molti ritenevano che se fosse stato eletto presidente Piercamillo Davigo sarebbe stato come issare una bandiera di legalità. Ma al congresso per il rinnovo dei vertici di Magistratura Indipendente, corrente moderata dell’Anm, è passata la linea della maggioranza, con il ‘ticket’ Antonello Racanelli alla segreteria e Giovanna Napoletano alla presidenza. E così il pm di Mani Pulite ha lasciato Mi e formerà una nuova corrente “Autonomia e indipendenza” e sarà tra i partecipanti alla “Notte dell’Onesta” organizzata dal M5s in Piazza del Popolo a Roma il 24 gennaio.
Il casus belli era stato l’ingresso nell’esecutivo Renzi di Cosimo Ferri, ex segretario di MI, e attuale sottosegretario alla Giustizia. La situazione si era radicalizzata un anno fa in occasione delle votazioni per i membri togati del Csm, quando sulle mailing list un candidato della stessa corrente rivelò un sms con cui Ferri promuoveva due candidati. Che poi furono eletti. Diversamente da quanto si pensava Napoletano non ha ritirato la sua candidatura dopo che era stato proposto il nome di Davigo, personaggio simbolo della lotta alla corruzione sin da Tangentopoli, oggi consigliere di Cassazione. Già nei mesi scorsi Cosimo Ferri era stato accusato di voler etero-dirigere, dal governo, la corrente di cui era stato segretario, tentando di pilotare le candidature.
Quindi l’ipotizzato accordo che avrebbe affidato sì la segreteria a Racanelli, ma bilanciato le proporzioni all’interno della corrente con Davigo presidente (a Napoletano sarebbe andata la carica non esecutiva di presidente del consiglio nazionale) è saltato domenica in tarda serata. È stato allora che ha preso forma lo strappo già nell’aria da mesi. Una nota di MI nel pomeriggio accusava Davigo di essersi “sottratto al confronto democratico“, annunciando l’uscita dalla corrente, anche se si sottolinea “l’apprezzamento nei suoi confronti e l’auspicio che egli possa ripensare questa decisione”. “Si continuerà a dialogare”, aveva detto il neosegretario Racanelli, che ha incitato i colleghi “a spiegare bene cosa è successo ed evitare strumentalizzazioni sulle mailing list”. “La nostra idea è continuare la contrapposizione all’interno dell’Anm”, e “basta polemiche stucchevoli che vanno avanti da 18 mesi su chi è vicino alla politica e chi meno – ha quindi affermato -. L’amicizia con Ferri non ci impedirà di contrastare, se le riterremo sbagliate, le decisioni del governo di cui Ferri fa parte”.
Rimane da vedere che consistenza avrà la nuova corrente, in aperto dissenso con la linea della maggioranza, sia per le posizioni espresse nell’Anm, dove MI è all’opposizione nonostante il buon risultato ottenuto nelle elezioni per il sindacato delle toghe (dove la dirigenza è appannaggio di Unicost e Area), sia per il rapporto con il governo.
“In condizioni normali sarebbero superflue queste manifestazioni, ma in una realtà come quella italiana dov’è stato stracciato il velo dell’ipocrisia, sono indispensabili – dice in una video intervista sul blog di Beppe Grillo Davigo -. Una delle regole fondamentali della democrazia è la assunzione delle responsabilità nei provvedimenti. Che – dice il magistrato riferendosi alle polemiche sulla norma salva Berlusconi sul falso in bilancio – non si sappia mai chi scrive le norme è davvero singolare e, quindi, salve poi l’assunzioni di responsabilità, dovrebbe esserci una sorta di tracciabilità e qualunque ufficio pubblico o privato, di solito sono le sigle che indicano chi ha scritto l’atto e, quindi, è davvero sorprendente tutto quello che accade”, sottolinea. “Di solito, in Italia, si fa l’esatto contrario di quello che sarebbe necessario. Di fronte a comportamenti devianti anziché intervenire per fargli finire, si depenalizzano o pure si riducono le sanzioni, si cambiano le regole processuali in modo da renderli non perseguibili . Il risultato è che continua a peggiorare la posizione dell’Italia negli indici di percezione della corruzione e continua a crollare prestigio dell’Italia nella Comunità internazionale”.