Presentata a Roma la nuova compagnia nata dalle nozze con il gigante degli Emirati Arabi. Il nuovo presidente professa ottimismo ("I soci hanno fatto un grande sacrificio per permettere all'azienda di ripartire con un progetto forte e impegnativo"), l'ad Cassano rimane cauto: "Non possiamo fare promesse"
“I soci hanno fatto un grande sacrificio per permettere ad Alitalia di ripartire con un progetto forte e impegnativo”. Per Luca Cordero di Montezemolo, nuovo presidente della ex compagnia di bandiera, è però arrivato il momento di smetterla di guardarsi indietro e iniziare a pensare al futuro. Così come, del resto, vorrebbero poter fare anche i lavoratori Alitalia alcuni dei quali, riuniti attorno alla sigla autonoma Cub, hanno protestato davanti all’hotel Saint Regis di Roma dove si è tenuta la presentazione della nuova compagnia nata dalle nozze con Etihad.
Nonostante l’entusiasmo per i progetti mediorientali, Montezemolo ha spiegato che la strada del rilancio è in salita: “Bisogna restare con i piedi per terra”, ha precisato il presidente che si è detto disponibile a dare una mano a Renzi come consulente per gli investimenti. Montezemolo ha poi ricordato che almeno “oggi ci sono le condizioni per una nuova era”. A fine dicembre è infatti arrivato il perfezionamento dell’accordo che ha visto gli arabi versare 387,5 milioni di euro nell’ambito di un più ampio progetto da 1,25 miliardi di investimenti entro il 2018. Con il 2015 poi è diventata operativa la nuova Alitalia-Sai (Società aerea italiana) di cui la compagnia del Golfo ha in mano il 49%. Ma ora bisogna lavorare sodo. Anche perché come ha spiegato l’ad di Etihad, James Hogan, “Questa è l’ultima possibilità di salvare Alitalia”, che “va molto male” perché “è stata gestita finora come una società pubblica“. Un’azienda alla cui sopravvivenza hanno contribuito anche le tasche dei cittadini con il salvataggio ad opera dei patrioti di Silvio Berlusconi nel 2008 e con il più recente coinvolgimento diretto di Poste Italiane.
Proprio l’intervento di Poste Italiane nel capitale di Alitalia è del resto ancora uno dei nodi che da sciogliere. Bruxelles sta infatti ancora valutando se l’investimento fatto della azienda di Francesco Caio nel capitale della compagnia si configuri come un aiuto di Stato. E nel caso in cui l’indagine dell’Unione dovesse riscontrare una violazione delle regole europee sulla concorrenza, non è escluso che piovano delle sanzioni sulla neonata compagnia.
Per ora il management del vettore aereo ha fatto i conti senza il giudizio di Bruxelles e ha stimato di poter raggiungere un utile di un centinaio di milioni nel 2017. Prezzo del petrolio e crisi permettendo. Sul fronte occupazione, invece, i vertici della compagnia italo-mediorientale non si sbilanciano: “Adesso pensiamo agli undicimila lavoratori di Alitalia e poi penseremo ad allargare la famiglia”, ha spiegato l’ad Silvano Cassano. “Dobbiamo rimettere le cose in ordine e non possiamo fare promesse”. Anche perché le promesse vanno mantenute. Non come è accaduto per quelle fatte a luglio da azienda e governo per il ricollocamento dei dipendenti Alitalia in esubero. Una questione su cui il segretario nazionale della Filt Cgil, Nino Cortorillo, non intravede “né ottimismo né previsioni positive” né per l’inserimento “in aziende terze” né “per tutte le procedure” che dovevano offrire “nuove opportunità” con “l’impegno degli enti di governo e delle istituzioni locali”.