Organizzato dall’Università di Trieste, mercoledì 21 gennaio 2015, con inizio alle ore 17 presso l’Auditorium del Museo Revoltella, Via Armando Diaz, 27, si svolge l’incontro “Convivere con Auschwitz”: un’intera giornata di riflessione, di poco anteriore al Giorno della Memoria, con interventi di studiosi, filmati e testimonianze di sopravvissuti. Magari, qualcuno di chi mi legge avrà visto Il ragazzo invisibile (2014), il film di Gabriele Salvatores ambientato in una Trieste fantasy, con i luoghi più noti della città completamente decontestualizzati: gli spettrali cantieri navali, l’edificio centrale dell’Università in stile littorio, la stessa lunare sala siberiana in cui si svolge l’ultima scena del film, che poi è in realtà l’attuale Aula magna dell’Ateneo.
Trieste è davvero così: un luogo dell’anima e della memoria. Qui, nel 1938, sbarcando al molo Audace dall’incrociatore Camicia nera, accompagnato dai maggiori dignitari del regime, attraversò la città su un’auto scoperta fra due ali di folla plaudente Benito Mussolini, per venire a porre la prima pietra dell’Università nuova, quella che si vede nel film. Qui il Duce pronunciò il discorso sulle leggi razziali, accolto dai boati del pubblico: leggi che sarebbero state applicate anzitutto all’Università di Trieste, espellendone i docenti ebrei. Per chi non lo sapesse, quel discorso, pronunciato con quello che un giornale locale qualificò come «un meraviglioso sorriso», avrebbe portato fra l’altro alla Risiera di San Sabba, l’unico campo di sterminio nazifascista operante in Italia.
Perché ricordare tutto questo, nel mondo dei conflitti multietnici e del renzismo rampante? Ma perché Auschwitz, e quanto è avvenuto poco prima a Trieste, non sono capitati secoli fa, a gente così diversa da noi, e neppure in luoghi di fantasia come quelli del film di Salvatores. Sono capitati, si potrebbe dire, qui e oggi, in alcuni dei paesi e delle città più civili della Vecchia Europa: e potrebbero avvenire ancora, quando gli ultimi sopravvissuti ci lasceranno, perché l’unica cosa che lo impedisce è proprio la memoria. Il popolino che vorrebbe buttar fuori dall’Università i docenti che gli dispiacciono, per il resto, c’è ancora: si è solo trasferito sul web. E anche la gente che applaude il Duce, diciamocelo, è sempre la stessa, sono cambiati solo i ducetti, ma esibiscono gli stessi meravigliosi sorrisi.