I giovani sono stati prima catturati e poi massacrati a colpi di mitragliatrice. I loro corpi sono poi stati esposti in piazza e i genitori non hanno potuto recuperarli per paura di ritorsioni. Pubblicato un nuovo video con ostaggi giapponesi: "Dateci 200 milioni di dollari o li uccidiamo"
Guardare le partite della Nazionale di calcio va contro la Sharia. Con questa motivazione il 12 gennaio i miliziani dello Stato Islamico hanno fucilato in piazza, a Mosul, in Iraq, 13 ragazzi che stavano sostenendo la selezione del loro Paese impegnata nelle partite della Coppa d’Asia. Non solo una punizione, ma soprattutto un avvertimento nei confronti della popolazione che vive nei territori dell’autoproclamato califfato. I jihadisti fedeli ad Abu Bakr al-Baghdadi hanno poi deciso di lasciare i cadaveri, massacrati dai colpi delle mitragliatrici, esposti in piazza, senza che i genitori potessero avvicinarvisi per timore di ritorsioni. Intanto, i terroristi hanno pubblicato un nuovo video con degli ostaggi giapponesi, chiedendo al governo di Tokyo 200 milioni di dollari in cambio della loro liberazione.
I 13 giovani stavano sostenendo davanti alla tv l’Iraq che, impegnato in Coppa d’Asia, stava vincendo 1-0 contro la Giordania. Il tifo e, probabilmente, le grida hanno attirato l’attenzione dei terroristi che, arrivati nel quartiere al-Yarmuk, in quella che è considerata la capitale del califfato, hanno catturato e poi ucciso i ragazzi. “I cadaveri sono rimasti a terra e i genitori non hanno potuto recuperarli per timore di essere uccisi dai jihadisti”, scrivono sul loro sito web gli attivisti di “Raqqa is being slaughtered silently” (“Raqqa viene macellata in silenzio”), impegnati a documentare segretamente le violenze compiute dallo Stato Islamico nei territori occupati dello Sham. Poi, il messaggio alla popolazione: i miliziani hanno usato un megafono per avvertire i presenti del “crimine” compiuto dai giovani ragazzi di Mosul e della punizione che questo aveva comportato.
Quello del 12 gennaio è solo l’ultimo episodio di un processo di inasprimento della violenza nei confronti della popolazione sotto il controllo dei miliziani di al-Baghdadi. Nelle ultime settimane, lo Stato Islamico ha fatto circolare sui social network le immagini di esecuzioni di massa, decapitazioni pubbliche, alcune utilizzando dei lanciarazzi Rpg, e “colpevoli” gettati dai tetti dei palazzi. Esecuzioni che devono servire da monito alla popolazione, all’interno di un processo di consolidamento del consenso o, comunque, del controllo sui propri territori, unito a una continua propaganda verso gli aspiranti jihadisti che vivono fuori dai confini mediorientali e che hanno intenzione di unirsi alla jihad islamica.
Per continuare la loro battaglia, i terroristi hanno bisogno di soldi. Per questo hanno pubblicato un nuovo filmato simile a quelli diffusi prima delle decapitazioni di James Foley, James Sotloff e degli altri ostaggi occidentali decapitati dai jihadisti. Lo stesso boia protagonista dei videoclip precedenti si rivolge al presidente giapponese Shinzo Abe chiedendo soldi per la liberazione dei due prigionieri: “Siete migliaia di chilomteri lontani dallo Stato Islamico – dice il miliziano completamente vestito di nero – e siete voluti intervenire comunque in questa crociata. Avete stanziato 100 milioni di dollari per uccidere le donne e i bambini e distruggere le case dei musulmani. Così, la vita di questo (primo) prigioniero vi costerà 100 milioni. Per contrastare l’espansione dello Stato Islamico avete stanziato altri 100 milioni, così la vita di questo (secondo) cittadino vi costerà altri 100 milioni. Mi rivolgo al popolo giapponese: avete lasciato che il vostro governo stanziasse 200 milioni di dollari per combattere il califfato, ora avete 72 ore per convincerlo a pagare per la vita di questi cittadini. Altrimenti, questo coltello diventerà il vostro incubo”. Il governo giapponese non ha ancora risposto al messaggio dei jihadisti: “Stiamo esaminando il video diffuso dall’Isis”, ha dichiarato il portavoce. “Una minaccia imperdonabile”, ha commentato il premier Abe, che ha poi aggiunto: “La nostra priorità è la vita dei due cittadini”. Il presidente ha deciso di anticipare il suo rientro da Gerusalemme.