“Dall’83 si camminava tranquilli, non è che c’era una certa volontà di arrestarci, io ero latitante a casa mia e non mi ha cercato mai nessuno”. Così il pentito Francesco Paolo Anzelmo, sentito oggi a Firenze nell’ambito del processo per la strage del rapido 904 (che vede come unico imputato il boss Salvatore Riina), ha raccontato la sua latitanza. Poi, in merito all’attentato che portò alla morte del giudice Falcone, ha spiegato che vi erano state già negli anni ’80 altre ipotesi (mai verificatesi) per il suo assassinio: “Una volta con un bazooka, mentre nell’85 avevamo stabilito di ucciderlo con un fucile di precisione”. Durante l’esame è stato sentito anche il pentito Calogero Ganci, che ha affermato: “Non ho mai sentito parlare di questa strage in Cosa Nostra”. Quando il pm Angela Pietroiusti gli ha chiesto se Pippo Calò – ex capo mafioso già condannato all’ergastolo per la strage del 904 – fosse stato in grado di prendere autonomamente la decisione di un tale attentato senza comunicarlo a Cosa Nostra, il legale difensore di Salvatore Riina ha sbottato alzandosi dai banchi, esclamando: “Pippo Calò è innocente” di Max Brod