La partita del Quirinale si sposta tutta a Palazzo Madama. Dove lo scontro sulla nuova legge elettorale rischia di diventare per Matteo Renzi un vero e proprio Vietnam parlamentare. Perché sull’emendamento presentato dal dem Miguel Gotor potrebbe convergere anche un blocco di senatori di Area popolare (Ncd-Udc). Un’operazione che darebbe un’ulteriore spallata ad una maggioranza già pericolante e provata dai dissidi interni al Partito democratico.
L’ITALICUM TRABALLA – Il campanello d’allarme per Palazzo Chigi suona con un tweet. Quello dell’ex governatore della Lombardia, Roberto Formigoni: “In Senato si vota Italicum. Faremo di tutto per introdurre preferenze e diminuire i nominati. Emendamento Gotor è un buon emendamento”. Una doccia gelata sui piani del governo che conta di chiudere i giochi, tanto sulla riforma elettorale (a Palazzo Madama) quanto su quella costituzionale (a Montecitorio) prima dell’inizio delle votazioni, previsto il 29 gennaio, per eleggere il nuovo capo dello Stato. Piovuta sull’esecutivo poche ore prima dell’incontro ‘pacificatore’ di ieri sera tra Silvio Berlusconi e Angelino Alfano. Che sia una mossa concordata a tavolino tra i due per mettere in difficoltà Renzi nella partita per il Quirinale? A leggere la prima dichiarazione del leader di Ncd dopo il faccia a faccia con il Cavaliere il sospetto sembra lecito: “Con Berlusconi abbiamo deciso di unire le forze del Ppe per condividere la scelta di un candidato presidente della Repubblica di area moderata e non del Pd”.
I CONTI NON TORNANO – Al momento sarebbero in tutto una decina i senatori del partito guidato dal ministro degli Interni pronti a votare le modifiche proposte da Gotor, che conta già sul sostegno di circa 30 colleghi del Pd. L’emendamento prevede, in pratica, la riduzione della quota dei nominati e le preferenze per tutti i candidati nei collegi. Una convergenza con serie implicazioni politiche: il nodo Italicum, da questione tutta interna al Partito democratico, rischia ora di diventare un problema dell’intera maggioranza. Senza contare che, anche dentro Forza Italia, la tentazione di sostenere l’emendamento potrebbe spingere diversi senatori azzurri ad aggiungersi alla lista degli estimatori del testo di Gotor. Ieri sera, quasi in contemporanea all’incontro tra Berlusconi e Alfano, in un noto ristorante giapponese del centro di Roma si sono ritrovate a cena sedute allo stesso tavolo le parlamentari azzurre Deborah Bergamini, Jole Santelli e Maria Rizzotti con le colleghe di Ncd Nunzia De Girolamo e Barbara Saltamartini. E riecco il sospetto della mossa concordata tra Alfano e Berlusconi. Un bel guaio per il presidente del Consiglio che, per disinnescare le resistenze dentro il suo partito, stava puntando sulla pattuglia degli ex 5 Stelle (17 in tutto) per limitare i danni. Operazione che potrebbe, però, essere vanificata dalla convergenza di parte di Area popolare e frange azzurre: con il manipolo di Gotor potrebbero avvicinarsi a quota 50. Troppi per compensare con gli ex grillini.
L’APPELLO AI 5 STELLE – Intanto alla Camera, dove più o meno tutti danno per scontato che l’approvazione delle riforme costituzionali andrà in porto nei tempi imposti da Renzi, tra i 5 Stelle si discute della lettera inviata da Debora Serracchiani ai capigruppo del movimento più Luigi Di Maio e Danilo Toninelli. Nella missiva, la vicesegretaria del Pd chiede “formalmente e ufficialmente” l’appoggio dei pentastellati sul voto all’emendamento che prevede l’assegnazione del premio di maggioranza alla lista e non alla coalizione (su cui Forza Italia è contraria). “La lettera della Serracchiani? È ancora lì…”, rispondono dal movimento interpellati sulla questione. Prima che, dal direttorio, ci metta la faccia Roberto Fico: “O con noi o con Berlusconi”. Riferimento tanto all’Italicum quanto alla partita per il Colle. Che presuppone, sia nell’uno che nell’altro caso, la rottura del Patto del Nazareno.
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