Avere una laurea in tasca serve a trovare lavoro in Europa ma non Italia. A dirlo è il rapporto intermedio Ocse “Education at a Glance”, presentato lunedì 19 gennaio a Londra. Nel nostro Paese il percorso universitario non assicura nulla: il 16% dei ragazzi che scelgono di frequentare un ateneo dopo il diploma di scuola secondaria superiore arrivando fino alla laurea, restano disoccupati. Un dato impressionante rispetto alla media europea del 5,3%. A farci compagnia con un tasso di disoccupazione alto tra i giovani adulti (25-34 anni) con istruzione post secondaria sono solo Paesi come Grecia (33,1%), Spagna (20,8%), Portogallo (18,4%), Turchia (11,1%) e Slovenia (10,8%).
Non solo. L’Italia con il Messico, il Portogallo, la Spagna e la Turchia è tra i cinque Paesi Ocse con la più alta percentuale di persone con qualifiche basse sia tra gli adulti (55-64 anni) sia tra i giovani (25-34 anni). Inoltre nel nostro Paese la quota di ragazzi privi di istruzione secondaria di secondo grado è al di sotto del 30% ma resta una magra consolazione visto che con Grecia, Spagna e Turchia deteniamo il primato dei “Neet”, ragazzi tra i 25 e i 29 anni che non lavorano e non studiano.
Lo stesso Andreas Schleicher, coordinatore per l’Ocse del programma Pisa ha ammesso che l’Italia “ha fatto molti e significativi miglioramenti negli ultimi dieci anni ma quando si guarda all’educazione dopo la scuola il legame con il mondo del lavoro è debole e l’università è distante dall’ambito professionale”.
Per la cronaca, i turchi hanno la più alta percentuale di questi giovani che non lavorano, non studiano e non si formano, ma sono tuttavia anche l’unico Paese tra i quattro a mostrare un calo tra il 2005 e il 2013: si è passati dal 50% al 36%.
Nella maggior parte degli Stati la condizione di “Neet” è simile tra uomini e donne. Quando però emerge una differenza sono le donne in genere a mostrare percentuali più elevate: ad esempio ci sono più di 25 punti percentuali di differenza tra la popolazione maschile e femminile Neet in Messico e Turchia. La più grande differenza a favore delle donne si osserva, invece, in Lussemburgo, dove il 5% delle donne sono Neet a fronte del 12% di uomini.
I dati dell’Ocse ci consegnano un’altra caratteristica tutta italiana: i nostri studenti non lavorano mentre frequentano l’Università. In altri Stati per i ragazzi è considerato normale fare entrambi, magari per ottenere maggiore autonomia o per inserirsi nel mondo lavorativo prima ancora di arrivare all’agognata meta. Da noi solo il 5% degli studenti lavora meno di dieci ore settimanali a differenza di Canada, Stati Uniti ed Islanda dove arrivano anche a 34 ore alla settimana.
Dal rapporto emerge anche un’altra questione: l’Ocse ha bacchettato l’Italia sull’assunzione e il reclutamento dei docenti, oltre alla valutazione e al merito. Il nostro Paese sarebbe tra gli ultimi del gruppo dei 34 per quanto riguarda l’autonomia. L’assenza di un sistema di valutazione che giudichi l’operato dei dirigenti e degli insegnanti, è finita nel mirino del rapporto presentato dall’organizzazione internazionale.