“C’è un problema di civiltà, ormai viviamo in uno stato di guerra”. Così Philippe Blondin, il presidente del museo ebraico del Belgio oggetto lo scorso maggio di un attentato terroristico costato la vita di quattro persone. Se a presidiare il museo dopo l’attentato di maggio ci pensava la polizia, dopo quanto accaduto a Charlie Hebdo a Parigi e il blitz che ha portato all’uccisione di due terroristi nella cittadina belga di Verviers, oggi di fronte alle porte del museo c’è l’esercito. Paura di un attacco? “Questi fanatici possono colpire chiunque, ovunque e in qualunque modo” risponde Blondin, che parla di un nuovo modo di vivere” scandito dalla minaccia dei terroristi. “‘Il problema è tutto politico, e per quanto riguarda i paesi europei va risolto a livello dell’Ue”, conclude di Alessio Pisanò
Gentile lettore, la pubblicazione dei commenti è sospesa dalle 20 alle 9, i commenti per ogni articolo saranno chiusi dopo 72 ore, il massimo di caratteri consentito per ogni messaggio è di 1.500 e ogni utente può postare al massimo 150 commenti alla settimana. Abbiamo deciso di impostare questi limiti per migliorare la qualità del dibattito. È necessario attenersi Termini e Condizioni di utilizzo del sito (in particolare punti 3 e 5): evitare gli insulti, le accuse senza fondamento e mantenersi in tema con la discussione. I commenti saranno pubblicati dopo essere stati letti e approvati, ad eccezione di quelli pubblicati dagli utenti in white list (vedere il punto 3 della nostra policy). Infine non è consentito accedere al servizio tramite account multipli. Vi preghiamo di segnalare eventuali problemi tecnici al nostro supporto tecnico La Redazione