Si alleggerisce la portabilità dei c/c che si potranno spostare velocemente (entro massimo due settimane) e gratuitamente. Ma i correntisti restano fedeli alla propria banca anche per le procedure di comunicazione delle nuove coordinate. Una pigrizia che costa cara, visto che i conti in Italia restano salatissimi
Portabilità del conto corrente da una banca a un’altra entro massimo due settimane e a costo zero per i clienti, con l’onere che va tutto a carico degli istituti. Nel decreto legge licenziato dal Consiglio dei ministri sulle banche popolari (‘Misure urgenti per il settore bancario e per gli investimenti‘), trova posto anche questa nuova importante misura dedicata a tutti i consumatori, così come ha tenuto a precisare il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, durante la conferenza stampa.
Tanto che, il numero uno di via XX settembre ha anche spiegato chiaramente che d’ora in avanti per le banche non ci sarà più possibilità di svicolarsi dall’obbligo di facilitare la portabilità dei conti correnti. In caso di mancato rispetto dei termini, infatti, l’istituto risarcirà il cliente in misura proporzionale al ritardo e alla disponibilità esistente sul conto corrente al momento della richiesta di trasferimento.
Una sottolineatura necessaria, visto che dal lontano 2007 – quando Pierluigi Bersani mise in atto le sue due famose lenzuolate nel nome della liberalizzazione, colpendo per la prima volta il potere forte delle banche con l’introduzione del divieto delle penali di estinzione dei mutui e l’azzeramento delle spese di chiusura dei conti – gli italiani sono poi rimasti in balia del sistema bancario, sempre poco disposto ad aumentare la concorrenza nel settore del credito.
Più che un’impressione, una realtà certificata già nel 2013 quando l’Antitrust ha pubblicato i risultati di una lunga indagine durata 28 mesi, mettendo nero su bianco che in Italia è “ancora bassa la mobilità tra una banca e l’altra, come l’applicazione di condizioni più favorevoli all’interno dello stesso istituto”. Spazi che i risparmiatori non riescono a sfruttare, perché privi delle informazioni necessarie da parte degli istituti di credito. E inoltre, sempre un anno e mezzo fa, il Garante ha messo l’accento sulla lentezza nella chiusura di un conto corrente per aprirne un altro.
Secondo l’Antitrust, infatti, nonostante la ‘Direttiva europea in materia di trasparenza, comparabilità e portabilità dei conti correnti’ abbia ridotti i tempi di chiusura, “è sufficiente avere una carta di credito o la Viacard per addebitare i pedaggi autostradali per vederli dilatare anche fino a 37 giorni”.
Cosa è cambiato dopo questo allarme lanciato dall’Authority? Poco o nulla visto che per abbattere gli ostacoli alla concorrenza tra le banche, ridurre i prezzi dei servizi e, soprattutto, aumentare la mobilità della domanda, la politica ha dovuto nuovamente metterci lo zampino con un decreto.
Lo stop a qualsiasi tipo di spesa e di onere per la portabilità dei conti correnti (e del trasferimento di strumenti finanziari, degli ordini di pagamento e di tutti gli ulteriori servizi e strumenti associati al conto) è stato accolto favorevolmente dalle associazioni dei consumatori che da decenni hanno ingaggiato una lotta contro il sistema bancario per il caro conto corrente, causato – denunciano Adusbef e Federconsumatori – “dai continui balzelli aggiuntivi, spese e commissioni applicate per appesantire i salati costi di gestione. Tanto che dall’ultimo monitoraggio che le due associazioni hanno pubblicato a dicembre 2014, emerge che il costo medio di gestione di un conto corrente con “profilo a bassa operatività” (così come emerge dall’Indicatore sintetico di costo (Isc) che ogni banca è obbligata a indicare nel riassunto annuale dell’estratto conto) si attestava a 321 euro, contro una media europea di 114 euro.
Eppure, va ricordato, che il successo di questa norma che rende più efficace la portabilità dei conti non dipenderà solamente dalle banche, ma anche dagli stessi consumatori che, fino ad oggi, sono sempre stati refrattari a cambiare conto corrente. Basti pensare che – riporta il Sole 24 Ore – nell’ultimo anno soltanto l’8% dei correntisti ha scelto di tradire il proprio istituto nel nome del risparmio. Così, se gli italiani hanno imparato a cambiare gestore, muovendosi benissimo tra le varie offerte di telefonia mobile o delle utenze domestiche, quando si tratta di conti correnti non c’è ragione che si abbandona la propria banca per passare a un’altra più economica.
Chiaro il motivo che blocca il passaggio: l’impegno per l’utente che, per esempio, deve comunicare le nuove coordinate bancarie nel caso sul conto corrente ci sia l’addebito delle bollette, dello stipendio e delle rate del finanziamento. Tuttavia, i benefici economici nel cambiare il conto corrente, soprattutto ora che non ci sono più le spese di portabilità, sono evidenti: si potrebbero risparmiare anche fino a 150 euro all’anno.