Georges Ivanovitch Gurdjieff, filosofo e mistico armeno del XIX secolo, chiamò musica “oggettiva” quel particolare sistema di melodie e armonie che giungono a esercitare effetti determinati e determinanti nell’animo degli ascoltatori, come del resto già insegnavano, millenni prima, filosofi quali, tra gli altri, Severino Boezio e Giamblico, tutti riferendosi al potere che i pitagorici attribuivano all’arte dei suoni. Potremmo così affermare che Gurdjieff, inventore di quel sistema di auto-conoscenza noto ai più come Quarta Via, ebbe probabilmente, in era moderna, il merito di recuperare un tema, quello dei poteri occulti della musica su esseri umani o, addirittura, animali, già ampiamente battuto e dibattuto secoli addietro.
Citando testualmente il libro “Frammenti di un insegnamento sconosciuto”, nel quale l’autore, P.D.Ouspensky, riporta gli insegnamenti del filosofo armeno, leggiamo: “Tutta la musica oggettiva si basa sulle ottave interiori. Essa può dare risultati precisi, non solo d’ordine psicologico, ma d’ordine fisico. (…) La leggenda della distruzione delle mura di Gerico con la musica è proprio una leggenda di musica oggettiva. La musica ordinaria, di qualunque tipo, non farà mai crollare muri, ma la musica oggettiva invece lo può. E non soltanto può distruggere, ma può anche edificare”. Parole azzardate, direbbe qualcuno, eppure esistono miriadi di corrispondenze tra quanto affermato da Gurdjieff (e riportato da Ouspensky) e le dottrine di diversi altri illustri personaggi del passato, primo fra tutti Pitagora.
In “La vita pitagorica” di Giamblico infatti troviamo le seguenti parole: “(…) Pitagora fece del miglioramento del carattere e della vita degli uomini attraverso la musica un mezzo di grandissimo giovamento”. Sia Quintiliano che Boezio poi narrano episodi nei quali Pitagora, in prima persona o esortando i suoi suonatori, era riuscito a placare l’ira di singoli individui o di interi gruppi di persone per mezzo di melodie suonate al flauto. Grande dunque è il potere della musica o, come direbbero alcuni, di certa musica. Ma quali sono i musicisti che in era moderna, o giù di lì, avrebbero composto brani di cosiddetta musica oggettiva? Ebbene, stando alle affermazioni di diversi fra i seguaci della Quarta Via gurdjieffiana, fra tutti svetterebbero gli immancabili Wolfgang Amadeus Mozart e Johann Sebastian Bach. E cosa renderebbe dunque oggettive le musiche, le composizioni di due tra i più felici rappresentanti dell’arte musicale europea? Forse l’intramontabilità delle stesse? Chi può saperlo. Certo è che noi, dal canto nostro, possiamo solo limitarci a porre domande in attesa di possibili, suggestive sebbene a volte improbabili, risposte. Vero è che basterebbero le parole di uno dei massimi filosofi del XX secolo, Emil Cioran, che così raccontava Bach e la sua musica: “Quando voi ascoltate Bach, vedete nascere Dio. La sua opera è generatrice di divinità. Dopo un oratorio, una cantata o una Passione, è necessario che Egli esista”. Tanti sono i musicisti cimentatisi nel tentativo di comporre, o quantomeno eseguire, musica considerata oggettiva, ognuno seguendo una propria via interpretativa del pensiero gurdjieffiano.
Dal crimsoniano Robert Fripp al nostrano Franco Battiato, giungendo poi al jazzista Jarrett, il quale, di gurdjieffiana formazione (come del resto anche lo stesso Battiato), oltre ad aver registrato l’album “G.I.Gurdjieff: Sacred Hymns” (ECM, 1980), nel quale si cimenta con l’esecuzione di alcuni dei brani di musica oggettiva del repertorio gurdjieffiano, spiega in dettaglio il proprio rapporto con l’insegnamento del filosofo armeno nel libro-intervista “Il mio desiderio feroce”: “Questa serietà che circonda la musica è ciò che Gurdjieff ha spiegato. Serietà non come contrario di allegria, ma come profonda, razionale qualità che la forma musicale emana. Una reale forza di azione, di movimento”. Movimento vibratorio capace di agire secondo preciso calcolo matematico? Ogni domanda, in questo caso, è gravida della sua risposta.