Il sesto re dell'Arabia Saudita, per anni il più anziano sovrano regnante al mondo, è morto all’età di 91 anni dopo un lungo periodo costellato di malattie e ricoveri
Washington perde uno storico alleato nello scacchiere arabo. Abdullah bin Abdulaziz, sesto re dell’Arabia Saudita e per anni il più anziano sovrano regnante al mondo, è morto all’età di 91 anni dopo una lunga malattia. Per la successione è pronto il principe Salman bin Abdul Aziz, suo fratellastro che ha 80 anni. Per oltre tre decenni è stato uno degli uomini più influenti degli Stati del Golfo: alleato cruciale degli Stati Uniti, nel dopo 11 settembre dovette guidare quell’alleanza in una fase critica. Quindici dei 19 dirottatori erano sauditi e molti indicarono nell’ideologia di Al Qaeda le radici dell’interpretazione wahabita saudita dell’Islam. Il sovrano, che lascia le quattro mogli da cui avuto sette figli maschi e 15 femmine, è stato anche il primo re saudita a visitare il Papa durante lo storico incontro a Roma nel novembre 2007 con il pontefice Benedetto XVI.
Abdullah, il re ultraconservatore. Il suo regno è stato caratterizzato dallo scontro con le ambizioni regionali dell’Iran, sciita. Uno scontro che si è spostato in vari paesi e da ultimo ha avuto il suo culmine nel conflitto siriano. Fu anche duro nella repressione del dissenso nel momento del sorgere delle primavere arabe, spezzando sul nascere le dimostrazioni da parte della minoranza sciita. Re Abdullah passerà alla storia come il sovrano che in patria ha promosso i valori ultraconservatori dell’Islam, ma che all’estero ha lanciato numerose iniziative per il dialogo inter-religioso. Nell’ultima fase aveva anche cercato di aprire qualche opportunità per le donne, costrette da un’interpretazione molto rigida dell’Islam. Nel 2009 nominò una donna viceministro e cercò di ampliare le loro possibilità di istruzione.
Figlio – assieme a 36 fratellastri – del fondatore dell’Arabia Saudita Abdul Aziz bin Saud, Abdullah ricevette la tradizionale educazione islamica dopo aver passato su ordine del padre un lungo periodo della sua infanzia con le tribù beduine nomadi perché diventasse “forte fisicamente e mentalmente”. Abdullah era re dal 3 agosto 2005, quando era salito sul trono dopo la morte di Fahd. Già dieci anni prima, nel 1995, aveva di fatto assunto la carica di reggente dopo che lo stesso Fahd era stato dichiarato temporaneamente invalido.
L’alleato critico degli Usa. Senza mai tradire l’alleanza con gli Stati Uniti, in più di un’occasione re Abdullah ha però preso le distanze da Washington. Nel 1998 respinse la richiesta americana di usare le basi militari saudite per lanciare i raid contro l’Iraq. Mentre nel 2002 lanciò al vertice arabo di Beirut l’iniziativa di pace saudita per il Medio Oriente, che si distanziava in parte dalle posizioni Usa e prevedeva il riconoscimento arabo dello Stato ebraico in cambio della creazione di uno Stato palestinese formato dalla Striscia di Gaza e dalla Cisgiordania con Gerusalemme est capitale.
L’erede Salman, il re che vuole combattere l’Isis. A salire sul trono saudita sarà il fratellastro 80enne, anche lui figlio del fondatore del regno, Salman Abdul Aziz al Saud. Il nuovo re ha una lunga esperienza politica e di rapporti con le varie tribù del Paese e questo gli permetterà di continuare a governare con l’appoggio di buona parte della popolazione. La sua esperienza e i suoi contatti risalgono agli anni ’60, quando era governatore di Riyad e ha contribuito allo sviluppo della capitale saudita, che, qualche anno dopo, è diventata una delle città più moderne del Medio Oriente. Le sue buone capacità diplomatiche, però, vengono spesso messe da parte in favore di un comportamento più duro: uno degli utlimi esempi risale al 2011, quando ordinò la deportazione dei mendicanti stranieri di Riyad e costringendo quelli di nazionalità saudita a seguire un corso di riabilitazione. Un atteggiamento che rappresenta una continuità con il precedente monarca, dato che l’Arabia Saudita è stata spesso al centro di denunce da parte di associazioni per la salvaguardia dei diritti umani, soprattutto per le condizioni di vita dei lavoratori stranieri, e i diritti delle donne.
La sua salita al trono può dare ulteriore slancio, però, all’impegno del Paese nella lotta allo Stato Islamico. Come ministro della Difesa, ruolo che ricopriva dal 2011, è stato uno dei promotori della coalizione contro i miliziani di Abu Bakr al-Baghdadi, impiegando anche aerei militari per i bombardamenti in Siria. Quello di Salman si appresta, quindi, ad essere un regno che rappresenterà la continuità rispetto ai suoi predecessori.
Lutto nel mondo arabo. Condoglianze anche dal nemico Iran. Uno dei primi a inviare alla famiglia reale il proprio messaggio di cordoglio è stato il presidente degli Stati Uniti, Barack Obama: “Ha dato un contributo durevole alla ricerca della pace nella regione araba”, ha dichiarato l’inquilino della Casa Bianca. “La sua vita abbraccia un arco di tempo che va da prima della nascita dell’Arabia Saudita moderna fino al suo emergere come forza fondamentale all’interno dell’economia mondiale e leader tra i Paesi arabi e islamici”. Tutto il mondo arabo è rimasto colpito dall’annuncio della morte, con la Giordania che ha dichiarato 40 giorni di lutto e il re Abdullah II che ha lasciato Davos per partecipare ai funerali. Stessa scelta anche da parte del presidente palestinese, Abu Mazen, del presidente algerino, Abdelaziz Bouteflika, e del presidente egiziano, Abdel Fattah al-Sisi, che hanno dichiarato 3 giorni di lutto nei rispettivi Paesi. Quest’ultimo ha voluto mandare un messaggio alla famiglia: “Il popolo egiziano non dimenticherà le storiche prese di posizione di re Abdullah”, si legge in un comunicato della presidenza.
A fare le proprie condoglianze sono stati anche i nemici storici della monarchia saudita, uno su tutti l’Iran. La portavoce degli Esteri iraniani “ha presentato al regno saudita le condoglianze del governo e del popolo iraniani” e il minsitro degli Esteri, Mohammad Javad Zarif, volerà a Riyad per i funerali. Anche il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, che si è scontrato duramente contro la scelta dell’Arabia Saudita di favorire la presa del potere in Egitto di al-Sisi, definendola un “golpe“, ha deciso di rimandare i propri appuntamenti per presenziare alla cerimonia funebre.