Inverno 1952. La polizia di Manchester entra nella casa di Alan Turing, un matematico che ha subito un furto che si concluderà con l’arresto dello stesso con l’accusa di atti osceni.
Ma la polizia non sapeva chi fosse Alan Turing, un eroe della seconda guerra mondiale, nonché padre dell’informatica e tra gli antesignani del computer, perché Winston Churchill prima di morire aveva secretato per 50 anni tutto ciò che era in relazione a quel che lui stesso aveva ordinato di fare al MI6 – lo spietato ed efficientissimo servizio di sua Maestà britannica – per decrittare l’indecrittabile codice Enigma, nonché il funzionamento della macchina utilizzata dal governo hitleriano per inviare i suoi dispacci di guerra che stavano mettendo in ginocchio la Gran Bretagna.
Si trattò quindi di organizzare un pool di specialisti che l’MI6 pescò tra enigmisti, campioni di scacchi e crittoanalisti come Alan Turing. E l’operazione ebbe successo grazie a un solo individuo e al piccolo gruppo che lo sostenne nonostante l’ostentata asocialità del suo leader, cioè di Turing “obbligato a nascondere la propria diversità al mondo – come verga Paola Casella – e in particolare a quella società inglese che sforna eccentrici e poi li confina ai margini del proprio rigido e ottuso conformismo”.
Come dire che lo sbarco degli alleati anglo-americani non avrebbe avuto successo, o lo avrebbe avuto con un ritardo minimo di due anni, senza l’intervento di Alan Turing – omosessuale poi reo & confesso – nonostante il gioco di sotterfugi e contraffazioni che non riguardava soltanto il codice nazista, ma anche la stessa attività del gruppo riunito per decifrarlo – in prevalenza costituito da donne anche se nel film ce n’è solo una – e costretto obtorto collo a operare sotto copertura dopo aver giurato la massima segretezza.
Imitation game è un film in cui la fiction coincide con la realtà tanto è vero che entrambi si concludono con l’arresto di Turing accusato di “atti osceni”, preludio della condanna che obbligò lo scienziato a seguire una terapia ormonale, vera & propria castrazione chimica, che lo indurrà a suicidarsi nel 1954. Mentre la grazia reale di Sua Maestà gli venne concessa solo nel 2013, vista & considerata la secretazione di Churchill di tutta questa incredibile ma tristissima vicenda che la regia di Morten Tyldum e la sceneggiatura di Graham More hanno resuscitato grazie alla biografia scritta da Andrew Hodges Alan Turing: The Enigma, ripubblicato thanks god, dopo l’uscita del film dandoci così l’opportunità di conoscere una storia altrimenti perduta per sempre.
Che è poi la solita storia del genio solitario e solipsista incompreso poiché diverso ma comunque usato & mazziato che si ripropone sempre identica a se stessa. Nulla di nuovo sotto l’umano (leggi antropologico) cielo. Come dire che nonostante tutti o quasi tendano a un qualche primato, quando poi l’Uno lo raggiunge, magari a beneficio della comunità, viene in cambio emarginato, combattuto, fottuto, finito & via discorrendo. Perché come dicevano le nostre nonne, l’invidia è un demone che non si sconfigge mai.