Se fossi un giovane senza lavoro voterei Magalli e lo voterei pure se il lavoro lo avessi perso a cinquant’anni. Se fossi un esodato voterei Magalli e sulla scheda aggiungerei qualche insulto a chi mi ha ridotto così. Se avessi votato Renzi alle primarie per risollevare l’Italia, ora voterei Magalli. E lo voterei due volte pensando al patto del Nazareno. Ma anche se avessi votato Cuperlo voterei Magalli osservando la sinistra Pd così divisa e smarrita. Se avessi votato Grillo voterei Magalli in attesa che dal pianeta Urano ritorni tra noi con l’intero M5S per scompaginare finalmente l’inciucio Renzusconi. E voterei Magalli tutta la vita se appartenessi a quel 50 per cento di elettori che se incrocia un politico si barrica in casa e nasconde l’argenteria.
La candidatura di Giancarlo Magalli al Quirinale, che spopola sul sito de il Fatto Quotidiano, è un gioco ma non è un gioco. Lui è un bravo e popolare presentatore televisivo e fa bene a divertirsi finché dura. Poi, però, dice: “I politici devono capire che questa valanga di voti non sono per mettere me, ma per togliere loro” e coglie il lato serio della faccenda. C’è un altro aspetto: voler trasformare la democrazia in un reality e le leadership in una forma d’intrattenimento collettivo può essere vincente, ma non sai mai chi viene dopo.
Prendiamo i due Mattei. Il primo parte dalla Ruota della fortuna di Mike Bongiorno e arriva a Palazzo Chigi. L’altro si fa le ossa apostrofando negri e terroni dalle frequenze di Radio Padania per diventare Marine Le Pen. Se la selezione politica funziona in base al moltiplicatore infinito del web, basta aspettare e ci sarà spazio per i venditori di pacchi in tv e per Braccobaldo Bau!.
Non certo per Prodi, Rodotà o Zagrebelsky. Perciò io voto Magalli.
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il Fatto Quotidiano, 24 Gennaio 2015