Domanda (non razzista, meglio precisarlo): perché davanti al Colosseo, senza distinzione di giorno e ora, ci sono gruppi di ragazzi perlopiù pachistani e bengalesi che monopolizzano il mercato dei gadget, che litigano tra di loro per il possesso del territorio e accerchiano i visitatori pur di vendergli qualcosa?
Non tornavo al Colosseo da due anni. Nel frattempo è scoppiata la moda dei selfie, prima quelli scattati tenendo semplicemente il telefono in mano, poi quelli panoramici fatti con le aste: perfetti se ti trovi sotto il Colosseo, che secondo l’analisi di 6,3 milioni di post su Twitter, Facebook e Instagram fatta da Suggestme.com è lo sfondo preferito dai turisti di tutto il mondo per un autoscatto.
Così, invece degli inossidabili centurioni – era sabato mattina e di fronte all’ingresso principale ce n’erano due di numero, ma magari mi sono trovato in un momento di cambio della guardia o di pausa porchetta – ho contato 38 persone che vendevano aste e annessi telecomandi. Dieci euro, che possono diventare anche sei-sette se chiedi di scendere con il prezzo.
È lavoro. Questi ragazzi stanno in giro tutto il giorno, sotto il sole e la pioggia. Alcuni avranno anche moglie e figli da mantenere, quindi respect. Gli unici a non essere rispettati e tutelati però sono i turisti, soprattutto quelli stranieri, che vengono accerchiati da gruppi di venditori che si muovono in blocco, a mo’ di falange. Una posizione consolidata, che in un’occasione è stata utilizzata con fare minaccioso contro due agenti della Municipale. Allora mi chiedo:
1. Perché nelle altre capitali europee, da Vienna a Praga, passando per Londra e Parigi, davanti ai monumenti più visitati questo non succede, quantomeno non nelle stesse proporzioni?
2. Perché non si vedono vigili (o se ne vedono pochissimi) che intervengono quando ci scappa la baruffa per spartirsi il territorio o quando i turisti vengono infastiditi o raggirati?
3. E poi: visto che quello delle aste per i selfie è diventato un business redditizio, come mai a fare questo lavoro non ci sono anche ragazzi di altre nazionalità davanti al Colosseo, in Piazza Navona, al Pantheon, in San Giovanni e in Piazza Venezia? Perché questo monopolio?
Ho fatto le mie domande a due guide che ciondolavano lì davanti in cerca di clienti. Come risposta ho sentito lo stesso ritornello che a Roma ormai conoscono pure i sanpietrini: “Se vai dai vigili e gli fai notare che si stanno azzuffando o che stanno dando fastidio ai turisti, quelli ti dicono che non possono fare nulla”. E poi l’altro refrain: “A Roma funziona così. Male che gli va gli fanno una multa che non pagheranno mai. ‘Sti qua poi sono tutti controllati, il mercato dei gadget ce l’hanno loro. Se provi tu a vendere qualcosa non duri mezza giornata”.
Le guide turistiche, quantomeno quelle regolari, a Roma hanno già i loro problemi da risolvere. Perché soprattutto sotto il Colosseo non mancano mai gli abusivi, che pascolano avanti e indietro in cerca di qualcuno a cui appioppare visite della zona archeologica a cifre che vanno dai 30 ai 50 euro, quando i biglietti ufficiali per il tour combinato di Colosseo, Foro e Palatino costano 12 euro, 7,50 scontati per chi ha meno di 25 anni.
Secondo Federagit, l’associazione di categoria delle guide e degli accompagnatori turistici, oltre il 50% dei tour nei luoghi più belli di Roma, Colosseo in testa, è abusivo, con un danno di cinque milioni di euro per il settore. La Federagit ha scattato pure un’istantanea di quello che succede sotto gli archi dell’Anfiteatro Flavio. “Da una parte ci sono gli ‘adescatori’ che racimolano i clienti affidandoli, poi, a delle guide con tanto di cappellini e libretti illustrativi che portano in giro i turisti non avendo la professionalità per farlo”.
Guide e venditori abusivi continuano a minare la base dell’accoglienza sotto uno dei monumenti più visitati di Roma. Se un turista viene truffato o infastidito se lo segna al dito. Poi basta una recensione su Tripadvisor per farlo sapere a mezzo mondo.
In questi giorni il Colosseo è sotto restauro. I lavori stanno riportando alla luce tracce di colore rosso, quello con cui sulle arcate erano dipinti i numeri che indicavano gli ingressi nei diversi settori dell’arena. E se, oltre a curare gli interni, cominciassimo a preoccuparci un po’ anche di quello che succede fuori, in strada?