I separatisti avevano annunciato un'offensiva su larga scala sulla città portuale. Mogherini: "Attacco che potrebbe inevitabilmente portare ad un ulteriore deterioramento delle relazioni Ue-Russia"
Lancio di missili Grad sul mercato. E in Ucraina è strage. Decine di morti e quasi cento feriti nell’ultimo attacco sferrato su Mariupol, dove almeno 30 persone – di cui due bambini – hanno perso la vita. I separatisti filorussi hanno confermato ufficialmente di aver lanciato un’offensiva su larga scala sulla città portuale, come ha dichiarato all’agenzia Interfax il leader dei ribelli, Alexander Zakharchenko, ma non hanno chiarito se sia o meno loro la responsabilità della strage.
Kiev, però, si scaglia contro Mosca “che continua a sostenere le azioni terroristiche nel Donbass”. La Russia, secondo quanto si legge in una nota del ministero degli Esteri ucraino -,”è pienamente responsabile per le vittime innocenti di Volnovakha, Debaltseve, Donetsk, Mariupol e di molte altre città e villaggi”. E il presidente ucraino Petro Poroshenko ha anticipato il ritorno dall’Arabia Saudita (dove si trovava per i funerali di re Abdullah) per poter partecipare il 25 gennaio a una riunione straordinaria del Consiglio di sicurezza.
Quella di Mariupol è una strage che ha “terrorizzato la popolazione innocente” e che “potrebbe inevitabilmente portare ad un ulteriore deterioramento delle relazioni Ue-Russia” secondo l’alto rappresentante della politica estera Ue Federica Mogherini. L’ex ministro degli Esteri italiano quindi chiede “apertamente alla Russia di usare la sua influenza considerevole sui leader separatisti per fermare ogni forma di sostegno militare, politico e finanziario. Questo – ha detto in una nota – eviterebbe conseguenze disastrose per tutti, i responsabili dell’escalation devono fermare la loro azione ostile e dare seguito ai loro impegni”.
Tregua ancora lontana – Secondo alcuni analisti, i ribelli – che hanno da poco conquistato l’aeroporto di Donetsk – avrebbero scatenato i nuovi attacchi per poter contrattare un nuovo cessate il fuoco da una posizione di vantaggio, controllando un territorio più vasto in vista della demarcazione dei “confini”. Mentre il Cremlino avrebbe interesse a continuare a destabilizzare politicamente ed economicamente un’Ucraina in cui l’anno scorso è salito al potere un governo filo-occidentale che punta addirittura all’ingresso nella Nato.
Per ora Zakharcenko dichiara di non voler cercare un compromesso con Kiev per una tregua. Ma in realtà la porta della diplomazia resta solo socchiusa. Lo stesso Zakharcenko ha sottolineato il 23 gennaio di essere pronto a parlare con il presidente ucraino Petro Poroshenko. Ma “solo con lui”.
Un accordo di pace appare comunque al momento drammaticamente lontano: saltato il vertice in “formato Normandia” tra Putin, Hollande, Poroshenko e Merkel previsto il 15 gennaio ad Astana, mercoledì i ministri degli Esteri dei quattro Paesi si sono incontrati a Berlino e hanno lanciato un appello per il ritiro delle armi pesanti dalla linea di fuoco.
Ma le ultime stragi di Mariupol e Donetsk rendono chiaro che l’”accordo” è rimasto lettera morta. Mosca da parte sua potrebbe avere interesse a far proseguire i combattimenti, non per annettersi il Donbass come ha già fatto con la Crimea, ma per destabilizzare l’Ucraina, la cui economia – da tempo in recessione – è messa in ginocchio dal conflitto nel sud-est ed è sempre più dipendente dai miliardi degli alleati occidentali e del Fmi. La Russia – pur in crisi economica – punta inoltre a un’Ucraina federale, dove il sud-est russofono e in buona parte avverso al governo di Kiev, le permetterebbe di condizionare la politica interna dell’Ucraina. E scongiurare il suo ingresso nella Nato.