Domenico Maria Gigliotti freddato sotto casa. Il suo corpo dato alle fiamme nell'auto. Quasi certa la pista 'ndranghetista. L'uomo - soprannominato "Capellone" - più volte citato nelle testimonianze dei collaboratori di giustizia per i rapporti con le famiglie delle 'ndrine
È stato ucciso sotto casa e bruciato mentre si trovava all’interno della sua auto. È avvenuto a Lamezia Terme dove stanotte è stato ammazzato l’imprenditore edile Domenico Maria Gigliotti, di 40 anni. Intorno alle 4 del mattino i killer lo hanno aspettato nei pressi della sua abitazione e gli hanno sparato mentre era ancora a bordo della sua Bmw e poi hanno incendiato l’auto con il corpo di Gigliotti. Sul luogo dell’omicidio sono intervenuti i carabinieri della compagnia di Lamezia Terme e gli agenti della squadra mobile di Catanzaro. Raccapricciante la scena del delitto. Le fiamme appiccate dai sicari, infatti, hanno reso quasi irriconoscibile l’auto e l’uomo. Sulla portiera della vettura sono evidenti i colpi di arma da fuoco sparati da uno o più persone che, dopo avere portato a termine l’omicidio, si sono dileguati.
A dare l’allarme è stata la moglie di Gigliotti, Rosa Curcio che, dopo avere avvertito i colpi, si è affacciata da una finestra e ha assistito all’incendio dell’auto. Sul caso sta indagando il sostituto procuratore di Lamezia Terme Santo Melidona ma non è escluso che l’inchiesta sia trasmessa alla Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. Le modalità dell’agguato lasciano pochi dubbi sul contesto ‘ndranghetista in cui è maturato. Domenico Maria Gigliotti gestiva un’impresa di costruzioni, la ‘Giesse’, e in passato aveva subito alcune perquisizioni da parte delle forze dell’ordine. La moglie Rosa Curcio, invece, è titolare della ‘Easy Flyght’, un’agenzia di viaggi coinvolta nei mesi scorsi in un’indagine della guardia di finanza che aveva portato al sequestro preventivo della società per presunta vendita di crociere e viaggi definiti “fantasma”. Attraverso il suo legale, la donna si è sempre difesa sostenendo di “non aver posto in essere alcuna truffa, ma di essere stata essa stessa vittima di una condotta contrattuale scorretta posta in essere da alcuni fornitori di servizi turistici”.
Anche se al momento non è esclusa nessuna pista, gli inquirenti in queste ore stanno interrogando numerosi soggetti legati alla ‘ndrangheta di Lamezia Terme che, a queste latitudini, è sinonimo delle famiglie Giampà e Torcasio. Il nome di Domenico Maria Gigliotti, conosciuto negli ambienti malavitosi con il soprannome di “Capellone”, infatti, è emerso nei verbali di alcuni collaboratori di giustizia come Angelo Torcasio e Cosentino Battista che lo indicano come un soggetto che aveva rapporti con i Giampà.
Proprio Cosentino Battista, nel 2011, ha spiegato che Gigliotti detto il “Capellone” era “titolare di un’impresa che doveva proseguire insieme a noi i lavori che avevamo a Nocera Terinese; so che per un certo periodo ha acquistato sostanze stupefacenti da Giampà Enzo per poi rivenderle ma poi è entrato in contrasto con lo stesso Giampà Enzo perché in realtà in parte ne consumava lui ed anche perché era ritardatario nei pagamenti; in conseguenza di ciò so che il predetto ‘Capellone’ si è rivolto ad un tale Bottone Luigi di Scalea o Cirella per acquistare sostanze stupefacenti del tipo cocaina anche per rivenderle ma anche in questo caso non procedeva poi ai pagamenti dovuti”.
Dichiarazioni che si intrecciano con quelle del pentito Angelo Torcasio il quale, ai pm di Catanzaro, ha affermato di conoscere Gigliotti: “È intimo amico di Saverio Cappello, ma è stato soggetto da usura da Saverio Cappello e in più acquistava cocaina da Saverio Cappello, … perché lui fa uso”.
E sui rapporti tra Gigliotti e la cosca Giampà? “So che favoriva sempre a Saverio, – continua il collaboratore Torcasio – che lui (Gigliotti, ndr) all’epoca lavorava da Vitale, prendeva…poi è stato licenziato, mandato via perché prendeva del materiale. Gigliotti lo rubava e lo rivendeva a metà prezzo a parecchi delle cosche”.
L’omicidio di Domenico Maria Gigliotti potrebbe essere l’ennesima dimostrazione dei cambiamenti negli ambienti criminali di Lamezia Terme. Con la cosca Torcasio decimata dalla faida con i Giampà e con questi ultimi stroncati dalle recenti inchieste della Direzione distrettuale antimafia di Catanzaro. E tra bombe negli esercizi commerciali, messaggi mafiosi e omicidi come quello di stanotte, è facile ritenere che le nuove leve della ‘ndrangheta vogliano imporre “nuove” regole alla città.