In televisione (Ballarò, 20 gennaio), vedi un curioso faccia a faccia fra il ministro Lupi, che c’è sempre, parla sempre e sa tutto, e una giovane ragazza madre, con due bambini e uno in arrivo, che sta fronteggiando uno sfratto esecutivo. Quando toccava al ministro di parlare (lui ha sequenze lunghe, senza punteggiatura, come nel romanzo di Balestrini Vogliamo tutto) veniva elencata, con velocità e precisione, una catena di miracoli, case, casette, grattacieli, quartieri, nuove città. Quando toccava a lei, che aveva già tolto il materasso dalla branda e lo teneva con fatica un po’ sollevato, la ragazza ripeteva, con una sua disperazione pacata: “Sì, ma io intanto dove vado a vivere?”.
La casa è un problema tragico in Italia. Pendono sulla vita e il destino di tante famiglie 150 mila sfratti subito. C’è un governo moderno, in Italia, che crede nelle soluzioni dei problemi, non nell’assistenzialismo pietoso. E dunque quei 150 mila sfratti saranno eseguiti tutti e subito, anche per incentivare la costruzione di nuove case e remunerare secondo giustizia i proprietari. E c’è un governo riformista in Italia, che le cose le fa subito. Per farle, le annuncia. Ed ecco che entra in scena il ministro Lupi e racconta.
Non si può accusarlo di mania dell’annuncio, il ministro deve pur dire che cosa intende fare, tanto più che parla veloce come gli annunci dei pericolosi effetti collaterali delle medicine. Il problema è il non fare. Ma attenzione, non si tratta di malafede. Si tratta della naturale differenza fra il tempo di parlare e il tempo di agire. L’unico punto di malafede è passare all’incasso dopo il dire invece che dopo il fare. Tu dici che in questo modo, dopo due o tre scherzi del genere, paghi in perdita di fiducia e di voti. E poiché nessuno sembra avere questo timore, e anzi annuncia a vuoto successi mai visti, a questo punto diventa chiaro che il problema della casa è allo stesso tempo la rappresentazione più chiara e drammatica di ciò che è urgente, umano, indispensabile alla vita delle persone, e non si fa (benché valanghe di soldi si rovescino su Alta Velocità, armi inutili e autostrade spacca-ambiente).
Ma è anche efficace metafora di ciò che sta succedendo ai cittadini in politica: sono senza casa. Il giovane e deciso Matteo Renzi ha realizzato, con procedura d’urgenza, lo sfratto esecutivo di quanti, dislocati o orientati nel Pd, credevano di abitare a sinistra. Via, fuori, non interessano, sono i veri anziani anche se hanno 18 anni. Il passato (dal New Deal a Obama) non ha più senso. Il futuro sono Reagan e la Thatcher. E in questo mondo rovesciato, tipo Alice nel Paese delle Meraviglie, il cappellaio matto sfila con la Merkel a Firenze, intento a paragonarsi a Michelangelo, senza raccogliere la minima ironia da chi, giustamente, protegge il proprio lavoro di giornalista sempre in pericolo.
Anche perché, in circostanze internazionali, Renzi parla una lingua globalizzata causa di un buon umore utile all’esito degli incontri, e mette in chiaro due cose. Primo: qui non c’è trippa per gatti di sinistra. I Fassina e Cuperlo saranno anche molto gentili nel chiedere, i Bersani si adeguano “per disciplina” prima ancora di sapere a che cosa, ma nessuno si aspetta che abbiano qualcosa da dire o possano farlo. Secondo: Renzi e Verdini, entrambi disturbati da una massa frantumata e indisciplinata di persone che pretenderebbero di mettere becco, sono sicuri che un partito finisce lì, al loro livello.
Gli altri, che siano dentro il Parlamento, dentro il partito, o legati ancora alla vecchia abitudine di dire “noi”, si tolgano dalla testa di avere opinioni o consigli da dare o di menarla con la loro pretesa di partecipare alle decisioni. Come tanti proprietari, Renzi e Verdini preferiscono la casa vuota (ce ne sono decine di migliaia in Italia e, come vedete, la metafora della casa rimbalza continuamente sulla realtà) perché in tal modo non si deve minacciare o mandar via nessuno, e non c’è pericolo che qualcuno si metta in testa di contare qualcosa per il solo fatto di avere una tessera (scoraggiata) o di essere titolari di un voto.
La nuova definizione di partito è la zona di comando, non i cittadini, simpatizzanti o no. Il tramite, usato con una decisa sfrontatezza degna di Berlusconi, è un’informazione in cui la politica parla solo di se stessa e quasi solo del suo leader, che a volte torna e ritorna con la stessa frase nello stesso telegiornale, o viene tradotto in italiano da voce sovrapposta, mentre sta parlando in una lingua nuova e coraggiosa della quale anche i traduttori professionali più esperti hanno poche notizie.
Dunque il sogno del partito leggero e della casa vuota si sono realizzati. Non dimenticate che molti luminari della politica a sinistra hanno teorizzato molto presto che tocca ai professionisti decidere e agli altri seguire, qualunque fosse il loro grado di competenza. Gradatamente coloro che avrebbero potuto interferire con la decisione dei soli esperti, i professionisti della politica, sono andati via. Renzi è un ardimentoso. Però ha trovato un partito non ancora liquido ma molto molle, non ancora “ larghe intese” (e poi “partito unico della Nazione”) ma già molto incline a una strana vita condivisa con chi rigetta la Costituzione. È stato facile liquidare o spingere al muro chi era già così vicino a cedere, in base a non si sa quale pacificazione, che non esiste in politica, perché si chiama rinuncia di ideali e princìpi e, nel nostro caso, dell’Intera Costituzione. È come se Obama avesse accettato di non proteggere il diritto delle donne all’aborto, nella sua nuova legge sulla salute, pur di votare insieme ai repubblicani. Adesso la casa è vuota e gli italiani sono senza casa. Quando vivono e quando votano.
Il Fatto Quotidiano, 25 gennaio 2015