Atti sessuali nel buio delle celle, approcci equivoci dei monaci nei confronti di ospiti bisognosi e postulanti, giovani che decidono di intraprendere la vita monastica. Succede nell’abbazia di Chiaravalle, alle porte di Milano, luogo sacro della cristianità ambrosiana e italiana. Ci sono le testimonianze dirette delle vittime, ci sono le registrazioni audio e video degli incontri hard all’interno del monastero, c’è, infine, un’inchiesta per violenza sessuale della procura di Milano che però va verso l’archiviazione. Il motivo? Alcune vittime non hanno voluto sporgere denuncia e il fatto che i rapporti siano stati consumati fra adulti, senza peraltro manifestare “esplicito dissenso”, rendono l’ipotesi investigativa difficilmente sostenibile. “Più che violenza è un abuso di autorità – spiega Katia Kolakowska, legale di due vittime che hanno deciso di provare a ottenere giustizia – perché i monaci chiedevano favori sessuali a delle persone indigenti in cambio di un pasto caldo o pochi euro”. Fatto sta, al netto dei rilievi penali, che nel segreto di quelle sacre mura venivano consumati atti sessuali sui quali pesa l’ombra del ricatto. Difficile non pensare al recente richiamo di Papa Francesco sulla “gravissima la malattia della doppia vita” che infetta la Curia. C’è anche l’ammissione di uno dei due religiosi indagati che però ha specificato come il suo partner fosse consenziente. Il religioso, insieme ad altri frati al centro dello scandalo, fu mandato a Chiaravalle nel 2011 quando l’ex Pontefice Benedetto XVI decise di chiudere l’abbazia di Santa Croce di Gerusalemme a Roma perché al suo interno si conduceva una vita contraria ai precetti monastici. “Quando il monaco mi portava il cibo non perdeva occasione di toccarmi”, ricorda Giorgio, ex postulante dell’abbazia meneghina, autore della denuncia nel settembre 2013. Gli fa eco Enzo, ex novizio, che in seguito alle “toccatine” ha deciso di lasciare il convento senza però voler rivolgersi alla giustizia: “Quando la sera mi ritiravo, i monaci venivano in camera mia a toccarmi e darmi fastidio”. Su tutto pesa l’ombra dell’omertà e di una comunità interessata più a tutelare se stessa che a punire comportamenti contrari alla religione cattolica. “Abbiamo scritto al Vaticano, ai giornali religiosi e alla Curia milanese – ricorda Salvatore che insieme a Giorgio ha deciso di rivolgersi all’avvocato Kolakowska – Per questo abbiamo voluto registrare quei video. Abbiamo documentato tutto perché è difficile fare capire certe cose alla gente ” di Galeazzi, Mackinson e Madron
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