E per di più su un argomento tanto basso e strumentale quanto inutile, le ferie dei magistrati, ma che solletica l’insoddisfazione trasversale verso “l’odiosa casta giudiziaria” contro cui il “povero” B. si è speso fino all’esaurimento delle forze, senza ottenere l’apparente consenso del suo successore.
Non importa che da tutta la magistratura, di tutte le correnti, da quella associata come dai “cani sciolti” e persino dai “moderati” prestati alla politica come l’ex pm ora deputato Stefano D’Ambruoso, già prototipo dell’anti-toga-rossa, venga ribadito che “le ferie non c’entrano e sono ben altri i mali della giustizia”.
Anzi, la compattezza della categoria, che pure ha dimostrato di dividersi oggi come in passato su temi caldi, dalla cosiddetta “sovraesposizione” dei Pm all’ audizione del Presidente della Repubblica sulla trattativa, viene ovviamente additata da Renzi & co. come prova ulteriore della difesa di interessi di bottega.
L’abilità, se può definirsi tale, del presidente del Consiglio, che ha ostentato di ‘fregarsene’ della magistratura da subito rivendicando la schiera di indagati ed imputati nella compagine governativa, nel focalizzare la polemica con la magistratura sulla questione ferie fa il paio con la propaganda sulla lotta epocale alla corruzione.
Alle critiche rivolte al governo dalle sedi delle corti di Appello di tutt’Italia, con i dati e le cifre alla mano, su temi concreti ed incontestabili come la falcidia della prescrizione che negli ultimi anni ha raggiunto vette spaventevoli (un milione e mezzo di processi nell’ultimo decennio) o la pervasività della corruzione e l’evoluzione della ‘mafiosità’ su cui ha dovuto insistere il procuratore generale a Roma, il nostro presidente del Consiglio ha risposto con l’irrisione.
A chi ha osservato, come il procuratore generale Maddalena che intervenire sulle ferie “con un decreto di quel tipo, ammissibile solo in casi di necessità e urgenza significa additare un’intera categoria come responsabile del cattivo funzionamento della giustizia” Renzi ha obiettato che “l’ Italia è la patria del diritto prima che delle ferie” e ha aggiunto che “o i magistrati hanno un loro disegno o sono scollegati da chi lavora”.
Non ha nessuna importanza che tutti gli studi internazionali smentiscano in modo netto che la colpa dello stallo della giustizia italiana sia della magistratura “inetta” e nemmeno che la produttività in molte corti di Appello come a Torino sia aumentata: 5735 provvedimenti esauriti nel 2014 contro i 4490 del 2013.
Naturalmente la materia del contendere è ben altra e l’allarme che circola dalle parti del governo deve essere abbastanza consistente se riprende quota un desiderio irrealizzato del “povero” B. già dagli anni in cui dalla corte di Appello di Milano l’allora procuratore generale Francesco Saverio Borrelli aveva pronunciato, tra molto altro, l’invito a: Resistere, resistere, resistere.
Se n’è fatto portatore il vice-ministro della giustizia, quell’Enrico Costa, già fautore della proposta di ridurre drasticamente la prescrizione, non riformandola drasticamente e cancellando in primis la vergogna dell’ex-Cirielli, come hanno chiesto da tutti gli uffici giudiziari d’Italia i magistrati “scansafatiche”, ma abrogando l’obbligatorietà dell’azione penale.
Ora davanti alle critiche ragionate e diffuse, a iniziare da quelle al decreto fiscale con clausola di non punibilità fino al 3% ritagliato per B. che si sono levate da Milano fino all’ allarme per la delegittimazione dei magistrati in continuità con “un certo periodo” espresso dal presidente della Corte di Appello di Bologna, il vice-ministro ha riproposto di abolire la vetusta ritualità dell’ apertura dell’anno giudiziario. Ma non solo; anche “altri numerosi incontri presso la Cassazione e le Corti di Appello”, occasione di bilanci sconsolanti tra le promesse roboanti millantate dal governo e mancati interventi o riforme peggiorative, sono in odore di eresia e di soppressione.
Il perché secondo il vice-ministro della Giustizia è molto semplice: non sarebbero altro che “stucchevoli sfilate in cui si ripetono in modo tedioso cifre e commenti più confacenti a sindacalisti che a vertici giudiziari”.
Quindi non si vede perché annoiare i cittadini con i soliti allarmismi, sempre tediosamente uguali su corruzione e mafie “perferiche” e “capitali” e perché mai imbottirli di dati veri e soprattutto di “numeri, riportati, pubblici a tutti tramite la rete“.
La funzione giurisdizionale, i magistrati, le inchieste, e tanto più “le riflessioni sulla criticità della giustizia sempre tediosamente uguali” dovrebbero smaterializzarsi e scomparire del tutto dal circuito dell’informazione e del servizio pubblico già monopolizzato dalla propaganda governativa.
Una dichiarazione d’intenti sulla giustizia che sintetizza perfettamente lo spirito e le finalità del partito del Nazareno.