Nei palazzi della politica calabrese non si parla d’altro se non della nomina dell’ex consigliere regionale del Pd Nino De Gaetano, il cui nome compare nell’inchiesta “Il Padrino” contro la cosca Tegano di Archi, una delle principali famiglie mafiose di Reggio Calabria. Se ne parla a Catanzaro, ma anche a Roma dove all’interno del Pd si registrano i primi mal di pancia sulle scelte di Mario Oliverio (nlla foto). Proprio quest’ultimo, infatti, dicono fonti qualificate al Fatto, ha ricevuto in queste ore un messaggio da parte del sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei ministri Graziano Delrio, con l’invito al presidente della Regione Calabria a fare un passo indietro giudicando poco opportuna la nomina ad assessore di De Gaetano.
Come emerge dalle carte del processo “Il Padrino”, nel 2012 il neo assessore ai Trasporti è stato citato dalla Squadra mobile di Reggio in un’inchiesta per voto di scambio con la ‘ndrangheta: i suoi bigliettini da visita sono stati rinvenuti nel covo del boss ex latitante Giovanni Tegano. La squadra mobile, inoltre, aveva chiesto alla Direzione distrettuale antimafia l’arresto del politico calababrese per il quale non è mai stato chiesto il rinvio a giudizio. Il procuratore della Repubblica Cafiero De Raho, nel dicembre scorso, ha affermato che sul punto sono ancora in corso accertamenti.
Al di là dell’aspetto giudiziario è un problema più politico visto che il governatore della Calabria Mario Oliverio, dopo due mesi dalle elezioni regionali, presenta una giunta formata da quattro assessori tutti indagati tranne l’ex ministro Maria Carmela Lanzetta. Se da una parte, infatti, Nino De Gaetano (cuperliano) non ha mai ricevuto il formale avviso di garanzia per l’inchiesta contro la cosca Tegano (nella quale comunque è coinvolto visto che quando è scoppiato il caso si è fatto interrogare con l’avvocato dal pm Giuseppe Lombardo), gli è stato notificato per l’indagine “Rimborsopoli” dove sono indagati anche il neo vicepresidente della Giunta Vincenzo Ciconte (renziano) e il neo assessore al Lavoro Carlo Guccione (dalemiano). Tutti e tre, ex consiglieri regionali, sono nel mirino della Guardia di finanza che sta indagando sui rimborsi percepiti dal Consiglio.
Se a questo poi aggiungiamo che a presidente del Consiglio regionale della Calabria è stato nominato Antonio Scalzo, rinviato a giudizio nell’inchiesta sull’Arpacal, si capiscono il motivo per cui i malumori all’interno del Pd aumentano. Soprattutto perché nessuno comprende quale sia la posizione dei vertici nazionali del partito di fronte alle scelte di Oliverio che parla di rinnovamento e affida il nuovo corso della Calabria a tre indagati e a un’ex ministro antimafia.
A parte il messaggio di Delrio che, al momento, non ha ricevuto le risposte sperate, nessuno parla. A partire da Rosy Bindi, presidente della Commissione parlamentare antimafia che, in barba ai codici etici del Pd, su De Gaetano preferisce non commentare e “attendere di leggere gli atti dell’inchiesta ‘Il Padrino’”.
A proposito di antimafia e malumori, non può passare inosservata la conferenza stampa indetta oggi dalla presidente dell’associazione “Riferimenti” Adriana Musella, vicinissima al presidente del Senato Piero Grasso. La Musella si è dimessa dal movimento antimafia per protesta nei confronti di una Regione sorda: “Non e’ una questione di sinistra o destra ma è una questione di sistema marcio che pervade la società politica a 360 gradi. Attualmente la regione è governata da forze massoniche trasversali. Chiedo ufficialmente alla Procura di Reggio Calabria un’indagine approfondita sul voto regionale. Ho votato Pd sperando in un cambiamento in cui ho creduto davvero. Oggi, però non posso esimermi dall’esternare tutta la mia delusione e come me sono in tanti”.