Ore 22:45 di ieri sera, lunedì 26 gennaio 2015. Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi twitta: “Trame, segreti, finti scoop, balle spaziali e retropensieri: basta una sera alla Tv e finalmente capisci la crisi dei talk show in Italia”. Frase che si presta a una serie di riflessioni:

Renzi voleva godersi l’Isola dei Famosi ma, visto che la diretta è stata sospesa per il maltempo alle 22 circa, ha cambiato canale ed è incappato in PiazzaPulita su La7 e in Quinta Colonna su Retequattro (“maledetta tempesta, invece di Fanny in bikini mi tocca la De Monticelli…”);

Per Renzi il talk politico è in crisi solo perché non c’è lui (lunedì scorso era ospite di Del Debbio e non c’erano “trame, segreti, finti scoop, balle spaziali e retropensieri”: il talk brillava di luce riflessa, anche se ha avuto oltre 200.000 spettatori in meno di ieri…).

Mentre Tsipras vince il Grecia e non si sa cosa succederà in Europa, mentre siamo senza capo dello Stato e la crisi economica continua a mordere l’Italia e gli italiani con una disoccupazione record, ciò che preoccupa il premier è la crisi dei talk show televisivi; a chi gli ha rinfacciato su Tw: “Ti sei dato all’opinionismo televisivo, Presidente?”, Renzi ha risposto: “E’ una cosa seria. Dobbiamo cambiare modo di raccontare l’Italia e la politica. Non siamo quella roba lì”.

Vero: tutto questo è maledettamente serio. E’ maledettamente serio – e grave – un Presidente del Consiglio che critica il modo in cui si fa informazione e dice che “dobbiamo cambiare” perché “non siamo quella roba lì”. Non sarà “l’uso criminoso della tv pubblica” di berlusconiana memoria, ma poco ci manca. E’ sufficiente che La7 e Mediaset non siano la Rai? Non è che sono solo cambiate le parole e il tono ma non la sostanza, rispetto all’editto bulgaro? Vi prego: risparmiatemi il sorrisetto e la manfrina del “Sì, va be’, sempre a lanciare allarmi, era solo una battuta”, perché le frasi di un premier devono essere prese sul serio come il suo potere, capace di condizionare sia direttamente che indirettamente l’informazione. Se lui dice che così non va bene, “dobbiamo cambiare”, può far cambiare davvero il “modo di raccontare l’Italia e la politica”, non prendiamoci in giro. E questo è molto preoccupante.

E pensare che Renzi ha goduto di un favore, una condiscendenza, un credito da parte della quasi totalità dell’informazione come mai nessuno prima di lui, neanche Berlusconi (pur essendo proprietario di stampa e tv). Come può lamentarsi? Se cala nei sondaggi e negli ascolti televisivi, forse la colpa è anche sua, del suo governo, delle promesse non mantenute, più che di Pagnoncelli e della crisi del talk, no? Mica vorrà che i giornalisti diventino tutti baricchiani come lui, o come il Tonino Guerra della pubblicità di Unieuro (quando era, non a caso, dell’amico Farinetti), e ripetano agli italiani “l’ottimismo è il profumo della vita”, no? Già ce ne sono tanti… I giornalisti dovrebbero raccontare la realtà, non continuare a suonare come l’orchestrina del Titanic. Dovrebbero.

Infine, a proposito di “musicanti del premier”: dove sono adesso i tanti commentatori che bollavano Grillo (che da stampa e tv ha avuto ben altro trattamento e non è Presidente del Consiglio) come “squadrista”, “fascista”, autore di “liste di proscrizione”, quando pubblicava sul blog il “giornalista del giorno”? Non gridano, in questo caso, all’attentato alla sacra libertà d’informazione?

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