Non era mai successo a Corleone, paesino nell’entroterra palermitano e regno di Totò Riina, Bernardo Provenzano e Leoluca Bagarella. Non era mai successo che una vittima di estorsione ammettesse ai carabinieri di essere perseguitato dalle cosche di Cosa Nostra che chiedevano il pizzo. E invece, per la prima volta, un commerciante ha raccontato le vessazioni subite ai militari. E’ quello che affiora dall’inchiesta antimafia di coordinata dall’aggiunto Leonardo Agueci e dai pm Sergio Demontis e Caterina Malagoli, che ha portato all’arresto di 4 presunti boss e gregari, indagati per il reato di estorsione, aggravato dal metodo mafioso. L’operazione ha coinvolto i paesi di Corleone, Villafrati e Belmonte Mezzagno.
La vittima di estorsioni è stata intercettata dai carabinieri mentre chiedeva uno sconto sul pizzo. Convocata in caserma ha negato, come spesso accade, ma ha raccontato anni di soprusi. Non proprio una denuncia, dunque. Ma un primo passo per far crollare il muro di omertà. “E’ un ottimo segnale – ha detto il comandante del gruppo Monreale Pierluigi Solazzo – i commercianti, già stritolati dalla crisi, non possono più sopportare anche la pressione mafiosa”.
L’inchiesta ha portato all’arresto di Antonino Lo Bosco, pensionato di 84 anni, Ciro Badami, Paolo Pietro Masaracchia e Francesco Paolo Scianni, 63 anni, ex cantoniere. E ha permesso di ricostruire l’intero assetto delle famiglie mafiose di Palazzo Adriano e Corleone e i rapporti del mandamento con quelli limitrofi, in particolare con la famiglia mafiosa di Villafrati. Nel corso delle indagini, sono stati ricostruiti 4 nuovi casi di estorsione, ai danni di imprenditori impegnati nel settore dell’edilizia e del commercio, sia nelle fasi dell’apertura che della gestione degli esercizi commerciali. Per la prima volta, sottolineano gli investigatori, è stata constatata la preziosa collaborazione delle vittime che hanno offerto il loro contributo, abbandonando l’atteggiamento di reticenza che finora ha caratterizzato gli imprenditori e i commercianti della zona.
Nell’inchiesta sono coinvolti tra l’altro un mafioso già arrestato con l’accusa di avere garantito al boss Bernardo Provenzano i proventi di estorsione e un fedelissimo del capomafia Antonino Di Marco, finito in cella nell’operazione Grande Passo, che nel settembre scorso ha colpito presunti esponenti delle famiglie mafiose della zona.
“Per la prima volta, nell’ex regno dei boss Riina e Provenzano, gli imprenditori hanno avuto la forza di rompere il muro di omertà e dire basta, denunciando i propri estortori. Un segnale di enorme valore e un grandissimo cambiamento culturale che conferma come il seme della ribellione continui a dare i suoi frutti”. Così il presidente di Confindustria Sicilia e delegato nazionale per la legalità, Antonello Montante, ha commentato l’operazione di oggi.