Prima i bassifondi della classifica, poi il fallimento della società dei Matarrese, infine la Serie A sfiorata con la nuova società: in mezzo i tifosi biancorossi e un'annata tanto sopra le righe da diventare un docufilm di Mario Bucci prodotto dalla Dinamo Film
Centinaia di persone in aeroporto. Cori, sciarpe al collo, una grande festa collettiva. “Fermi tutti, signori. Voi pensate che questa squadra ha vinto la Champions League. Non avete capito nulla”. Perché il Bari l’anno scorso ha solo regalato ai suoi tifosi un sogno senza lieto fine. E oggi la sua favola di calcio diventa un film. “Una meravigliosa stagione fallimentare” – in uscita questa settimana nei cinema pugliesi e presto anche nel resto d’Italia – è la storia della Bari, passata in pochi mesi dall’orlo del fallimento al miracolo di una promozione in Serie A sfumata all’ultimo secondo. La racconta il regista Mario Bucci, attraverso la voce dei protagonisti: i giocatori, ma anche magazzinieri, dirigenti, tifosi. Un docufilm corale, con la telecamera che si aggira tra i vicoli della città vecchia e i corridoi dello stadio, e riprende il mare e il sole, l’anima di una città che per qualche mese si è stretta intorno alla sua squadra. Fra la prima e l’ultima scena della pellicola (prodotta dalla casa “Dinamo Film”) ci sono quaranta partite, emozioni e lacrime.
È una storia a due facce, come la stagione biancorossa. All’inizio il brutto della crisi del pallone, in una città già travolta dagli scandali del calcioscommesse. La formazione allestita con due spiccioli e senza ambizioni, l’addio dell’allenatore Gautieri ancor prima dell’inizio del campionato per dissapori con la dirigenza. L’avvio stentato con la squadra in zona retrocessione e sull’orlo del fallimento. A gennaio gli steward non pagati fanno causa e ottengono il pignoramento del cartellino di Cristian Galano, il giocatore più rappresentativo della rosa. Alla 27esima giornata finisce addirittura la benzina: la dirigenza ha chiuso tutti i rubinetti, per arrivare a Palermo i calciatori devono fare una colletta per pagarsi la trasferta. Sembra la fine, una lenta agonia destinata a concludersi con la retrocessione sul campo o comunque la scomparsa in tribunale. Invece qui comincia il miracolo biancorosso, e il film che lo ricorda.
È uno strano cortocircuito quello che succede in Puglia: il fallimento dell’odiata famiglia Matarrese si trasforma in una grande festa. “A Bari – spiega la voce narrante – noi lo chiamiamo ‘priscio’: un entusiasmo particolare, collettivo e contagioso, senza spiegazioni logiche”. È anche un fenomeno sociologico e comunicativo, perché attraverso i social network i giocatori accorciano tutte le distanze con i propri tifosi: parlano, preparano le partite, soffrono e gioiscono insieme. Vivono in simbiosi la doppia partita: quella sul campo e quella in tribunale, con il susseguirsi delle aste fallimentari per salvare il club e il lancio della campagna “Comprate la Bari”. E all’improvviso arrivano le vittorie. Prima una, poi due, tre: alla fine saranno nove nelle ultime undici partite. Abbastanza per andare ai playoff, dopo essere stati quintultimi in classifica. E anche la squadra trova una nuova proprietà, acquistata dall’ex arbitro Gianluca Paparesta. La rimonta si completa all’ultima giornata contro il Novara, davanti al tutto esaurito del San Nicola, grazie a una doppietta di Edgar Cani. C’è spazio pure la storia con la esse maiuscola in questa favola: il centravanti albanese in Puglia ci era arrivato nel ’91, da immigrato a bordo della nave Vlora. Bari lo aveva accolto, ospitandolo nell’altro stadio della città, il Della Vittoria. E lui 23 anni dopo chiudeva il cerchio del destino, trascinando la città ai playoff. Il sogno continua anche a Crotone, dove i biancorossi vincono 3-0. Ma si infrange in semifinale contro il Latina.
Ad accogliere i giocatori al ritorno dopo la sconfitta ci sono centinaia di tifosi in festa. La fine è anche l’inizio del film. “Questi sono matti: cosa hanno da cantare, cosa cazzo ci fanno qui?”, si chiede il capitano Marino Defendi. La risposta è semplice: “Ci educano a vincere, e si dimenticano di dirci che il calcio è semplicemente un gioco”. Bari e la Bari per un anno l’hanno dimostrato a tutta Italia. E anche se la favola non ha avuto lieto fine, se del miracolo oggi non resta più traccia (il Bari naviga nelle retrovie della classifica, la nuova proprietà non ha mai chiarito i suoi investimenti, anche Daniele Sciaudone, simbolo della squadra, è stato venduto), quella “meravigliosa stagione fallimentare” resterà per sempre nel cuore dei tifosi biancorossi. E di chiunque ami veramente il calcio.