Bandiere rosse, lacrime di gioia, musica. Le prime immagini dopo l’elezione di Alexis Tsipras e la vittoria di Syriza di domenica scorsa raccontano una piazza euforica, entusiasta, piena di speranza. Ed è questa una delle parole chiave delle prime dichiarazioni del nuovo premier greco: “Ha vinto la speranza, il popolo greco ha scelto la fine dell’austerità”. I dubbi della vigilia non erano esattamente dei più classici: diciamocelo, sapevamo tutti che Tsipras avrebbe vinto. L’aspetto più importante riguardava i numeri di distacco da Nea Dimokratia, il partito del premier uscente Samaras, le percentuali che avrebbero ottenuto i partiti minori e, di conseguenza, il peso politico che questi avrebbero acquisito nella formazione di una coalizione di governo.
Nella giornata di lunedì, infatti, Tsipras ha scelto di formare il nuovo governo greco, il primo senza il Pasok o Nea Dimokratia dalla caduta del regime dei colonnelli, con i Greci Indipendenti (Anel) di Panos Kammenos, costola conservatrice di centrodestra staccatasi da Nea Dimokratia dopo il voto del partito a favore di Lukas Papademos e l’approvazione del famoso e discusso memorandum.
Ovviamente, la notizia della vittoria di Tsipras ha generato reazioni differenti in Europa. Mentre alcuni hanno ribadito il fatto che la Grecia dovrà comunque mantenere gli impegni presi nei confronti degli altri Paesi Membri, altri hanno accolto il 36,34% di Syriza come un grande messaggio di speranza non solo per la Grecia, ma per l’intera comunità europea. Smaltita la sbornia post-elettorale che pare aver coinvolto in modo bipartisan la maggior parte dei leader europei, è bene provare a capire come l’elezione di Tsipras si possa inserire nelle dinamiche partitiche europee e quali conseguenze possano generare i risultati delle elezioni ad Atene.
Marine Le Pen e Matteo Salvini hanno salutato con favore la vittoria di Syriza, considerato un valido alleato nella formazione di un fronte anti-austerità, pure piuttosto eterogeneo, che contrasti le politiche economiche intraprese dall’Unione negli ultimi anni e affronti faccia a faccia i falchi del rigore di Bruxelles. Senza ripetere in questa sede i punti salienti del programma di Tsipras, ormai noti ai più, basti ricordare che il leader ha dichiarato domenica di voler collaborare “con i nostri amici europei per far tornare l’Europa verso la crescita e la stabilità, per far risorgere i valori europei come la democrazia e la solidarietà”. Probabilmente non si riferiva esattamente a Lega Nord e Front National. Soffermiamoci quindi su questo punto, sui potenziali collaboratori.
I principali alleati di Alexis Tsipras, più che Le Pen e Salvini, sono sicuramente le compagini di sinistra all’interno delle altre democrazie mediterranee in difficoltà. Podemos, guidato da Pablo Iglesias, ha scalato la piramide dei partiti e, secondo gli ultimi sondaggi di El Pais, è al momento il primo per intenzioni di voto in Spagna – anche in questo caso rompendo un’alternanza sinistra/popolari al governo che dura dalla fine del regime di Franco; alcune frange del Partito Democratico hanno accolto con grande entusiasmo i risultati di domenica, salutando Tsipras quasi come l’uomo della Provvidenza, schiacciandosi tra l’altro un po’ troppo sul leader greco, probabilmente per l’assenza di un capocorrente forte che unisca sotto un’unica bandiera gli interpreti di una sinistra frammentata e sparsa. Il quadro, a livello europeo, potrebbe così completarsi: centrismi di vario colore nel mezzo dello schieramento, formazioni euroscettiche e conservatrici a destra sull’asse Lega-Fn-Ukip, europeismi moderni e progressisti a sinistra tra Madrid, Roma ed Atene (senza dimenticare l’attenzione con cui Mélenchon in Francia e Kipping a Berlino guardano a quel che succede nel Mediterraneo).
Il periodo chiave per capirne di più, tuttavia, sarà il bimestre novembre-dicembre 2015: le elezioni politiche di novembre in Spagna e nove mesi di governo Tsipras ci diranno se un fronte mediterraneo a sinistra prenderà effettivamente forma e come, nel frattempo, le istituzioni dell’Unione si porranno nei confronti della questione Grecia e gestiranno il contrasto con gli euroscetticismi più radicali. Per il momento, pare che tutti amino Tsipras; che il leader greco ce la possa fare o no, in ogni caso, sicuramente la sua vittoria sembra destinata a rimescolare le carte sul tavolo, probabilmente in modo decisivo. E’ un’occasione, per l’Europa: vediamo come se la saprà giocare.