Dopo le elezioni greche ho l’impressione che Frau Merkel non sia contenta. In verità comprendere i tedeschi è più facile di quanto non si possa pensare. Il tedesco medio non vive esattamente al massimo. L’unificazione delle due Germanie è avvenuta a caro costo. Tutt’oggi molti tedeschi han stipendi da fame e il miracolo dell’efficienza lavorativa tedesca è tutto fuorché quell’opera di elevata ingegneria sociale che molti dei nostri politici pensano.
I tedeschi occidentali si sono ritrovati un bel pacchetto di manodopera a basso costo, quando hanno inglobato la Repubblica Democratica tedesca (ex comunista per intenderci). Considerando questi sforzi sopportati dalla popolazione negli anni 90 e non dimenticando che Frau Merkel è figlia della DDR, non sorprende comprendere la rigidità mentale nei confronti della Grecia.
I tedeschi, in più, han una singolare memoria storica, fortemente ancorata al passato. Per quanto questo tratto non emerga sempre e subito in una discussione, nei confronti dei paesi del sud Europa han una visione amore-odio.
Adorano l’Italia, la Spagna e la Grecia. Ma non dimenticano dell’Italia che li tradì durante la seconda guerra mondiale (per un tedesco il concetto di valutazione è binario: buono cattivo, bianco nero). Non dimenticano nemmeno la loro scampagnata in Grecia.
Sul fronte greco non si può dire che questa antica nazione si sia penata per entrare in Europa. Tralasciando le discussioni su chi abbia aiutato i greci a entrare nell’euro, resta il fatto che la Grecia non era semplicemente pronta a entrare nella moneta unica. La crisi che è arrivata a bussare alle democrazie del sud Europa (quelle che la Germania considera le cicale, sempre pronte a viver sopra i propri standard) è stata il colpo di grazia per tutte queste nazioni. La combinazione di una crisi strutturale interna, classi politiche un po’ distratte, e un debito pubblico importante han innescato, nella conservatrice Germania, la modalità “Reich”. Ovviamente non sto insinuando che la Frau Merkel voglia impiantare un quarto Reich. Ma la mentalità teutonica del “adesso facciamo come diciamo noi perchè siamo stati parchi e zelanti” si è facilmente diffusa nella testa dei tedeschi.
Ora è arrivato il signor Tsipras. Uomo descritto da alcuni come comunista (per intenderci non di quelli che mangiavano i bambini ma un comunista serio stile condivisione della ricchezza e supporto alla popolazione), da altri come un socialista. I più cattivi lo identificano come un anti europeista, nemico delle banche e della speculazione (ci manca che lo definiscano pure un terrorista e han finito la lista). Ora il signor Tsipras, di recente divenuto leader del partito di quasi maggioranza, ha pensato bene di cercarsi un partito di minoranza con cui fare l’alleanza per la salvezza della Grecia. In Germania Frau Merkel ha pensato bene di mandargli gli auguri, mentre i suoi compratrioti si son subito ricordati di rammentargli che i patti (dei suoi predecessori che Tsipras non considera validi) sono da rispettare.
Al netto del terrore dei banchieri che questo uomo nero possa solo osare pensare di rinegoziare il debito della Grecia con la Troika, Tsipras ha un alternativa? Un conto è dire che farai miracoli, annullerai il debito, tratterai con l’Unione europea e i tedeschi (quelli che, dall’alto della loro parsimonia, suggerivano nel Der Spiegel di vendere le isole greche ai tedeschi per sanare i debiti).
Se Tsipras dovesse batter i piedi per terra chi può dargli supporto? E per supporto non intendo una pacca sulla spalla ma soldi. Tanti soldi, quelli che in febbraio la Troika, secondo quanto approvato in precedenza, dovrebbe prestare alla Grecia.
Semplice, la Cina. Il grande impero asiatico, se vuole entrare in Europa, deve giocare d’astuzia. Mettere i piedi in Europa significa penetrare un mercato che, malgrado la crisi dei consumi, per i prodotti cinesi ha ancora un bacino di utenza. Hanno cominciato con il Pireo. L’antico porto del peloponneso dove salpavano le triremi della democrazia ateniese ora potrebbe vedere l’entrata in massa dei cargo della Cosco, il colosso cinese del trasporto marittimo. Questo almeno fino a qualche giorno fa. Intriso di orgoglio nazionalista Tsipras ha dichiarato che avrebbe rivisto l’accordo con la compagnia cinese per la vendita del Pireo. La fame di cose greche non si limita ai porti. Come riporta una recente analisi il dragone punta con interesse il mercato immobiliare, bancario ed energetico.
La domanda più interessante è se il signor Tsipras se la sente di fare questo gioco. I cinesi non sono dei teneroni romantici. Gli accordi commerciali che han stabilito con l’Iran, per esempio, han permesso alla Repubblica persiana di trovare un canale di vendita per il suo petrolio. Tuttavia la Cina ha più o meno invaso con il suoi prodotti di consumo il mercato iraniano, devastando le piccole medie imprese locali, creando una spirale viziosa per cui più petrolio si vendeva, più made in Cina si vendeva distruggendo il tessuto economico e spingendo lo Stato a dedicare più fondi verso le spese sociali ( e conseguenza ulteriore necessità di denaro tramite la vendita di altro petrolio).
Vero che la Grecia non è sottoposta a nessun embargo commerciale. Tuttavia se Tsipras dovesse prendere Frau Merkel per il verso sbagliato, e la buona parsimoniosa tedesca dovesse ricambiare il favore, chi in vero ci guadagnerà sarà la Cina. Come si sa tra i due litiganti il terzo gode.
@enricoverga