La settima commissione ha approvato a larga maggioranza un documento secondo cui il decreto che riduce da 45 a 30 i giorni di riposo dei giudici è stato scritto male perché non abroga la normativa precedente. Che di conseguenza resta valida. Il 4 febbraio il caso arriva all'esame del plenum
Dopo lo scontro seguito agli attacchi che diversi magistrati hanno rivolto al governo nel giorno dell’inaugurazione dell’anno giudiziario, le toghe incassano un punto a loro favore sul fronte caldissimo della durata delle ferie. La settima commissione del Csm ha infatti approvato a larga maggioranza un documento secondo cui il decreto che riduce da 45 a 30 i giorni di riposo dei giudici è stato scritto male e di conseguenza resta valida la normativa precedente. No al taglio, dunque. La relazione, che ha ottenuto cinque voti a favore e un solo “no” del laico Alessio Zaccaria (indicato dal MoVimento Cinque Stelle), sostiene nel dettaglio che la norma introdotta per ridurre le vacanze dei giudici è stata aggiunta alla precedente senza però abrogarla. Di conseguenza l’intervento dell’esecutivo, mirato a “aumentare la produttività del sistema giudiziario”, non è valido.
La stessa relazione di minoranza presentata da Zaccaria, del resto, parte da una premessa identica: il testo del governo pone dei “seri problemi interpretativi“, che possono portare “ancora più significative conseguenze negative” sull’organizzazione del lavoro degli uffici giudiziari. Sarebbe servito un nuovo intervento per risolvere “la confusione” creata. Non essendoci stato, le “opzioni interpretative” sono due: la prima, fatta propria dalla maggioranza, sostiene che bisogna attenersi a una “stretta e rigorosa interpretazione” in base alla quale la nuova norma si aggiunge a quella già vigente che assegna 45 giorni ai magistrati che svolgono funzioni giudiziarie (sono esclusi i fuori ruolo). E non la sostituisce. La visione opposta riconosce comunque che il governo ha commesso una “svista grossolana“, ma, tenendo conto delle finalità che intendeva perseguire, giunge alla conclusione che il periodo di ferie dei magistrati va comunque ritenuto ridotto a 30 giorni.
Come finirà la partita si saprà il 4 febbraio, quando il caso arriverà all’esame del plenum. Appena due giorni fa il vice presidente del Csm Giovanni Legnini ha detto, sul taglio delle ferie, che “si può giudicare più o meno giusta la decisione, ma il legislatore ha deciso: continuare a parlarne significa produrre una situazione di sviamento dei reali problemi della giustizia”. Mentre il presidente dell’Anm Rodolfo Sabelli, che nei giorni scorsi non aveva escluso un ricorso al Tar, è tornato sul tema al centro dello scontro con Renzi sostenendo che tirare in ballo la questione delle ferie “è un modo per eludere i problemi”.