Le prime misure del neopremier, come previsto, vanno contro le richieste della troika: no alla vendita della rete elettrica e del porto del Pireo. Intanto la Borsa di Atene crolla del 12,1% e i tassi sui titoli di Stato superano il 10%. Il vicepresidente della Commissione Katainen: "Le politiche dell'Eurogruppo non cambiano in base alle elezioni"
Da un lato ostenta pragmatismo sul debito, dall’altro assesta un primo schiaffo alla troika. Alexis Tsipras, aprendo il primo Consiglio dei ministri dell’esecutivo appena insediato, ha garantito che non intende “andare a una rottura distruttiva per entrambi sul debito”. Al contrario, “il governo di Atene è pronto a negoziare con partner e finanziatori per una soluzione giusta e duratura per il taglio del debito”. L’apparente apertura, arrivata dopo il niet della cancelliera Angela Merkel e della numero uno del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde all’ipotesi di una rinegoziazione, si scontra però con i primi provvedimenti decisi dalla squadra “snella” – solo dieci ministri – messa insieme da Tsipras.
In primo piano, appunto, lo stop alla privatizzazione della compagnia elettrica controllata dallo Stato Public power company e della compagnia di distribuzione dell’elettricità Admie, una delle misure imposte dalla troika con l’obiettivo di ridurre l’indebitamento del Paese. E non saranno vendute nemmeno le ferrovie, ha detto il ministro dell’Energia e dell’Ambiente Panagiotis Lafazanis. Non è stata invece ufficializzata la marcia indietro sulla cessione del 67% di Porto del Pireo, il principale scalo marittimo del Paese, ma martedì il neo ministro del Trasporto marittimo Thodoris Dritsas ha anticipato che il governo intende riesaminare “negli interessi dei greci” il progetto avviato dall’esecutivo Samaras (in lizza c’erano già i cinesi di Cosco e altre quattro società). “La posizione del governo – ha chiarito Jrístis Spirtzis, viceministro alle Infrastrutture – è fermare le privatizzazioni nelle infrastrutture per sviluppare il Paese”.
Insomma Tsipras, che venerdì insieme al ministro delle Finanze Yanis Varoufakis e al vicepremier Yanis Dragasakis vedrà il presidente dell’Eurogruppo Jeroen Dijsselbloem, in visita ufficiale ad Atene, non vuole rompere ma nemmeno proseguire sulla linea della subordinazione che finora ha caratterizzato i rapporti tra la Grecia e la troika. “Il nostro obiettivo è la riduzione del debito”, ha ribadito, dopo aver descritto il suo esecutivo come un “governo di salvezza sociale” la cui massima priorità è affrontare la crisi umanitaria nel Paese. Su questo fronte, il viceministro per le Riforme amministrative Giorgios Katrougalos ha dichiarato in televisione di voler riassumere migliaia di funzionari pubblici licenziati nell’ambito del programma di austerity. Solo nel 2014 sono state mandate a casa 9.400 persone. Il neo premier ha poi annunciato un piano in quattro anni per raggiungere il pareggio di bilancio e ha ribadito l’impegno contro corruzione e nepotismo, così come l’obiettivo di ripristinare la credibilità e la dignità della Grecia a livello internazionale.
Intanto però i mercati continuano a punire il Paese: la Borsa di Atene ha chiuso in calo del 12,1%, complice il crollo di Porto del Pireo e dei titoli bancari. E ci sono forti tensioni anche sull’obbligazionario: il rendimento del bond decennale greco sul mercato secondario ha superato il 10,08 per cento con lo spread sui Bund tedeschi che si è allargato a oltre 973 punti base. E il vicepresidente della Commissione Ue, Jyrki Katainen, è tornato a ricordare che la Grecia “si è assunta degli impegni e ci aspettiamo che mantenga le promesse“. “Quando inizieremo a parlare – ha continuato – capiremo le esigenze del governo e le sue aspettative, ma non credo che l’Eurogruppo sia disposto a fare marcia indietro sulle politiche adottate finora e che non possono cambiare in base alle elezioni”. Eppure proprio un accordo con la Ue, probabilmente nella forma di un allungamento dei termini del rimborso, è l’unica possibilità per Tsipras, visto che le quote di debito in capo a Fmi e Bce sono di fatto intoccabili. Rompere con il Fondo significa infatti uscire dalla comunità internazionale, mentre andare allo scontro con l’Eurotower non conviene al Paese, che rischierebbe l’esclusione dal programma di acquisto di titoli pubblici varato da Mario Draghi. Programma in cui peraltro rientra solo in quanto aderisce a un programma economico concordato con la troika.