Merlo, ehi merlo, merlo canterino merlo ballerino, merlo vanitoso merlo dispettoso, merlo merlotto, dimmi, fatti capire, spiegami la vita, dimmi com’è. C’è qualcosa nella testa di ‘sto merlo che mi sfugge, un’intenzione, un progetto, un percorso sapienziale, vallo a sapere. Ci conosciamo da quando siamo venuti a vivere in questa casa, lui c’era prima di noi, era di vedetta lassù sull’ultimo ramo del gelso, e parlava con qualcuno che non si riusciva a vedere chi fosse, dov’era, parlava in una lingua straniera.
È rimasto, a debita distanza dai nostri affari casalinghi, senza nessun interesse per l’integrazione, il dialogo interspecifico, la pappatoia a ufo. Sì, si fa fuori alla stagione un bel po’ di giuggiole del gelso, un bel po’ di albicocche e tanta di quell’uva che non si capisce come faccia a pisciarla tutta, ma fanno così tutti i viandanti che passano di qua. Ma quando sono ore che non mi viene una frase, una parola sola per tirare avanti nel lavoro, e mi metto alla finestra per chiedere al mondo che è lì davanti una boccata di verità, eccolo lì, sul gelso, sull’antenna, sul camino della porcilaia che mi si mette a parlare. E non capisco cosa dice, sono un testone ignorante.
Ha i suoi anni quel merlo, dovrebbe aver ormai rinunciato a dire la sua al vento, ch’io sono vento per lui, aria che si muove, niente di interessante. Il merlo parla e parla, e magari è ancora dietro a discutere con quel suo vecchio compare che non s’è mai visto, che forse non c’è nemmeno mai stato. Com’è la vita merlo, dimmi com’è.
Il Fatto Quotidiano, Lunedì 19 gennaio 2015