Politici, imprenditori, uomini d’affari quotidianamente a contatto con cittadini e istituzioni. L’Emilia si sveglia e si ritrova con la ‘ndrangheta non alla porta, ma direttamente dentro casa, infiltrata nella società civile attraverso gli appalti della ricostruzione del terremoto di Modena, nei voti pilotati per favorire candidati prescelti nei Comuni tra Reggio Emilia e Parma, nei rappresentanti di partito posti in punti cruciali dentro i palazzi del potere. A Reggio Emilia l’operazione Aemilia della Dda di Bologna ha colpito il consiglio comunale con l’arresto di Giuseppe Pagliani, consigliere di Forza Italia che sedeva sui banchi dell’opposizione anche in Provincia. Una notizia che fa scalpore nei salotti cittadini, anche se di mafia nel centro emiliano si parla da anni, così come del pericolo delle infiltrazioni. “C’è stata una fase in passato in cui un’intera comunità in buona fede ha sottovalutato questo rischio – ha commentato il sindaco Luca Vecchi – ma ora quella fase è superata. La consapevolezza che il malaffare ce lo avevamo in casa non è arrivata in queste 24 ore, ma quello che è emerso oggi ci consente di far luce su un mostro che conoscevamo da tempo, anche se no forse nella sua interezza, e che ci auguriamo possa essere sconfitto”.
Nella città del Tricolore a finire agli arresti è stato anche Domenico Mesiano, l’autista dell’ex questore di Reggio Emilia, accusato di associazione mafiosa e di aver fatto pressioni su una giornalista del Resto del Carlino. In passato, in campagna elettorale, il suo nome era stato legato a quello dell’allora candidato Vecchi, quando in una lettera anonima lo si indicava come un lontano parente del primo cittadino e della moglie, accusandolo inoltre di avere contattato da un ufficio della questura un referente della comunità albanese reggiana per far votare Vecchi. “Ho fatto quello che credo che ogni cittadino dovesse fare in quel frangente e sono andato in Procura – spiega Vecchi – Questo Mesiano non so neanche chi sia, non l’ho mai visto, ma io agisco nella consapevolezza della legalità”. Nel mirino degli inquirenti però ci sono delle altre elezioni: Parma, Salsomaggiore,
Sala Baganza, Brescello, i Comuni rossi in cui negli ultimi trent’anni si sono fatte spazio le cosche. A finire nei guai c’è l’ex assessore di Parma Giovanni Paolo Bernini (Forza Italia), che nel 2011 era finito in manette nell’ambito dell’inchiesta Easy Money che poi aveva portato alla caduta del sindaco Pietro Vignali. Bernini è accusato di avere preso voti nella campagna elettorale per le amministrative 2007 a Parma da persone considerate vicino alla criminalità organizzata. Ci sono poi gli imprenditori edili che lavorano con imprese avviate in tutta l’Emilia, come quella modenese di Augusto Bianchini (anch’egli arrestato nell’inchiesta), la cui azienda era stata esclusa dalla white list in quanto a rischio infiltrazioni.
Il centro dell’operazione però riguarda Reggio Emilia e il suo contorno. “Da anni noi come M5S siamo attenti al tema della mafia in Emilia – ha commentato Norberto Vaccari, capogruppo dei Cinque stelle in consiglio a Reggio Emilia – nonostante molti lo vogliano negare, la mafia c’è e noi lo abbiamo sempre tenuto ben presente, promuovendo iniziative per parlarne e prenderne coscienza”. Eppure, nelle zone in cui dalle prime ore di mercoledì è scattato il blitz delle forze dell’ordine, c’è ancora chi nega questa realtà. Il caso più clamoroso è quello del sindaco Pd di Brescello Marcello Coffrini, che nei mesi scorsi aveva parlato del boss Francesco Grande Aracri, che risiede nel comune reggiano, come di una persona perbene, spalleggiato dall’intero paese in una manifestazione organizzata proprio in sua difesa. L’operazione della Dda però parla chiaro e segnala anche Brescello come uno dei centri in cui le cosche hanno cercato di inquinare le elezioni del 2009. L’ultima operazione nel reggiano risale a pochi giorni fa a Montecchio, quando la Finanza ha sequestrato a un imprenditore ritenuto vicino alla criminalità organizzata beni per 10 milioni di euro.
Un velo squarciato definitivamente con l’operazione Aemilia. “La mafia è entrata nei nostri territori perché qualcuno le ha aperto la porta – hanno commentato i consiglieri reggiani Pd Roberta Mori, Silvia Prodi, Andrea Rossi, Ottavia Soncini – Il contagio ha raggiunto livelli preoccupanti, ma ci consola sapere che oltre al grande lavoro di magistrati e forze dell’ordine, possiamo contare su una società civile e rappresentanti delle istituzioni molto più consapevoli dei rischi rispetto al passato.”