Può darsi che, come dice Renzi senza precisare la settimana esatta, “sabato avremo il presidente”. Nel qual caso il premier avrà vinto la partita, chiunque sia il nome del prescelto. Che, comunque, sarebbe frutto del Patto del Nazareno, dunque un impresentabile: Amato (e ho detto tutto), o Fassino (quello del giro Quagliotti-Greganti e del “siamo padroni di una banca?”), o Finocchiaro (zarina di tutti gli inciuci, con marito imputato), o Chiamparino (che negli anni pari fa il politico e nei dispari il banchiere), roba così. Se invece, al quarto scrutinio, il Renzusconi non superasse il quorum, inizierebbe il massacro.

Renzi, a quel punto, potrebbe giocare un’altra carta, sempre con B. Oppure rivolgersi ai 5 Stelle. I quali, questa volta, non avranno un candidato di bandiera, come nel 2013 fu Rodotà per la proterva insipienza del vertice Pd. Per non ridursi al ruolo di spettatori e giocare fino in fondo la partita, Grillo, Casaleggio e il direttorio chiedono al Pd una rosa di nomi da sottoporre agli iscritti. Renzi non li degna neppure di risposta, confermando ciò che abbiamo sempre sostenuto: è lui, non loro, a rifiutare il dialogo. Però alcuni spiriti liberi del Pd alla email hanno risposto col nome di Prodi. È probabile che il Prof – sebbene sia un padre dell’euro – risulti, agli occhi della loro base, il meglio o il meno peggio della compagnia cantante (è quel che non capiscono i nove sciocchini che ieri si sono sfilati per andare a chiedere, bel belli, a Renzi “un presidente fuori dal Nazareno”: roba da perizia psichiatrica).

A quel punto, per Renzi, sarebbe un bel problema: come potrebbe giustificare dinanzi alla sua base un No al padre del Pd per non dispiacere al Caimano? L’uomo è capace di tutto, ma a tutto c’è un limite. E quel limite potrebbe essere Prodi, molto più popolare o meno impopolare delle suddette muffe. Se alla fine il Prof salisse al Quirinale, Renzi potrebbe comunque intestarsi la vittoria, si riconcilierebbe con gli elettori del Pd che da mesi ingoiano guano, ricompatterebbe il Pd e il centrosinistra, metterebbe in sicurezza la maggioranza del suo governo e relegherebbe B. nell’angolo. Per sempre. Il Caimano fiuta il pericolo: infatti ieri ha fatto il ritrosetto, non certo per rompere, ma per alzare la posta del ricatto. Se Renzi invece perseverasse col Nazareno, la resurrezione di Lazzaro sarebbe completa. E tutti capirebbero finalmente che il Patto è ben più inossidabile e inconfessabile di quel che si racconta in giro. Un patto di mutuo soccorso fra il Pregiudicato e lo Spregiudicato, ma anche di mutuo governo e mutui affari (condono fiscale con salvacondotto a B., regali a Mediaset sulle frequenze, legge-regalo a Banca Etruria & famiglia Boschi).

Ai tempi di D’Alema, Guido Rossi paragonò Palazzo Chigi a una “merchant bank dove non si parla inglese”. Stavolta l’inglese lo si parla eccome, viste certe fughe di notizie in quel di Londra. Così, alla fine, potrebbe chiudersi questa partita cruciale: B. che, di nuovo a piede libero (i servizi sociali scadono a marzo), entra ufficialmente nella maggioranza e forse nel governo in attesa dell’ “agibilità politica” (salvacondotto fiscale o grazia dal nuovo presidente scelto anche da lui). E intanto regolare i conti a destra. L’orrendo Italicum votato ieri al Senato, checché se ne dica, gli sta a pennello: il premio di maggioranza alla lista che arriva al 40% costringerà i partitini, Ncd in testa, a rientrare precipitosamente all’ovile di Arcore per non sparire; e gli consentirà, se arriverà secondo, di nominarsi tutti i deputati (i capilista bloccati, a cui solo chi arriverà primo aggiungerà qualche decina di eletti con le preferenze). Ma, di questo passo, non è neppure escluso che arrivi primo.

Pare un film horror, della saga Il ritorno dei morti viventi, ma è così. Complimenti al regista.

Il Fatto Quotidiano, 28 gennaio 2015

 

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