Il premier aveva promesso cambiamenti nella macchina amministrativa dei dicasteri. Ma su 40 capi di gabinetto, vice e capi degli uffici legislativi appena il 25 per cento sono le facce nuove. Per il resto solo conferme di navigati dirigenti e giri di poltrone
Ci sono i primatisti alla Giampaolo D’Andrea, che entrano ed escono dal Parlamento e dal governo e, negli intervalli, si installano ai vertici burocratici dei ministeri più in vista. Eletto deputato nel lontano 1992 nelle file della Democrazia cristiana, D’Andrea è stato sottosegretario una prima volta ai Beni culturali dal 1998 al 2001 con i governi D’Alema e Amato, poi dal 2006 al 2008 ai Rapporti col Parlamento con Romano Prodi. Non appagato, è tornato alla carica e dal 2011 al 2013, con il governo di Mario Monti, ha ricoperto lo stesso ruolo, mentre oggi, felicemente, fa il capo di gabinetto del ministro dei Beni culturali Dario Franceschini. E ci sono poi quelli che il voto popolare non l’hanno mai incassato ma delle poltrone più alte delle burocrazie ministeriali romane fanno incetta da più di quaranta anni. E’ il caso dell’attuale capo dell’ufficio del coordinamento legislativo del ministero dell’Economia e delle finanze, Carlo Sica: già ingaggiato come esperto e consulente giuridico in diversi ministeri a partire dal 1982 e capo dell’ufficio legislativo della Federcalcio, negli anni successivi è stato consulente dell’ex sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta; vice segretario generale vicario di Palazzo Chigi; consigliere giuridico del ministro per la Pubblica amministrazione Renato Brunetta; infine, durante il governo di Enrico Letta, è stato capo vicario del dipartimento per gli Affari giuridici e legislativi della presidenza del Consiglio dei ministri. E scusate se è poco.
Rottamazione addio
Ecco la verità nuda e cruda sul “cambio di verso” nella burocrazia strombazzato al momento dell’insediamento (e anche dopo) dal presidente del Consiglio Matteo Renzi. E’ già passato un anno, ma se il rinnovamento tanto sbandierato passa per gli alti scranni ministeriali, il governo Renzi non può certo dire di avere mantenuto gli impegni. Anzi, con tanti navigati “mandarini” ancora in sella si può ben dire che stia rischiando il flop. Passando in rassegna i profili e i curricula dei diretti collaboratori dei vari ministri del governo in carica, si nota infatti che su 40 tra capi di gabinetto, loro vice e capi degli uffici legislativi di tutti i dicasteri, i due ruoli chiave di ogni ministero, solo nove non sono “riciclati”, cioè con carriere maturate al di fuori di ministeri e di palazzo Chigi. Si tratta appena del 25 per cento del totale. Un po’ poco per un premier che ha scalato il potere promettendo una ventata di cambiamento e “volti nuovi” ai vertici della pubblica amministrazione.
Lavoro per caso
Densa carriera dentro i ministeri anche per il giovane (43 anni) capo ufficio legislativo economia del Mef Massimo Santoro, arrivato subito dopo l’estate a dirigere il traffico delle delicate pratiche durante il governo Letta affidate a Luigi Caso, oggi capo di gabinetto del ministro del Lavoro. Santoro è stato dal 2008 al 2014 consigliere giuridico del ministro degli Affari europei prima con Andrea Ronchi, poi con Anna Maria Bernini, quindi con Enzo Moavero Milanesi. Fino alla scorsa estate, comunque, ricopriva il ruolo di vice capo di gabinetto del ministro dello Sviluppo Economico Federica Guidi. Sempre al Mef, robusta carriera anche per il consigliere di Stato Francesca Quadri, capo dell’ufficio legislativo finanze. La Quadri è stata già dal 2011 al 2013 capo dell’ufficio legislativo del ministero degli Esteri e prima ancora capo di gabinetto e capo legislativo del ministro delle Pari opportunità, capo ufficio legislativo del ministero dei Beni culturali e capo ufficio legislativo del ministero delle Comunicazioni all’epoca del secondo e terzo governo Berlusconi.
Avanti i vecchi
Anche scandagliando i titolari delle poltrone più prestigiose della presidenza del Consiglio dei ministri (Pcm), quelle più vicine allo stesso Renzi, non si ha certo la sensazione della grande novità. Segretario generale dal febbraio del 2014 è Mauro Bonaretti, che durante il governo Letta era già capo di gabinetto del ministro degli Affari Regionali Graziano Delrio (oggi sottosegretario a Palazzo Chigi), che lo aveva portato con sé da Reggio Emilia, dove Bonaretti è stato direttore generale del Comune dal 2005 al 2013. Anche Marcella Castronovo, vice segretario generale della Pcm, poi diventata assessore nella giunta Crocetta in Sicilia (si è dimessa a inizio anno), non è certo un volto nuovo: la Castronovo aveva già ricoperto la carica di capo dipartimento per gli Affari regionali sotto il governo Letta (sempre con Delrio) e, prima ancora, era a palazzo Chigi direttore dell’ufficio di segreteria della conferenza Stato-Città (dal 2009 al 2013) e dirigente della segreteria tecnica dell’unità per la semplificazione (2007-2008). E che fine ha fatto l’altro ex segretario generale della presidenza, quel Roberto Garofoli scelto da Enrico Letta durante la sua permanenza a Palazzo Chigi? Lo ritroviamo a capo del gabinetto del ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan. Ma non c’è da sorprendersi: ancor prima era già stato capo di gabinetto del ministro della Pubblica amministrazione Filippo Patroni Griffi (governo Monti) e capo dell’ufficio legislativo del ministero degli Affari esteri con Massimo D’Alema durante l’ultimo governo Prodi. Una carriera invidiabile, anche se non un caso isolato, come si vede passando in rassegna gli altri illustri burocrati governativi.
La carriera di Mattarella jr
Al ministero dell’Interno Angelino Alfano ha scelto come vicecapo di gabinetto Sandra Sarti che ha ricoperto per anni lo stesso ruolo, ma al ministero delle Infrastrutture. Al ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (Miur), invece, il ministro Stefania Giannini ha chiamato a capo di gabinetto Alessandro Fusacchia, già consigliere per la diplomazia economica del ministro Emma Bonino agli Esteri e del ministro Corrado Passera allo Sviluppo economico. Ancora, al ministero di Franceschini troviamo poi a capo dell’ufficio legislativo Paolo Carpentieri, già vice capo dello stesso ufficio. Al ministero dei Rapporti con il Parlamento, il capo ufficio legislativo Cristiano Ceresani svolgeva lo stesso incarico sotto il governo Letta, ma con il ministro delle Riforme Gaetano Quagliariello, mentre il capo di gabinetto Roberto Cerreto era con lo stesso Letta consigliere per le questioni istituzionali. Piccolo dettaglio: entrambi sono consiglieri parlamentari. Al ministero della Pubblica amministrazione di Marianna Madia troviamo Bernardo Mattarella (figlio di Sergio Mattarella), capo ufficio legislativo che, sotto il governo Letta, ricopriva lo stesso incarico al Miur. Allo Sviluppo Economico il capo ufficio legislativo Germana Panzironi è stata già vice capo dipartimento degli affari giuridici della Presidenza del consiglio, capo ufficio legislativo dei ministeri della Pa e dell’Istruzione, consigliere giuridico presso presidenza del Consiglio, ministero delle Finanze, ministero dell’Industria e ministero dell’Ambiente.
Il viavai dirigenti tra i ministeri
Scorrendo i curricula dei “mandarini” ministeriali il fenomeno del continuo “scambio”, il salto tra le diverse amministrazioni salta agli occhi con evidenza. Dirigenti di gabinetto che in blocco sono emigrati da un dicastero all’altro. E’ il caso degli Affari Regionali dove è trasmigrato parte del gabinetto di Anna Maria Carrozza al Miur e dove si è “riciclato” come consigliere giuridico anche l’ex capo settore legislativo del ministero dei Rapporti con il Parlamento Giovanni Savini. Ed è il caso dell’attuale vertice del ministero dell’Ambiente dove siedono il capo di gabinetto Guido Carpani e il capo dell’ufficio legislativo Alfredo Storto, rispettivamente ex capo di gabinetto della Pa ed ex capo ufficio legislativo dello stesso ministero durante il governo Letta. Un vero e proprio spostamento in blocco di dirigenti, con alle spalle già una notevole esperienza. Carpani, ad esempio, era già stato dal 2012 al 2013 capo di gabinetto del ministero della Salute, mentre Storto dal 2011 al 2013 è stato vicario del dipartimento per gli Affari giuridici e legislativi della Pcm e, ancor prima, capo dell’ufficio legislativo del ministro per la Semplificazione normativa.
Bravi, bis!
Infine, i confermati, gli inamovibili, ovvero coloro che sono riusciti a sopravvivere al passaggio tra i governi Letta e Renzi rimanendo sulla stessa poltrona. Alla Giustizia, il ministro Andrea Orlando ha per esempio concesso il bis al capo ufficio legislativo Domenico Carcano, scelto dal precedente ministro Anna Maria Cancelleri. Al ministero delle Infrastrutture Maurizio Lupi (riconfermato lui stesso da Renzi) ha confermato il capo di gabinetto Giacomo Aiello e il capo ufficio legislativo Gerardo Mastrandrea. La ministra della Salute Beatrice Lorenzin ha dal canto suo promosso a capo di gabinetto Giuseppe Chinè, suo ex capo dell’ufficio legislativo e già capo dell’ufficio legislativo economia del Mef. Al ministero dell’Agricoltura troviamo a capo di gabinetto Ferdinando Ferrara, che ricopriva lo stesso ruolo con Nunzia De Girolamo, e il vicecapo di gabinetto Raffaele Borriello, che era capo della segreteria tecnica del ministro anche sotto il governo Letta. L’altro vicecapo vicario Massimo Lasalvia era invece vicecapo dipartimento per gli affari giuridici e legislativi della presidenza del Consiglio. (2008-2013) e prima ancora consigliere giuridico del segretario generale della Presidenza del Consiglio.
di Mario Marconi