Il caso Schettino, come era prevedibile del resto, sta dividendo l’Italia in due, da una parte coloro che lo vorrebbero in carcere da tempo e che sommando gli anni di pena per ogni singolo omicidio colposo escludono qualsiasi sconto e auspicano la galera a vita, dall’altra parte i garantisti che si scandalizzano del fatto che l’ex comandante della Concordia sia l’unico sul banco degli imputati per il disastro che provocò 32 morti la notte fra il 12 e il 13 gennaio 2012 e per gli “insulti” che i pm avrebbero proferito contro di lui.
Fra questi ultimi anche Goffredo Buccini che sul Corriere della Sera scrive: “usare lo scherno della dottrina giuridica per dargli (a Schettino, ndr) a man salva dell'”incauto idiota”, tirare in ballo il Padreterno che di norma dovrebbe star fuori dalle aule della giustizia terrena ‘Dio abbia pietà di Schettino perché noi non possiamo averne alcuna’: un siffatto apparato dialettico sembra travalicare alquanto l’obiettivo della condanna, e dunque della giusta rivalsa dello Stato sul reo prefigurando piuttosto l’annullamento del reo medesimo, un’umiliazione metagiuridica”.
E che dire dell’annullamento dei parenti delle vittime alla vista delle foto dove Schettino la scorsa estate era ritratto sorridente e abbronzato, in compagnia di belle signore e di bianco vestito ad un esclusivo mega party sull’isola di Ischia? Che dire dell’umiliazione dei parenti delle vittime di fronte alla notizia di Schettino professore per un giorno all’Università La Sapienza con il compito di spiegare agli studenti la gestione del controllo del panico e l’importanza della componente umana in situazioni del genere? In quell’occasione Schettino ebbe persino l’ardire di sostenere: “So come ci si comporta in casi del genere, come bisogna reagire quando ci sono equipaggi di etnie diverse”. E’ come se a tenere una lezione di buoni rapporti con il vicinato avessero chiamato Rosa e Olindo. In realtà purtroppo sappiamo tutti come sono andate le cose e abbiamo sentito tutti le registrazioni che testimoniano, al di là del giudizio definitivo che uscirà dal processo, il fatto che Schettino abbandonò la nave mentre erano in corso le operazioni di salvataggio e disobbedì più volte agli ordini dell’Ufficiale della capitaneria De Falco che gli intimava di tornare a bordo.
Secondo i pm Schettino merita una condanna a 26 anni e 3 mesi di carcere per naufragio colposo, omicidio colposo di 32 persone e abbandono della nave. Ad aggravare il quadro ci sono anche le omesse e false dichiarazioni all’autorità marittima e le interviste e dichiarazioni pubbliche nelle quali Schettino ha sostenuto che si trattò di un incidente che avrebbe potuto avere conseguenze peggiori se lui non avesse agito nel modo in cui agì. I magistrati ribadiscono che è stato solo il caso ad evitare una catastrofe ancora peggiore e che l’ex comandante ha lasciato vecchi, disabili e bambini a bordo di una nave inclinata, di notte, in fase di black out, con scene di panico senza indicazioni ai passeggeri ed è sceso dalla nave 5 ore prima della fine dell’emergenza.
I garantisti dovrebbero stupirsi del fatto che Schettino sia ancora a piede libero dato che, come sostengono giustamente i pm, c’è il pericolo di fuga e l’imputato potrebbe decidere di lasciare l’Italia visto che possiede una casa in Svizzera e ha conoscenze in tutto il mondo. Se il pericolo di inquinamento probatorio e il pericolo di reiterazione del reato (a meno che qualcuno non sia così imbecille da affidargli il comando di una nave) sono improbabili, il pericolo di fuga c’è e quindi c’è il motivo per richiedere la custodia cautelare. Sempre i garantisti dovrebbero ritenere giusta e nemmeno troppo severa la richiesta di 26 anni e tre mesi di carcere per Schettino se a uno come Fabrizio Corona che non ha ucciso nessuno la Cassazione ha appena annullato lo sconto di pena da 13 a 9 anni deciso dal gip.
Sul fatto di evitare quelli che Goffredo Buccini considera insulti nei confronti dell’imputato bisognerebbe chiedere allo stesso Buccini se considera meno insultante la domanda che Schettino, in salvo sullo scoglio, fece al telefono quella notte a De Falco: “Ci sono già dei cadaveri? e quanti sono?“.
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