La Digos ha sequestrato in casa di Giacomo Piran, 44 anni, munizioni da guerra, un manuale per costruire armi e decine di documenti in lingua araba. Trovato anche materiale informatico che collegherebbe l'uomo ad una cellula dell'estremismo islamico
Si era convertito all’Islam e in casa custodiva munizioni, manuali d’addestramento bellico, documenti scritti in arabo: tutti elementi che hanno fatto scattare il fermo, eseguito dagli agenti della Digos. Questa notte, infatti, il nucleo antiterrorismo della procura di Palermo ha ordinato decine di perquisizioni in tutta la provincia: ed è proprio nel capoluogo che gli investigatori hanno fermato Giacomo Piran, 44 anni, ex ufficiale dell’esercito che secondo le prime indiscrezioni ha dei precedenti penali per violenza.
Nell’abitazione di Piran gli investigatori hanno trovato comuni munizioni calibro 9, ma anche proiettili calibro 7 e 65, cioè gli stessi utilizzati dalle forze armate Nato. Nelle disponibilità di Piran c’era persino un manuale d’istruzioni per costruire un fucile a pompa, più decine di documenti in lingua araba. Sequestrato anche materiale informatico che collegherebbe l’uomo ad una cellula dell’estremismo islamico.
Le indagini sono coordinate dal pool antiterrorismo della procura palermitana, composto dall’aggiunto Leonardo Agueci e dai sostituti Gery Ferrara, Sergio Barbiera, Emanuele Ravaglioli e Claudio Camilleri. Da alcuni mesi gli inquirenti monitorano la situazione all’interno della comunità islamica siciliana. Piran era sotto osservazione da alcune settimane, perché molto vicino ai cosiddetti “convertiti”, cioè gli italiani che aderiscono all’Islam. Al centro dell’inchiesta c’è la moschea di Villabate, una piccola cittadina alle porte di Palermo.
L’indagine della procura siciliana comincia nell’ottobre scorso, quando un dettagliatissimo dossier dell’intelligence antiterrorismo segnalava la presenza sul territorio di cinque persone, originarie della Siria e della Libia, indicate come appartenenti all’Isis, l’Islamic State of Iraq and Syria. Secondo l’intelligence i cinque erano sbarcati sulle coste siciliane mischiandosi agli altri migranti arrivati dalla Libia: nello smartphone avevano memorizzato alcune fotografie in cui apparivano abbigliati in assetto da guerra, reggendo in mano fucili di tipo kalashnikov.
Ma non solo. Agli atti degli inquirenti palermitani ci sono anche altre fotografie: ritraggono alcuni giovani, residenti in Sicilia, simpatizzanti dell’autoproclamato Califfato che sventolano la bandiera nera dell’Isis. Sullo sfondo un panorama che somiglia molto ad alcune zone del Catanese. Possibile che la bandiera dell’Isis sia già arrivata in Sicilia? Secondo i dossier top secret inviati dall’intelligence anti terrorismo, l’Isola più a sud d’Europa è la via d’accesso privilegiata per eventuali emissari di cellule estremiste di jihadisti.
La foto con i fucili, invece, potrebbero essere, sempre secondo gli analisti dell’intelligence, un segno di riconoscimento per i basisti che si ritrovano in Europa. È per questo che le indagini della procura palermitana proseguono a tappe forzate, parallelamente a quelle dell’ufficio inquirente di Catania. Anche la procura etnea, la settimana scorsa, aveva tratto in arresto un sospetto. Mercoledì scorso all’aeroporto Vincenzo Bellini la polizia aveva fermato un albanese di trent’anni: viaggiava con documenti falsi, era diretto a Londra e in una pen drive custodiva alcune foto mentre reggeva un kalashnikov. Esattamente lo stesso copione finora già visto nel resto dell’Isola. Solo che nel caso di Piran le munizioni c’erano davvero.