Era così verde, il verde, a Cuba. Ed era così forte il vento quando Tomas Milian se la lasciò alle spalle per andare lontano. All’epoca la gente dell’isola, dice l’attore a quasi ottantadue anni “inseguiva l’osso” come una muta di cani e di identico ad allora, è rimasta solo la vecchia palma di casa Milian. Quella cresciuta all’ombra del portone. Quella “senza spazio”. Costretta, compressa e nonostante tutto viva, esattamente come ‘Tomì’. Appoggiandosi al bastone e alla memoria, neanche fosse un personaggio di Laurent Cantet, il commissario Nico Giraldi è tornato a L’Avana. Al mare, ai cornicioni sbreccati, alla musica, alla nostalgia. L’aveva abbandonata alla fine degli anni ’50 e l’ha rivista grazie al regista pugliese Giuseppe Sansonna, esegeta di Carmelo Bene e del pallone eretico (suo il magnifico Zemanlandia), autore di un documentario originale e brutalmente sincero in cui come da titolo, “L’Amleto cubano” ripercorre il rapporto di Milian con le origini.
Il padre, generale del regime di Machado, suicida di fronte ai suoi occhi nell’ultimo giorno del 1945 quando Tomas ha solo dodici anni e già molte cinghiate sulla schiena: “Il vecchio era un animale, ma quel colpo di pistola me lo porto ancora dentro”. E poi la zia mecenate, la partenza per gli States, la gavetta, il mestiere interpretato generosamente. Senza pudore o sensi di colpa. Senza rinnegare nulla.
Dietro l’angolo c’erano Visconti o Spielberg e a ondate diseguali, in una carriera lunghissima – non si vive di sola arte – anche il contratto giusto: “Perché ho sempre avuto il cuore a sinistra e il portafogli a destra. E quando la tasca è vuota, il cuore piange. Avrei potuto girare solo film di stampo intellettuale. Essere un marito che osserva la moglie mentre la goccia, in un eterno piano sequenza, cade dal rubinetto. Ma non volevo fare a me stesso e agli altri due palle così. Desideravo portare sullo schermo l’uomo comune, fare incursioni nelle narrazioni spudoratamente commerciali, farmi amare al di là delle messe in scena cervellotiche”. La barba bianca, il basco sempre in testa, i vicoli di Cuba in cui Milian balla al ritmo dei tristi tropici e le confessioni in camera.
“Sono sempre stato un rompicoglioni” dice Tomas e quando Sansonna gli fa notare che con il tempo si è addolcito, il figlio di Lola, si ricorda di essere stato a sua volte un padre dell’improvvisazione e della risposta sapida: “Se sono diventato un fiore è solo perché ho piantato troppe grane in precedenza”. Il tono è crepuscolare. Quasi testamentario. Non ci sono filtri tra azione, pensiero e poesia. Nel flusso catartico, Milian si libera dei debiti, dei crediti, delle ascendenze. Ripercorrere la strade del passato ammette: “È come guardarsi allo specchio”. E nello specchio, accade a chiunque, si riflettono soprattutto le immagini di ieri. Tra essere e non essere, l’Amleto cubano ha scelto di non crescere: “Non ho mai saputo essere bambino e non ho mai capito cosa volesse dire essere uomo. Dodici anni avevo e a all’età di dodici anni sono rimasto. Credo ancora che gli asini volino e ho trasformato la fantasia del cinema nella mia realtà quotidiana”.
Il sogno ad occhi aperti di Tomas, prese il largo in un cinema di Cuba: “Proiettavano La Valle dell’Eden, vedevo James Dean e mi identificavo nella sua storia di figlio incompreso. Mi informai e seppi che aveva frequentato l’Actors Studio. Andai da mia zia Carmita, una borghese illuminata e una donna intelligente e le confidai le mie aspirazioni. In famiglia parlare di recitazione equivaleva a bestemmiare. L’attore era considerato un poco di buono, un maricòn, un frocetto. Mia zia però capì e prima di aiutarmi economicamente, mi avvertì: ‘Che sogni davvero Tomì? Vuoi fare la vita del playboy che si alza di pomeriggio e stravizia fino all’alba? Che film noioso sarebbe, figlio mio. Se vuoi fare veramente l’attore devi affrontare tutte le esperienze dell’uomo comune. Devi sporcarti le mani per mantenerti e sentire sulla pelle quanto ferisca il compromesso’”. E Tomas Milian, sozzò le dita sue senza moralismi né reti di protezione: Ho fatto qualunque lavoro, prostituzione compresa. Ero bisessuale, una specie di marchettaro. Una notte di qua e l’altra di là. Un divano, un piatto di patatine e io andavo senza chiedere perché”. Bussò anche alla porta dell’Actors Studio e il principio non fu consolante: “Mi guardarono come un selvaggio: ‘Cosa vuole questo tipo che è appena sceso dall’albero con il cocco in mano e vuole entrare nel tempio della recitazione?’”. Invece lo presero. Nei giorni di Natale del ’57. E Milian non si fermò più.
Sansonna gli fa rivedere una scena di Tepepa. Milian parla di rivoluzione senza l’enfasi del film. Ha conservato ironia. Sguardo lucido. Invidiabile capacità di descriversi: “Avrei voluto essere rivoluzionario, ma sono stato più furbo. Non sono finito in carcere e la mia rivoluzione l’ho fatta al cinema”. L’autoscatto, mentre i bambini giocano al sole di Cuba, è un raggio onesto. “Eccomi, sono un uomo pieno di sentimenti, dentro di me si agitano il ladro, il bandito, l’avanzo di galera, l’uomo che ama, l’uomo che odia, l’uomo che rimane indifferente. Ho un archivio infinito. Recitare mi ha insegnato questo. Non si è mai soltanto una cosa. Per scegliere cosa essere, mi basta aprire lo scaffale dei sentimenti, cercare il fascicolo adatto alla parte, dimenticare il prima e il dopo”.
Ne L’Amleto cubano (prodotto anche grazie all’apporto decisivo della Ixco, di Pietro De Martin, di Enzo Sallustro di Rai Movie, atteso adesso da molti Festival) Sansonna segue Milian mentre si stende sugli scogli, bordeggia i cimiteri o scruta l’orizzonte di una stanza d’albergo. Dall’alto l’Avana è una città diversa da quella che si incontra nelle cartoline. E Tomas un uomo nuovo. Una bella faccia. Una persona che non ha paura di piangere. Di ridere. Di mostrarsi libero e senza catene. Con il vento in faccia e le stagioni in valigia, senza più dubbi amletici, dilemmi irrisolvibili o passaporti ingialliti da perenne apolide senza una patria certa.
Tomas Milian nasce a L’Avana (Cuba) il 3 marzo 1933 da Lola e Tomás, generale del regime di Gerardo Machado. Nel 1957 si trasferisce negli Stati Uniti dove comincia una carriera inarrestabile fatta di cinema, teatro, televisione e musica. Negli anni ‘70 arriva il grande successo con i film polizieschi all’italiana, stroncati dalla critica dell’epoca e oggi diventati dei cult movie.
Il Fatto Quotidiano, Lunedì 12 gennaio 2015
Il Fatto del Lunedì
Tomás Milián: “La mia unica rivoluzione è stata al cinema”
La zia mecenate, la partenza per gli States, la gavetta, il mestiere interpretato generosamente. Senza pudore o sensi di colpa. Senza rinnegare nulla. In “L’Amleto cubano” il regista Giuseppe Sansonna ripercorre il rapporto di Milian con le sue origini, a Cuba
Era così verde, il verde, a Cuba. Ed era così forte il vento quando Tomas Milian se la lasciò alle spalle per andare lontano. All’epoca la gente dell’isola, dice l’attore a quasi ottantadue anni “inseguiva l’osso” come una muta di cani e di identico ad allora, è rimasta solo la vecchia palma di casa Milian. Quella cresciuta all’ombra del portone. Quella “senza spazio”. Costretta, compressa e nonostante tutto viva, esattamente come ‘Tomì’. Appoggiandosi al bastone e alla memoria, neanche fosse un personaggio di Laurent Cantet, il commissario Nico Giraldi è tornato a L’Avana. Al mare, ai cornicioni sbreccati, alla musica, alla nostalgia. L’aveva abbandonata alla fine degli anni ’50 e l’ha rivista grazie al regista pugliese Giuseppe Sansonna, esegeta di Carmelo Bene e del pallone eretico (suo il magnifico Zemanlandia), autore di un documentario originale e brutalmente sincero in cui come da titolo, “L’Amleto cubano” ripercorre il rapporto di Milian con le origini.
Il padre, generale del regime di Machado, suicida di fronte ai suoi occhi nell’ultimo giorno del 1945 quando Tomas ha solo dodici anni e già molte cinghiate sulla schiena: “Il vecchio era un animale, ma quel colpo di pistola me lo porto ancora dentro”. E poi la zia mecenate, la partenza per gli States, la gavetta, il mestiere interpretato generosamente. Senza pudore o sensi di colpa. Senza rinnegare nulla.
Dietro l’angolo c’erano Visconti o Spielberg e a ondate diseguali, in una carriera lunghissima – non si vive di sola arte – anche il contratto giusto: “Perché ho sempre avuto il cuore a sinistra e il portafogli a destra. E quando la tasca è vuota, il cuore piange. Avrei potuto girare solo film di stampo intellettuale. Essere un marito che osserva la moglie mentre la goccia, in un eterno piano sequenza, cade dal rubinetto. Ma non volevo fare a me stesso e agli altri due palle così. Desideravo portare sullo schermo l’uomo comune, fare incursioni nelle narrazioni spudoratamente commerciali, farmi amare al di là delle messe in scena cervellotiche”. La barba bianca, il basco sempre in testa, i vicoli di Cuba in cui Milian balla al ritmo dei tristi tropici e le confessioni in camera.
“Sono sempre stato un rompicoglioni” dice Tomas e quando Sansonna gli fa notare che con il tempo si è addolcito, il figlio di Lola, si ricorda di essere stato a sua volte un padre dell’improvvisazione e della risposta sapida: “Se sono diventato un fiore è solo perché ho piantato troppe grane in precedenza”. Il tono è crepuscolare. Quasi testamentario. Non ci sono filtri tra azione, pensiero e poesia. Nel flusso catartico, Milian si libera dei debiti, dei crediti, delle ascendenze. Ripercorrere la strade del passato ammette: “È come guardarsi allo specchio”. E nello specchio, accade a chiunque, si riflettono soprattutto le immagini di ieri. Tra essere e non essere, l’Amleto cubano ha scelto di non crescere: “Non ho mai saputo essere bambino e non ho mai capito cosa volesse dire essere uomo. Dodici anni avevo e a all’età di dodici anni sono rimasto. Credo ancora che gli asini volino e ho trasformato la fantasia del cinema nella mia realtà quotidiana”.
Il sogno ad occhi aperti di Tomas, prese il largo in un cinema di Cuba: “Proiettavano La Valle dell’Eden, vedevo James Dean e mi identificavo nella sua storia di figlio incompreso. Mi informai e seppi che aveva frequentato l’Actors Studio. Andai da mia zia Carmita, una borghese illuminata e una donna intelligente e le confidai le mie aspirazioni. In famiglia parlare di recitazione equivaleva a bestemmiare. L’attore era considerato un poco di buono, un maricòn, un frocetto. Mia zia però capì e prima di aiutarmi economicamente, mi avvertì: ‘Che sogni davvero Tomì? Vuoi fare la vita del playboy che si alza di pomeriggio e stravizia fino all’alba? Che film noioso sarebbe, figlio mio. Se vuoi fare veramente l’attore devi affrontare tutte le esperienze dell’uomo comune. Devi sporcarti le mani per mantenerti e sentire sulla pelle quanto ferisca il compromesso’”. E Tomas Milian, sozzò le dita sue senza moralismi né reti di protezione: Ho fatto qualunque lavoro, prostituzione compresa. Ero bisessuale, una specie di marchettaro. Una notte di qua e l’altra di là. Un divano, un piatto di patatine e io andavo senza chiedere perché”. Bussò anche alla porta dell’Actors Studio e il principio non fu consolante: “Mi guardarono come un selvaggio: ‘Cosa vuole questo tipo che è appena sceso dall’albero con il cocco in mano e vuole entrare nel tempio della recitazione?’”. Invece lo presero. Nei giorni di Natale del ’57. E Milian non si fermò più.
Sansonna gli fa rivedere una scena di Tepepa. Milian parla di rivoluzione senza l’enfasi del film. Ha conservato ironia. Sguardo lucido. Invidiabile capacità di descriversi: “Avrei voluto essere rivoluzionario, ma sono stato più furbo. Non sono finito in carcere e la mia rivoluzione l’ho fatta al cinema”. L’autoscatto, mentre i bambini giocano al sole di Cuba, è un raggio onesto. “Eccomi, sono un uomo pieno di sentimenti, dentro di me si agitano il ladro, il bandito, l’avanzo di galera, l’uomo che ama, l’uomo che odia, l’uomo che rimane indifferente. Ho un archivio infinito. Recitare mi ha insegnato questo. Non si è mai soltanto una cosa. Per scegliere cosa essere, mi basta aprire lo scaffale dei sentimenti, cercare il fascicolo adatto alla parte, dimenticare il prima e il dopo”.
Ne L’Amleto cubano (prodotto anche grazie all’apporto decisivo della Ixco, di Pietro De Martin, di Enzo Sallustro di Rai Movie, atteso adesso da molti Festival) Sansonna segue Milian mentre si stende sugli scogli, bordeggia i cimiteri o scruta l’orizzonte di una stanza d’albergo. Dall’alto l’Avana è una città diversa da quella che si incontra nelle cartoline. E Tomas un uomo nuovo. Una bella faccia. Una persona che non ha paura di piangere. Di ridere. Di mostrarsi libero e senza catene. Con il vento in faccia e le stagioni in valigia, senza più dubbi amletici, dilemmi irrisolvibili o passaporti ingialliti da perenne apolide senza una patria certa.
Tomas Milian nasce a L’Avana (Cuba) il 3 marzo 1933 da Lola e Tomás, generale del regime di Gerardo Machado. Nel 1957 si trasferisce negli Stati Uniti dove comincia una carriera inarrestabile fatta di cinema, teatro, televisione e musica. Negli anni ‘70 arriva il grande successo con i film polizieschi all’italiana, stroncati dalla critica dell’epoca e oggi diventati dei cult movie.
Il Fatto Quotidiano, Lunedì 12 gennaio 2015
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Roma, 13 mar. (Adnkronos) - Il governo è "determinato" a contrastare l'evasione fiscale e allo stesso tempo alleggerire la pressione sui contribuenti onesti. Per il taglio delle tasse al ceto medio bisognerà aspettare gli esiti a fine marzo della verifica della commissione tecnica sullo stock dei debiti fiscali da 1.275 miliardi di euro. Il nuovo corso del governo per le verifiche ex ante, intanto, sta portando i primi frutti con un calo del 19% dei contenziosi nei primi due mesi dell'anno. Nel suo intervento alla cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario tributario 2025 alla Camera il viceministro al Mef Maurizio Leo si è soffermato su punti fermi e benefici attesi dalla riforma fiscale.
"Il tema dell'evasione fiscale è sotto gli occhi di tutti, abbiamo un tax gap che oscilla tra 80 e 100 miliardi e dobbiamo assolutamente contrastarlo, come pure la pressione fiscale su cui il governo si è mosso con determinazione, riducendo aliquote da 4 a 3 e rendendo strutturale questa misura cui si aggiunge il taglio del cuneo", ha sottolineato Leo. Accanto a questi due pilastri della lotta all'evasione e della riduzione della pressione fiscale, anche quello della semplificazione e della certezza del diritto, pilastro fondamentale quest'ultimo per "contrastare fenomeni illeciti, ma al tempo stesso attrarre capitali da estero", ha aggiunto.
Il tutto rafforzando 'l'arsenale' ex ante per indirizzare su un percorso di collaborazione i rapporti tra Stato e contribuente. In questa cornice il concordato preventivo biennale e della cooperative compliance stanno portando i primi frutti: nei primi due mesi del 2025 rispetto ai primi due mesi del 2024 c'è stata "una contrazione del contenzioso tributario" con un calo "del 19% dei nuovi giudizio incardinati", ha detto Leo, rilevando che "in alcune corti del Sud il calo si attesta addirittura al 50%".
Si attende per fine mese l'esito della requisitoria tecnica sullo stock dei crediti non riscossi dall'amministrazione fiscale. La Commissione tecnica, istituita presso il Mef sul riordino della riscossione e l'analisi del magazzino in carico all'Agenzia delle entrate-Riscossione "sta facendo la ricognizione e all'esito di questo faremo le opportune valutazioni, penso che entro fine mese avremo dei riscontri", ha detto Leo.
La verifica sui carichi renderà più chiaro il quadro su quanti possono essere abbandonati, quanti gestiti in modo differente e quanti possono, eventualmente, essere oggetto di una rottamazione. Considerando che la montagna dello stock ammonta a 1.275 miliardi e che circa tre quarti sono debito sotto i mille euro si aprirebbero ampie chances di recupero. Ma la prudenza è d'obbligo, visto che molte appartengono a soggetti defunti o falliti.
Dalle risorse eventualmente disponibili si capirà se possibile procedere al taglio Irpef per i redditi fino a 50-60mila euro. "Vediamo le risorse e come si può fare", ha risposto Leo interpellato sulla questione. Al momento il governo può contare sugli 1,6 miliardi del gettito del concordato preventivo biennale che si è chiuso a dicembre scorso a cui andrebbero aggiunti gli incassi del ravvedimento speciale che scade il 31 marzo prossimo.
Roma, 13 mar. (Adnkronos) - Il governo è "determinato" a contrastare l'evasione fiscale e allo stesso tempo alleggerire la pressione sui contribuenti onesti. Per il taglio delle tasse al ceto medio bisognerà aspettare gli esiti a fine marzo della verifica della commissione tecnica sullo stock dei debiti fiscali da 1.275 miliardi di euro. Il nuovo corso del governo per le verifiche ex ante, intanto, sta portando i primi frutti con un calo del 19% dei contenziosi nei primi due mesi dell'anno. Nel suo intervento alla cerimonia di inaugurazione dell'anno giudiziario tributario 2025 alla Camera il viceministro al Mef Maurizio Leo si è soffermato su punti fermi e benefici attesi dalla riforma fiscale.
"Il tema dell'evasione fiscale è sotto gli occhi di tutti, abbiamo un tax gap che oscilla tra 80 e 100 miliardi e dobbiamo assolutamente contrastarlo, come pure la pressione fiscale su cui il governo si è mosso con determinazione, riducendo aliquote da 4 a 3 e rendendo strutturale questa misura cui si aggiunge il taglio del cuneo", ha sottolineato Leo. Accanto a questi due pilastri della lotta all'evasione e della riduzione della pressione fiscale, anche quello della semplificazione e della certezza del diritto, pilastro fondamentale quest'ultimo per "contrastare fenomeni illeciti, ma al tempo stesso attrarre capitali da estero", ha aggiunto.
Il tutto rafforzando 'l'arsenale' ex ante per indirizzare su un percorso di collaborazione i rapporti tra Stato e contribuente. In questa cornice il concordato preventivo biennale e della cooperative compliance stanno portando i primi frutti: nei primi due mesi del 2025 rispetto ai primi due mesi del 2024 c'è stata "una contrazione del contenzioso tributario" con un calo "del 19% dei nuovi giudizio incardinati", ha detto Leo, rilevando che "in alcune corti del Sud il calo si attesta addirittura al 50%".
Si attende per fine mese l'esito della requisitoria tecnica sullo stock dei crediti non riscossi dall'amministrazione fiscale. La Commissione tecnica, istituita presso il Mef sul riordino della riscossione e l'analisi del magazzino in carico all'Agenzia delle entrate-Riscossione "sta facendo la ricognizione e all'esito di questo faremo le opportune valutazioni, penso che entro fine mese avremo dei riscontri", ha detto Leo.
La verifica sui carichi renderà più chiaro il quadro su quanti possono essere abbandonati, quanti gestiti in modo differente e quanti possono, eventualmente, essere oggetto di una rottamazione. Considerando che la montagna dello stock ammonta a 1.275 miliardi e che circa tre quarti sono debito sotto i mille euro si aprirebbero ampie chances di recupero. Ma la prudenza è d'obbligo, visto che molte appartengono a soggetti defunti o falliti.
Dalle risorse eventualmente disponibili si capirà se possibile procedere al taglio Irpef per i redditi fino a 50-60mila euro. "Vediamo le risorse e come si può fare", ha risposto Leo interpellato sulla questione. Al momento il governo può contare sugli 1,6 miliardi del gettito del concordato preventivo biennale che si è chiuso a dicembre scorso a cui andrebbero aggiunti gli incassi del ravvedimento speciale che scade il 31 marzo prossimo.
Palermo, 13 mar. (Adnkronos) - All'alba di oggi i Carabinieri del Comando Provinciale di Messina e i Finanzieri dei Comandi Provinciali di Catania e Messina hanno effettuato una vasta operazione nelle Province di Messina e Catania, con l’esecuzione di misure cautelari emesse dai Gip dei Tribunali del capoluogo peloritano e di quello etneo, su richiesta delle rispettive Procure, nei confronti 39 persone, a vario titolo indagate, per associazione a delinquere di stampo mafioso, associazione finalizzata al narcotraffico, numerosi episodi di spaccio di stupefacenti, estorsione, rapina, accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti - tutti reati aggravati ai sensi dell’art. 416-bis.1 del codice penale "poiché commessi con metodo mafioso o con il fine di agevolare il clan Cappello-Cintorino' e trasferimento fraudolento di valori.
Le due ordinanze sono il risultato dello stretto coordinamento investigativo attuato tra gli Uffici Giudiziari di Catania e di Messina, sotto la supervisione della Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo, al fine di monitorare più efficacemente le persistenti attività, anche di sfruttamento economico del territorio, proprie dei citati clan per effetto delle cointeressenze nei territori “di confine” delle due province.
I particolari dell’operazione saranno forniti nel corso di una conferenza stampa che sarà tenuta alle ore 10:30, presso il Palazzo di Giustizia di Messina (via Tommaso Cannizzaro).
Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - "Affronterò il processo con la massima serenità e con la consapevolezza di poter dimostrare la correttezza del mio operato, avendo sempre agito nel pieno rispetto del regolamento previsto dall’Assemblea Regionale Siciliana. Non ho mai, nella mia vita, sottratto un solo centesimo in modo indebito e confido che nel corso del giudizio emergerà la verità, restituendo chiarezza e trasparenza alla mia posizione. Resto fiducioso nella giustizia e determinato a far valere le mie ragioni con il rispetto e la serietà che ho sempre riservato alle istituzioni". Così Gianfranco Miccichè, rinviato a giudizio per l'uso dell'auto blu, commenta il processo che partirà a luglio. "Sono però amareggiato da quanto la stampa riporta sul fatto che, secondo il pm avrei arraffato quanto più possibile- dice - Nella mia vita non ho mai arraffato alcun che e su questo pretendo rispetto da parte di tutti".
Palermo, 12 mar. (Adnkronos) - L'ex Presidente dell'Assemblea regionale siciliana Gianfranco Miccichè è stato rinviato a giudizio con l'accuaa di peculato e concorso in truffa aggravata il. La prima udienza del processo si terrà il 7 luglio davanti alla terza sezione del tribunale di Palermo. Secondo l'accusa il politico, ex viceministro dell'Economia, avrebbe usato l'auto blu in dotazione, in quanto ex Presidente dell'Ars, per fini personali. In particolare avrebbe usato, non per fini istituzionali, l’Audi della Regione, per una trentina di volte, tra marzo e novembre del 2023, anche per fare visite mediche, e persino per andare dal veterinario con il gatto. Avrebbe fatto salire sull'auto anche componenti della sua segreteria e familiari.
Il suo ex autista, Maurizio Messina, che ha scelto il rito abbreviato, è stato invece condannato dal giudice per l’udienza preliminare Marco Gaeta a un anno e mezzo di carcere per truffa, più sei mesi con l'accusa di avere sottratto la somma che gli era stata sequestrata durante le indagini.
Milano, 12 mar. (Adnkronos) - La Corte di Assise di Appello di Milano ha assolto, ribaltando la sentenza a sette anni inflitta in primo grado, Salvatore Pace per il concorso nell'omicidio di Umberto Mormile, l'educatore del carcere di Opera ammazzato l'11 aprile 1990. Il delitto fu rivendicato dalla Falange Armata, organizzazione terroristica sulla quale gravitavano mafiosi, 'ndranghetista e componenti dei servizi segreti deviati. Mormile, 34 anni, venne assassinato a Carpiano, nel Milanese, mentre andava al lavoro, quando due individui in sella a una moto esplosero contro di lui sei colpi di pistola. Secondo l'accusa, Pace, 69 anni, diventato collaboratore di giustizia, si sarebbe messo a disposizione dei mandanti dell'omicidio. "Attendo di leggere le motivazioni" è il commento dell'avvocato Fabio Rapici, legale di alcuni dei familiari della vittima.
Roma, 12 mar (Adnkronos) - La Difesa europea non salva il Pd. Anzi, lo spacca. A Strasburgo, al momento del voto sul piano ReArmEu, gli europarlamentari dem si sono divisi: 10 favorevoli e 11 astenuti. Non un banale testa a testa, che già sarebbe una notizia, ma una spaccatura politica. La prima, almeno così evidente, nella gestione di Elly Schlein. I riformisti dem, infatti, si sono tutti schierati per il sì. Mentre sino all'ultimo istante il capo delegazione Nicola Zingaretti ha lavorato per portare il gruppo sull'astensione in modo da disinnescare ogni tentazione a votare no. Ma la frattura non si è ricomposta.
Dopo il voto, la segretaria dem ha tenuto il punto, confermando le "molte critiche" avanzate su ReArmEu: "Quel piano va cambiato" e per farlo "continueremo a impegnarci ogni giorno", ha detto tra le altre cose. Ma l'onda del voto sulla Difesa Ue è arrivata fino al Nazareno, aprendo una discussione interna al partito in cui è riemersa anche la parola 'magica' Congresso. La foto di Strasburgo, del resto, è netta. Per il sì si sono schierati Stefano Bonaccini (il presidente del partito), Antonio Decaro, Giorgio Gori, Elisabetta Gualmini, Giuseppe Lupo, Pierfrancesco Maran, Alessandra Moretti, Pina Picierno, Irene Tinagli, Raffaele Topo.
Tra gli astenuti Zingaretti, Lucia Annunziata, Brando Benifei, Annalisa Corrado, Camilla Laureti, Dario Nardella, Matteo Ricci, Sandro Ruotolo, Cecilia Strada, Marco Tarquinio, Alessandro Zan. Dalle tabelle dell'aula emerge tra l'altro che nel gruppo S&D gli unici ad astenersi sono stati gli italiani più un bulgaro, un irlandese e uno sloveno. Per non farsi mancare nulla, c'è stato anche il 'giallo' Annunziata, inizialmente conteggiata tra i sì e poi conteggiata come astenuta.
(Adnkronos) - Mentre a Strasburgo i più maliziosi hanno enfatizzato non solo la presenza di Nardella tra gli astenuti, ma soprattutto quella di Strada e Tarquinio: apertamente contrari al Piano Ue, alla vigilia erano dati certi tra i no. "C'è stato l'aiutino per non far vincere il sì", ha valutato un eurodeputato dem. Lo stesso Tarquinio, del resto, a Un giorno da pecora ha ammesso: "Se avessi votato no sarebbe mancato quel po' di più che ha consentito alla delegazione Pd di avere la maggioranza pro Elly Schlein".
"E' stata sconfitta la linea dell'astensione? E' stato sconfitto il no, perché si partiva dal no", è stata la valutazione di Lia Quartapelle. La deputata dem è stata tra quelli che hanno subito chiesto l'apertura di un confronto interno. "Dobbiamo dimostrarci all'altezza. Il Pd, un grande partito, deve argomentare dove vuole stare con una discussione che sino ad oggi non c'è stata", ha spiegato. Sulla stessa linea Piero Fassino e anche Marianna Madia: "Abbiamo la necessità di discutere e capire. Non possiamo fare tutto questo stando zitti o con un mezzo voto. Congresso o Direzione? Va bene tutto, basta che ci sia una discussione", ha detto la deputata.
Ai riformisti ha risposto Laura Boldrini: "Mi sarei aspettata che il gruppo del Pd al Parlamento europeo votasse compatto sull'astensione, che è la strada trovata dalla segretaria Schlein. Non è il momento di alimentare divisioni". Ma anche nell'area di maggioranza interna non è mancata la chiamata al confronto: "E' giusto che ci sia una discussione seria. E' una responsabilità che abbiamo tutti ed è interesse della segretaria, che io sostengo, che questa discussione si faccia nelle forme e con la rapidità necessarie", ha detto Gianni Cuperlo. Mentre è stato Andrea Orlando a chiedere un Congresso tematico: "Potrebbe essere utile anche per portare la discussione fuori dal solo gruppo dirigente" e per "chiarirsi le idee".