L'uomo Mediaset cerca di piegare i veti di Berlusconi sul giudice costituzionale indicato da Renzi per il Colle: "Il patto conviene alle aziende". Se ci fosse l'intesa con Fi e l'area di Alfano l'ex ministro Dc, su cui punta ufficialmente il Pd, avrebbe sulla carta anche i voti per passare con la maggioranza qualificata, ma il premier non vuole rischiare. Anzi, vuole fare presto: ipotesi scrutinio a notte fonda venerdì
Mattarella sarà pure colui che si dimise per non votare in consiglio dei ministri la legge Mammì. Ma il patto del Nazareno fa bene alle aziende di famiglia. Così in queste ore il più influente ambasciatore di Matteo Renzi presso Silvio Berlusconi è diventato Fedele Confalonieri. L’accordo con il Pd conviene, sempre. Quindi votare insieme Sergio Mattarella comporterebbe più vantaggi che pericoli. Il presidente del Consiglio è apparso così deciso da utilizzare il canale meno politico per farsi ascoltare dall’ex Cavaliere e far cadere il veto sul giudice della Consulta e le pretese su Giuliano Amato e addirittura Pierferdinando Casini. Il presidente di Mediaset smentisce un incontro con il premier: “L’ipotesi mi lusinga ma non corrisponde a realtà: ‘Domine non sum dignus'”. Tuttavia la circostanza che risulta a ilfattoquotidiano.it è che Confalonieri stia cercando di convincere Berlusconi.
Al Corriere della Sera – alla fine di una giornata di consultazioni che ha visto passare a Palazzo Chigi Pierluigi Bersani, Berlusconi, lo stesso Casini, Nichi Vendola, una delegazione di 25 fuoriusciti dal M5 – il leader del Pd dice che “se tutto andrà bene Mattarella sarà il dodicesimo presidente della Repubblica”. Un’operazione che definisce “seria e difficile, perché comporta dei rischi. Ma per quanto mi riguarda è chiusa”. Grazie a questa sicurezza il vicesegretario del Pd Lorenzo Guerini nella tarda serata della vigilia del primo scrutinio finalmente pronuncia il nome del candidato Pd, Mattarella.
Nella prima votazione, come annunciato da giorni, quasi tutti i principali gruppi parlamentari inseriranno nell’urna la scheda lasciandola bianca. Sulla carta, se Berlusconi e Alfano accettassero il nome di Mattarella, ci sarebbero tutte le possibilità di eleggere il giudice costituzionale ed ex ministro Dc anche in uno degli scrutini che prevede il quorum dei due terzi: Renzi, infatti, ha incassato ieri il sostegno di 25 ex M5s e della minoranza Pd (il che presuppone una compattezza dei 446 grandi elettori del Pd), mentre potrebbe contare quasi sicuramente su molti dei voti delle forze centriste (Popolari per l’Italia, Scelta Civica), su quelli del gruppo delle Autonomie. Non solo: Vendola ha detto che il perno su cui si gioca sarà il fatto che la figura da votare dovrà essere un “garante della Costituzione” (e chi meglio di un giudice della Consulta). Insomma se il centrodestra cedesse alle pressioni di Renzi il conto banale e nemmeno tanto realistico (perché presuppone che tutti i gruppi votino senza franchi tiratori) arriverebbe a oltre 800 voti a disposizione. Ma il rischio sarebbe troppo alto: il nome di Mattarella potrebbe essere carbonizzato e per Renzi sarebbe tutto da rifare. Meglio aspettare la terza votazione, anche questo in linea teorica.
E per il segretario del Pd è in assoluto il peggiore degli incubi. Non è un caso che i capigruppo democratici stiano per chiedere alla presidente Laura Boldrini di aggiungere uno scrutinio nella giornata di venerdì (portandoli così da due a tre) per evitare scherzi con la pausa domenicale. Sul punto deciderà la conferenza dei capigruppo in programma alle 12. Al sabato si potrebbe arrivare – se qualcosa andasse storto – fino al sesto scrutinio: una specie di clausola di sicurezza. Se davvero si votasse tre volte venerdì le operazioni prenderebbero il via a mezzanotte per concludersi a notte fonda. Una proclamazione all’alba sarebbe un inedito.
Nel frattempo l’unico colpo di scena potrebbe arrivare dalle Quirinarie del Movimento Cinque Stelle che si sono aperte sul blog di Beppe Grillo alle 9 e che proseguiranno fino alle 14. Nove le opzioni: Pierluigi Bersani, Raffaele Cantone, Nino Di Matteo, Ferdinando Imposimato, Elio Lannutti, Paolo Maddalena, Romano Prodi, Salvatore Settis, Gustavo Zagrebelsky. Se dovesse vincere un nome tra Romano Prodi e Pierluigi Bersani per Renzi e per il Pd diventerebbe un problema politico. Il deputato Pd Ettore Rosato, intervistato dal Corriere, assicura: “Non cadremo nelle trappole di chi non viene agli incontri e prova a incastrare il Pd” e se anche Pippo Civati lavora per Prodi, Rosato commenta: “Purtroppo c’è qualche mio collega che si presta a giochetti del M5S, danneggiando il Pd e gli stessi candidati”. Di fronte all’ipotesi invece che Prodi cresca nelle prime votazioni, Rosato assicura: “Non ci interessano messaggi dati per gioco o per provocazione, tanto più che nessuno nel M5S ha preso le distanze dall’aggressione di stampo fascista ai parlamentari usciti dal movimento. Sono rimasto sbigottito per il loro silenzio”. Alla domanda se abbia convinto qualche ex grillino a passare nel Pd, il deputato replica: “Non è il mio ruolo, ma perché non dovremmo dialogare con chi sta al merito delle questioni? Non verranno con noi, sono autonomi. Però penso che qualcun altro se ne andrà”.