Economia

Gazprom, l’ucraina Naftogaz fa causa e chiede 6,2 miliardi. Utili a picco

La società energetica lamenta di essere stata danneggiata dalla riduzione dei flussi di metano russo verso l’Europa. La nuova citazione davanti al tribunale arbitrale aggrava i problemi del colosso statale, sui cui bilanci pesano il crollo del petrolio e la debolezza del rublo. Male anche l'anglo-olandese Shell, che taglia gli investimenti per 15 miliardi

Lo scontro nelle aule di tribunale tra la società energetica ucraina Naftogaz e il colosso del gas russo Gazprom sale di livello. Proprio mentre sui big del settore inizia a farsi pesantemente sentire l’effetto del crollo dei prezzi del petrolio – sceso a 44 dollari al barile dai 100 di giugno – gli ucraini hanno infatti avviato una nuova causa davanti alla corte di arbitraggio di Stoccolma. Chiedendo a Gazprom 6,2 miliardi di dollari come risarcimento per la riduzione dei flussi di metano russo verso l’Europa: il transito verso il Vecchio continente è passato dagli 83,9 miliardi di metri cubi del 2013 ai 58,9 dello scorso anno, con conseguente perdita di ricavi per Kiev. La partita, ovviamente, è politica prima ancora che economica, e davanti alla corte svedese pendono già diverse cause incrociate tra le due compagnie, con Gazprom che accusa Naftogaz di aver “rubato” una quota del gas destinata all’Europa per coprire il proprio fabbisogno interno.

L’escalation arriva però in un momento critico per il gigante dell’oil&gas partecipato dal Cremlino, su cui pesano anche le sanzioni occidentali nei confronti dell’industria russa e il crollo del rublo. Giovedì sono stati diffusi i risultati dei primi nove mesi: l’utile netto è crollato a 556,254 miliardi di rubli, circa 7,23 miliardi di euro, il 35,22% in meno rispetto agli 11,16 miliardi di euro dello stesso periodo dell’anno precedente. E non è un caso se il gruppo – non solo per motivi politici – ha cancellato il progetto del gasdotto South Stream, i cui costi di realizzazione erano lievitati rispetto al progetto iniziale.

Ma il barile a buon mercato ha affossato anche i conti di Royal Dutch Shell, prima grande compagnia petrolifera a pubblicare i risultati 2104: l’esercizio si è chiuso con un utile netto in flessione dell’8%, a 15,052 miliardi di dollari rispetto ai 16,371 miliardi del 2013. E nel quarto trimestre l’utile è stato di 3,3 miliardi di dollari, in crescita dai 2,9 dell’anno prima ma nettamente sotto le stime degli analisti che puntavano a 4,1 miliardi. I vertici del gruppo intendono però mantenere invariati i dividendi. Di conseguenza è diventato indispensabile ridurre le uscite e il gruppo anglo-olandese ha deciso di accelerare il piano di riduzione dei costi e varare un taglio draconiano degli investimenti: 15 miliardi di dollari in meno nei prossimi tre anni.

Nel frattempo, il produttore di tubi francese Vallourec ha deciso di avviare svalutazioni delle sue attività per 1-1,2 miliardi di euro alla luce delle nuove turbolenze del mercato. Notizie negative stanno affossando anche i titoli delle società petrolifere ed energetiche quotate a Piazza Affari: in calo EniSaipem Tenaris.