La pizza deve essere inserita nella lista del patrimonio culturale immateriale dell’umanità. Lo sostiene una petizione, lanciata dal presidente della fondazione UniVerde ed ex leader dei Verdi, Alfonso Pecoraro Scanio, che ha raccolto 200mila firme consegnate alla Commissione italiana Unesco. Da quando è partita, a settembre, prima dal Napoli pizza Village e poi su Change.org, con lo scopo di salvaguardare il Made in Italy dalle falsificazioni dei prodotti alimentari, la campagna ha subito avuto un boom di adesioni, tra cui anche quelle di nomi noti dello spettacolo, dello sport e della politica, compresi i ministri dell’Istruzione, dell’Ambiente, e delle Politiche Agricole: Stefania Giannini, Gianluca Galletti e Maurizio Martina.

Secondo la Coldiretti, che ha appoggiato l’iniziativa, all’estero quasi due pizze su tre (63 per cento) sono ottenute da un mix di farina, pomodoro, mozzarelle e olio provenienti da migliaia di chilometri di distanza senza alcuna indicazione per i consumatori. Roberto Moncalvo, presidente dell’organizzazione degli imprenditori agricoli, ha dichiarato che “garantire l’origine nazionale degli ingredienti e le modalità di lavorazione significa difendere un pezzo della nostra storia, ma anche la sua distintività nei confronti della concorrenza sleale”. “Quando un prodotto diventa globalizzato – ha aggiunto Pecoraro Scanio – il rischio è che se ne perda l’origine ed è proprio il caso dell’arte della pizza. In questo modo – ha sottolineato – potremmo difendere le origini della pizza e anche il Made in Italy”.

Hanno sostenuto la petizione anche Gabriele Muccino, Renzo Arbore, Luciana Littizzetto, Ilary Blasy, Jimmy Ghione, Eugenio Bennato, Giorgio Panariello, il fondatore di Eataly Oscar Farinetti, Frank Carpentieri di Made in Sud. Tra gli sportivi, i calciatori Totò di Natale, Fabio Quagliarella ma anche l’intera squadra del Pisa. La petizione è stata lanciata anche a Londra e a New York ottenendo la firma di Lidia e Joe Bastianich, Bud Spencer e Natalia Quintavalle, Console generale dell’Italia a New York.

Community - Condividi gli articoli ed ottieni crediti
Articolo Precedente

Tecnologia, via gli smartphone dai luoghi di lavoro

next
Articolo Successivo

Natale: io, Kafka e la Samsung – IV

next