Per le dimensioni della disfatta, è qualcosa che va oltre lo scontato “Silvio stai sereno” che scandisce un gongolante Ignazio La Russa. Per il Pregiudicato è il contrappasso più doloroso ed evidente, che passa di bocca in bocca per centinaia di grandi elettori a spasso per il Transatlantico. Il contrappasso di subire un clamoroso Bunga Bunga dallo Spregiudicato di Palazzo Chigi. Denis Verdini, a Palazzo Grazioli, nelle ore più drammatiche si assume tutta la responsabilità della stangata renziana: “Silvio è tutta colpa mia. Sono stato io a dirti che potevi fidarti di Renzi. Non pensavo che potesse comportarsi da mascalzone. Il colpevole sono io, fate pure di me il vostro capro espiatorio”. Per Silvio Berlusconi l’aggettivo giusto è uno solo stavolta: scioccato. Il Condannato è stordito dal “tradimento” del premier. “Martedì quando abbiamo votato per l’Italicum, giuro che Renzi mi aveva detto di sì per Amato presidente”. Il mercante per eccellenza, B., che si fa fregare da un piazzista più giovane ed esperto di lui nelle trattative.

Quando il consiglio di guerra del berlusconismo prende atto della catastrofe Mattarella, a Palazzo Grazioli c’è il “ministro” di Mediaset, Fedele Confalonieri. La sua presenza è l’ennesima conferma del gigantesco conflitto d’interessi del Pregiudicato. Per il versante giudiziario c’è Niccolò Ghedini. Sono Confalonieri e Gianni Letta, eterno andreottiano, che tentato di scuotere “Silvio” dallo choc. Cercano di farlo ragionare: “Pensa alle aziende, se decidi di rompere tutto, per noi le cose peggioreranno”.

Ancora una volta, B. si trova con le mani legate. Seguire l’istinto dell’amante tradito oppure privilegiare la “roba”? La dinamiche berlusconiane non sono mai state solo politiche. “Silvio” risponde: “Allora vorrà dire che ci penserò su”. Sono le ore in cui si diffonde la voce che Berlusconi sarebbe pronto a dire di sì a Mattarella. A quel punto, in Borsa, il titolo di Mediaset che aveva cominciato in picchiata, meno due punti e mezzo in trentasei minuti, inverte la tendenza e risale, chiudendo a più due e sette. Una perfomance strabiliante di cinque punti in tutto. Piazza Affari ha già dato il suo verdetto: non crede alla rottura del patto del Nazareno.

Al contrario, le voci sul sì a Mattarella vengono stroncate dal portavoce parlamentare del cerchio magico, il capogruppo al Senato Paolo Romani, che annuncia: “Forza Italia non voterà Mattarella”. Lascia comunque aperta una porta con la decisione di votare scheda bianca al quarto e decisivo scrutinio di domani mattina. Il cerchio magico comprende Romani, Toti e la Gelmini, la Rossi e la Pascale. Sono i nemici di Verdini. Anche loro, come i ribelli fittiani, con tono dolente sussurrano al Capo: “Purtroppo è finita come temevamo”. La primogenita Marina si allinea ai duri: “Papà decidi tu, per me non ci sono problemi. Mattarella non può danneggiarci, se vuoi rompere fallo”. Berlusconi è sconvolto. Le trattative sono andate avanti per tutta la notte. Ma Renzi è stato irremovibile su Mattarella. Il Condannato si sfoga: “Ero certo che avessimo condiviso la scelta del capo dello Stato. Il patto prevedeva soprattutto questo. Invece lui non ha voluto sapere ragioni ed è stato violentissimo”. Per la serie: “Se non voti Mattarella ti ritrovi Prodi”. L’ultima telefonata con il premier è per comunicare il no a Mattarella.

Berlusconi prende atto che Renzi è il padrone nel patto del Nazareno. Un padrone che approfitta senza pietà dei punti deboli del socio. È Renzi a tenere in pugno B. e non viceversa. La fotografia è questa. Non solo. L’unico compromesso offerto dal premier potrebbe riguardare solo la salvaguardia della “roba”. Al contrario, il Condannato si era illuso che il patto fosse globale, comprensivo dell’agibilità politica. Già due anni fa, B. bollò Mattarella come “giustizialista più della Bindi”. I due, Berlusconi e Mattarella, ieri si sono sentiti per telefono. Ma non è stato sufficiente. “Mattarella mi ha spiegato che lui non si oppose all’ingresso di Forza Italia nel Ppe”. Minuzie.

Alle quattro del pomeriggio, a urne aperte da un’ora a Montecitorio, Forza Italia riunisce i grandi elettori. Parla solo Berlusconi. Deluso. Amareggiato. Dopo la fase razionale imposta da Confalonieri e Letta, va dritto sulla rottura: “Questo è l’altolà al Nazareno. Combatteremo fino alla fine”. A Minzolini e D’Anna, antirenziani, dice: “Avevate ragione voi”. I ribelli fittiani ostentano sorrisi larghissimi. Sono venti e potrebbero pure votare Mattarella per essere certi dell’elezione dell’ex demitiano oggi alla Corte costituzionale. Discorso a parte per Alfano, l’altro grande beffato. Ncd è un partito ministeriale. Senza poltrone di governo è finito. Berlusconi pranza con Angelino e gli promette: “Se fai cadere il governo, sarai tu il leader del centrodestra”. In serata si alzano però di nuovo i falchi anti-alfaniani, colombe nazarene fino a ieri: “Alfano ha già pugnalato di nuovo B.: trenta di Ncd voteranno per Mattarella”. Adesso l’obiettivo a breve termine, tra oggi e domani, è far vacillare i numeri di Mattarella. Tornato a Milano per i servizi sociali, il Condannato mediterà sul Bunga Bunga subìto da Renzi. Saranno ore dolorose. Un dramma senza fine. Con altri colpi di scena, forse.

Da Il Fatto Quotidiano del 30 gennaio 2015

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