Nuovo Presidente della Repubblica: Mattarella? Poteva andare peggio (ma nulla cambierà)
La candidatura di
Sergio Mattarella è una buona notizia. Poteva andare molto, molto peggio. Basta pensare ad
Amato, Fassino o Finocchiaro. Il fatto che sia una vittoria innegabile di Renzi non vuol certo dire che non sia una notizia mediamente buona per tutti gli italiani.
Mattarella non è Gandhi e neanche Mandela, ma per quel ruolo va bene. Il Fatto Quotidiano, solo o quasi, ha raccontato e sta raccontando (per esempio con Sandra Rizza) le zone d’ombra del suo lungo operato: i 3 milioni di lire (in buoni benzina) accettati nel 1992 dall’imprenditore Filippo Salamone, ritenuto “il costruttore di Cosa Nostra”; le dichiarazioni di pentiti (mai ritenuti attendibili) come Pino Lipari e Giuseppe Liga; le ombre sul padre Bernardo, le indagini sul fratello Antonino e sul nipote Bernardo (figlio del fratello Piersanti, ucciso dalla mafia nel 1980); il ruolo del figlio Bernardo Giorgio, a capo dell’ufficio legislativo della Funzione Pubblica al ministero della Pubblica Amministrazione, quello della Madia, con uno stipendio di 130mila euro.
C’è poi da ricordare come anche Mattarella deporrà al processo sulla trattativa Stato-Mafia. E’ stato chiamato dall’avvocato Basilio Milio, difensore di Mario Mori e Antonio Subranni.
Rispetto a Re Giorgio, è senz’altro un miglioramento. Mattarella si dimise dopo l’approvazione della Legge Mammì (uno dei regali più indecenti di Craxi a Berlusconi) ed è anche quello che salutò quel che restava del Partito Popolare quando Buttiglione (oh mamma mia) consegnò il partito a Berlusconi. Mattarella, democristiano doroteo pupillo di De Mita, è persona perbene: molti di noi hanno miti assai diversi, ma l’Italia ha avuto Presidenti certo peggiori e di Sandro Pertini non ce ne saranno altri. Per certi versi, casomai, Mattarella può ricordare Oscar Luigi Scalfaro.
L’assai probabile elezione di domattina – non credo all’imboscata – è dunque una medio-buona notizia. Che, però, va come sempre contestualizzata. Da ore si leggono e ascoltano peana di Renzi e de profundis di Berlusconi: ma de che? La “mossa straordinaria” di Renzi è, in realtà, una mossa prevedibilissima. Il nome di Mattarella viene fatto da almeno un mese. Era il grande favorito con Amato: non riesco a vedere tutto questo stupore. Per Renzi è il nome perfetto: un nome di pregio ma non ingombrante, una persona non troppo carismatica. Nuova ma non troppo. Mattarella non sarà un soprammobile, ma neanche un Presidente in grado di disturbarlo troppo o di offuscarlo mediaticamente (colpa, quest’ultima, che ha azzerato le chance di Veltroni).
Con lui si cambia, ma non si cambia: un’altra mossa gattopardesca da giovane vecchio democristiano, con la differenza – per una volta positiva – che stavolta non ha partorito una mostruosità (Patto del Nazareno) ma ha tolto dal dimenticatoio una persona perbene.
Bizzarre anche le chiavi di lettura secondo cui Renzi “ha rischiato tantissimo, mettendo a rischio il Nazareno”. Figuriamoci. L’ho raccontato ieri a Otto e mezzo e lo ripeterò stasera: l’elezione di Mattarella non cambia nulla. Renzi è stato costretto a fare questa mossa perché doveva tenere coeso il partito e perché doveva bloccare l’opzione Prodi.
In questo senso, l’elezione di Mattarella è anche una
vittoria dei “dissidenti” Pd e del M5S, perché ha portato Renzi ad abbandonare il progetto Amato e sdoganare Mattarella: non poteva fare altro. Il “rischio” Prodi era per lui inaccettabile. Sapeva che il partito lo avrebbe seguito e sa che Berlusconi, questo Berlusconi, abbaia ma non morde. Il Patto del Nazareno c’era e ci sarà. Tra una settimana, esauriti gli ennesimi inchini dei media a Renzi, saremo sempre qui a parlare di inciuci, annunci che a nulla portano e promesse mai mantenute.
Berlusconi è piccato perché Renzi gli ha rubato la scena e perché oggi deve stare a Cesano Boscone mentre gli altri scrivono la storia, ma non è certo Mattarella a togliergli il sonno. Stiamo assistendo, sostanzialmente, a un gioco delle parti: un grande
gioco delle parti. Bastava guardare ieri Orfini e Lara Comi su
La7: una coppia di finti litiganti, ben consci che sarebbe bastato un bacetto prima della notte per far passare il broncio. Berlusconi non può alzare la voce perché, se si va al voto, prende percentuali imbarazzanti (l’unico che ha chance a destra è Salvini, che crescerà ancora). Alfano ha così pochi elettori che, se domani gli dicono di votare il gatto, lo fa.
Mattarella – ripeto, persona perbene – è la mossa perfetta per lasciare tutto com’è. Basta con questa messa cantata del “colpo mortale a Berlusconi”. E’ un buffetto, al massimo una mattarellata nel capino. Berlusconi, con il suo allievo Matteo, è sempre lì: a riscrivere la Costituzione, a riscrivere la legge elettorale. E – soprattutto – a controllare che Renzi non si inventi leggi realmente contro corruzione e conflitti di interesse. Tra Berlusconi e Renzi, dal disprezzo disinvolto per i giudici all’idea sadica di stato sociale, c’era e ci sarà sintonia. Chi lo nega o è un Picierno o è in malafede. O entrambe.
P.S. Avete notato? Civati si è già calmato e Lerner – che ieri sghignazzava mentre il suo amico Ferrara chiamava “dementi” quelli che partecipano alle Quirinarie M5S – si è già reinventato renziano: ah, che impeto pugnace, questi raffinati Don Abbondio di ultima e quartultima generazione.