Sulla carta i voti per Sergio Mattarella superano la soglia dei 640. Effetto della doppia giravolta di Angelino Alfano che, a 24 ore dal “non possumus” pronunciato sulla scia del feeling ritrovato con Silvio Berlusconi, ha cambiato di nuovo idea virando repentinamente sul “sì” al candidato proposto da Matteo Renzi per il Quirinale. Un’inversione di marcia arrivata dopo che il premier ha messo il leader di Ncd di fronte a un bivio: “Tu sei il ministro dell’Interno, come fai a non votare il capo dello stato?”. Tradotto: votare Mattarella o dimettersi dal Viminale. Una “moral suasion” evidentemente molto convincente, cui si è aggiunta, nel corso di una giornata carica di tensioni interne e con il Pd, anche una telefonata dell’ex capo dello Stato Giorgio Napolitano. E malgrado le resistenze di una parte del partito, l’ex delfino di Berlusconi, ha finito per cedere alle pressioni del presidente del Consiglio.
PALLOTTOLIERE BLINDATO – Con i 75 voti di Ncd, l’elezione di Sergio Mattarella, salvo sorprese, sarebbe praticamente cosa fatta. A favore del giudice costituzionale si sono, infatti, pronunciati il Pd (444 grandi elettori), Sinistra Ecologia e Libertà (33), Scelta Civica e Per l’Italia (45) e il gruppo delle Autonomie (32), un’area composita di cui fanno parte tra gli altri i partiti regionali di Trentino Alto Adige e Val d’Aosta, ma anche il Movimento degli italiani all’estero, i parlamentari Psi e tre senatori a vita (Cattaneo, Rubbia e Napolitano). Così sulla carta siamo a 554. A questi si possono aggiungere alcuni deputati del gruppo misto come Pino Pisicchio e Aniello Formisano, che fanno parte stabilmente del centrosinistra, ma anche alcuni del gruppo di centrodestra Grandi autonomie e libertà. A questi vanno aggiunti i 75 del Nuovo Centrodestra. In questo modo si supera quota 630 che sfiora il 640 con 6 senatori ex M5s. Tuttavia il caos dentro Ncd (la Saltamartini si è dimessa da portavoce, lo stesso ha fatto Sacconi da capogruppo) potrebbe abbassare il pacchetto di voti a favore di Mattarella.
Una quota che dovrebbe mettere al riparo anche dall’incognita dei franchi tiratori. Ne servirebbero, stando ai numeri (sebbene ancora teorici), ben più dei famosi 101 che affossarono Prodi. Nonostante i rischi maggiori, a questo punto, potrebbero arrivare proprio dal partito del premier. Ieri, in Transatlantico, una vecchia volpe del Pd invitava alla cautela: “Ogni film ha una sua trama e una sua sceneggiatura, ma anche i titoli di coda”. Come dire, è nel finale della storia che possono nascondersi le sorprese. E qualche segnale di preoccupazione è arrivato anche dai conteggi delle schede bianche (scese nei tre scrutini progressivamente da 538 a 513) e dei voti dispersi e nulli (saliti da 81 a 97).
IL PIANO B DI RENZI – In ogni caso, il premier aveva comunque pronta una carta di riserva: lanciare la candidatura di Graziano Delrio nell’ipotesi, a questo punto remota, che Mattarella fosse impallinato dai franchi tiratori. Anche grazie al pressing incessante, al limite dell’aut-aut, dei renziani sugli alfaniani. Anticipato in mattinata, da un lungo colloquio in Transatlantico fra Maria Elena Boschi e Maurizio Sacconi (tra i più decisi insieme a Quagliariello, Saltamartini, Lupi e De Girolamo a tenere il punto resistendo alle sirene del premier). Non a caso, al termine del faccia a faccia, l’ex ministro del Lavoro continuava a ribadire la posizione del suo partito: “Voteremo scheda bianca”. Poi, nel pomeriggio, le prime falle avevano iniziato ad aprirsi nel partito di Alfano. Quando Rosanna Scopelliti ha annunciato il suo voto favorevole a Mattarella, auspicando la convergenza di tutto il Parlamento sul nome del giudice costituzionale. La seconda scossa era arrivata dalla fronda siciliana, tenuta a battesimo dalle dichiarazioni del sottosegretario all’Agricoltura, Giuseppe Castiglione. “Noi auspichiamo che tutti insieme, Forza Italia compresa, si converga su Mattarella”, aveva dichiarato a ilfattoquotidiano.it. Preludio della retromarcia. La riunione dei grandi elettori prevista inizialmente per ieri sera alle 21 è stata rinviata a stamattina, dopo aver messo a punto un documento per tentare di evitare la spaccatura nel partito sul via libera a Mattarella. Uno psicodramma, quello vissuto dall’Ncd che in molti nel partito sono certi non sarà privo di conseguenze per la maggioranza ed il governo. Che, avverte un autorevole esponente del partito, al “al primo voto segreto sull’Italicum va sotto”. Ma oggi Renzi è il vincitore e Alfano sembra aver smarrito di nuovo il quid.
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