Il presidente del Consiglio conferma l'impegno con Berlusconi: “Patto del Nazareno a rischio? Non è colpa di Berlusconi ma di chi gli sta intorno”. Alfano sotto processo, ma il leader Pd insiste: "Avanti fino al 2018"
L’elezione di Sergio Mattarella a presidente della Repubblica sembra una mareggiata che cambia il paesaggio. Il quadro che alla vigilia dei 665 voti per l’ex giudice costituzionale sembrava stabile e solido e ora in apparenza si presenta trasformato dal trionfo di Matteo Renzi, l’unico a non dover raccogliere macerie. C’è Forza Italia, compagna di riforme del Pd, ormai finita a coriandoli: Silvio Berlusconi si ritrova contro perfino quella che è stata definita la “badante”, Maria Rosaria Rossi, senatrice e tesoriera, che se la prende con Denis Verdini e Gianni Letta, vale a dire il collante del Patto del Nazareno: “Vi siete preoccupati del cerchio magico ma non vi siete accorti del duo tragico”. Nel frattempo una parte del Nuovo Centrodestra, il principale alleato di governo di Renzi, è come minimo imbufalita: Angelino Alfano, pur di unirsi – scintillante – ai 4 minuti di standing ovation per Mattarella, lascia sul campo Maurizio Sacconi e Barbara Saltamartini, dimissionari da capogruppo al Senato e da portavoce.
Il patto non muore mai. Renzi: “Scommetto su Fi”
Ma se la battuta più pronunciata in queste ore (“Il Nazareno dopo tre giorni risorge”, scritta da Jena sulla Stampa venerdì) ci sarà un motivo: resta da capire, cioè, se e quanto l’implosione dei due partiti di centrodestra con cui Renzi ha stretto accordi istituzionali abbiano davvero effetti su Italicum, riforme istituzionali e destino del governo. La posizione del presidente del Consiglio, anzi, sembra quella di chi assiste a un temporale ma al tepore di un salotto con caminetto. I problemi ce li hanno gli altri. “Le riforme andranno avanti ma il partito di Berlusconi deve capire bene cosa intende fare – dice Renzi al Foglio – Ha due opzioni di fronte a sé: decidere se soffrire nel fare delle riforme che condivide oppure decidere di offrirsi per fare delle riforme importanti e avere così la possibilità di poter raccogliere e condividere i dividendi con noi. Il punto è sempre lo stesso: Berlusconi è, ahimé, circondato da persone che alimentano uno spirito non costruttivo. Io però oggi sono molto ottimista”. Poi il capo del governo va al Tg1 e ci dà dentro: “Le riforme andranno avanti comunque ma io scommetto anche con l’apporto di Fi perché non sono riforme per il Pd o per Fi, ma sono riforme per il Paese”.
Il disastro del centrodestra
I berlusconiani – di varia natura: ex, attuali, dissidenti, pentiti, convinti, scettici – sognavano di usare il voto per il Quirinale come un’occasione per darsi il mignolino e fare la pace. Chissà quanti di loro ci credevano davvero ma il risultato è che dopo essere addirittura partiti dall’ipotesi di un candidato di bandiera (Antonio Martino) sono tornati al punto di partenza: Forza Italia ha votato ufficialmente scheda bianca, una parte del partito ha votato Mattarella vestendosi volentieri (per i motivi più diversi) da franco tiratore, Ncd ha fatto una giravolta e in 24 ore è passato dal no all’applauso sorridente insieme al Pd e a Sel per l’elezione del capo dello Stato. Matteo Salvini, l’unico leader ancora in salute a destra, non aspettava altro: “Il centrodestra è morto”.
La bufera dentro Forza Italia
Per Raffaele Fitto è la pistola fumante: la strategia del patto del Nazareno avvantaggia solo Renzi, ripete, è un fallimento della linea condotta da Denis Verdini e alla quale Silvio Berlusconi ha dato credito da un anno fa. Anna Cinzia Bonfrisco – sua collega forzista critica su Italicum e riforme – lo definisce Cassandra. “Buon lavoro a tutti noi per ricostruire dalle macerie il centro-destra” scrive sconsolato l’ex sindaco di Pavia Alessandro Cattaneo, responsabile formazione di Forza Italia. Il senatore Lucio Tarquinio da giorni lancia un assalto ai capigruppo: “Trovo alquanto ridicolo che alcuni non si siano ancora resi conto che si stia perseverando nei soliti errori. Se i capigruppo di Forza Italia, Brunetta e Romani pensano che possano continuare, seduti con pochi intimi, ad assumere decisioni sulla linea del partito a nome di tutti, si sbagliano di grosso”. “Quello che è successo – dichiara Gabriella Giammanco – ha sancito, una volta per tutte, che di Renzi, politicamente parlando, non ci si può fidare, un patto con lui non può esistere e non può reggere”. Renato Brunetta, dopo ore di interviste tv e dichiarazioni alle agenzie, è sparito già da prima dello scrutinio decisivo: “Nulla sarà più come prima – il suo testamento – Il percorso è stato rotto da Renzi”. Poi nel Mattinale fa scrivere che Renzi “ha venduto il Nazareno”. Paolo Romani prima dell’elezione diceva che con Mattarella sul Colle le riforme sarebbero diventate un problema. “Più che rabbia è un senso di amarezza” spiegava mentre ancora dovevano essere chiamati alle urne gli ultimi grandi elettori. Berlusconi la tentazione ce l’ha, secondo un retroscena dell’Ansa: è stata una delusione tale da fargli venire voglia di “dare un calcio alle riforme”.
Ma Toti: “Faremo le riforme”
Ma mentre il gorgo sembra portarsi giù tutto c’è Giovanni Toti, che fino a prova contraria è il consigliere politico dell’ex presidente del Consiglio e in modo significativo è stato il volto di Forza Italia in tutte le interviste televisive successive alla proclamazione di Sergio Mattarella. “Si interrompe un clima di fiducia e dialogo tra i nostri due partiti – scandisce , faremo le riforme ma in un clima che da oggi è diverso”. E infatti Renzi al Foglio sottolinea il bicchiere mezzo pieno: “Io guardo al lato positivo di quello che è successo oggi e il gesto di Forza Italia di rimanere in aula e votare scheda bianca non è un gesto di scontro ma è un gesto che testimonia una volontà di incontro“.
Ncd caos. Il Pd: “Ma c’è una maggioranza sola”
Poi c’è l’altro fronte. Quello della maggioranza di governo. Ma anche lì c’è da fare più per Alfano che non per Renzi. A votare scheda bianca, tra gli altri, anche quella del viceministro della giustizia Enrico Costa. “Non posso non constatare come da oggi cambia anche la maggioranza che sostiene Renzi, che si sposta più a sinistra con il sostegno di Sel” dice Barbara Saltamartini mentre lascia pistola e distintivo di portavoce e secondo alcune fonti si prepara a bussare a Forza Italia o Lega. “Il cinismo di ridare peso alle sinistre dentro e fuori il Pd uccide riforme lavoro, giustizia, fisco. Fine di ogni speranza” twitta Sacconi, un altro furibondo per il cambio deciso in corsa. Maurizio Bernardo lascia l’incarico di tesoriere del gruppo parlamentare della Camera. Fabrizio Cicchitto chiede un confronto dentro alla maggioranza. Il rischio di possibile spostamento a sinistra dell’asse della maggioranza era anche il terrore del capogruppo di Montecitorio Nunzia De Girolamo. Alfano, ora sotto processo, forse verrà costretto a chiedere una “verifica di maggioranza” o un “rimpasto”. Tutte parole che a Renzi – nonostante abbia appena fatto eleggere un ex dc come capo dello Stato – fanno venire l’agitazione di stomaco. “Ma quali elezioni anticipate? – dice al Tg1 – Finalmente l’Italia vede una ripresa anche se timida. Ci sono le condizioni perché finalmente, dopo anni di segno meno, si torni a un segno più. Si voterà nel 2018″. Per poter ascoltare queste parole, non a caso, con Alfano si è speso anche il presidente emerito Giorgio Napolitano.