Giovanni Cordio, 86 anni, i Mattarella li ha conosciuti tutti da vicino, dal dopoguerra fino al periodo in cui era vice segretario della Dc siciliana: "Sergio, dopo l'assassinio, ha avuto un risveglio impetuoso alla politica’’
Sergio Mattarella? “L’ho conosciuto da ragazzino, abbiamo avuto frequentazioni e amicizia, che abbiamo tuttora. All’inizio non aveva alcun trasporto verso l’attività politica, era preso dai suoi impegni universitari, seguiva da lontano il fratello Piersanti, ma non era immedesimato. Dopo il suo assassinio ha avuto un risveglio impetuoso alla politica’’. I Mattarella, da Bernardo a Piersanti, il presidente ucciso nel 1980, Giovanni Cordio, 86 anni, li ha conosciuti tutti da vicino, dal dopoguerra fino al periodo in cui era vice segretario della Dc siciliana quando il segretario era Graziano Verzotto, l’uomo al centro dei misteri dei casi Mattei e De Mauro: “Ma mi occupavo solo del partito”, precisa, attingendo ai suoi ricordi di due generazioni di Mattarella. “Erano tutti morotei”, esordisce Cordio, che conobbe il patriarca Bernardo nel trapanese, nell’immediato dopoguerra: “Io sono di Salemi ed ero studente di liceo, lui era un avvocato molto vicino al cardinale di Palermo di allora e presidente di un’associazione della diocesi di Mazara del Vallo.
Bernardo faceva parte di quel nucleo di ex popolari allievi di don Sturzo, con loro aveva collegamenti anche sotto il regime fascista, e si incontrava con l’onorevole Peppino Spadaro, punto di riferimento, per gli altri popolari, che viveva di nascosto a Roma. In Sicilia i leader erano lui e Salvatore Aldisio di Gela. Io seguivo con ammirazione e interesse le iniziative che organizzava per risvegliare la coscienza democratica dei siciliani, fino a quando morì inaspettatamente dopo un malore a Montecitorio”. Si disse subito dopo avere appreso la notizia del rapimento di un suo “figlioccio”, il figlio di Francesco Caruso, un ricco industriale del marmo molto amico di Bernardo Mattarella, rapito da un commando mafioso. “Ci fu molta speculazionepolitica – dice Cordio – avendolo seguito in molti luoghi devo dire che Bernardo era sostanzialmente integro, la malavita ondeggiava alla ricerca di protezione e di vantaggi ma lui si teneva lontano e non fu mai complice.
Morì perché conduceva una vita stressante e il giorno prima fu sorpreso da un acquazzone a Trapani: e nonostante fu visitato a Roma da un notissimo cardiologo, dovette affrettare i suoi giorni”. E per Cordio il vecchio Mattarella è estraneo anche da ogni coinvolgimento nel processo per la strage di Portella della Ginestra: “Uscì vittorioso e indenne da ogni accusa – continua Cordio – anche quella fu una montatura speculativa di partito. Ricordo che mi chiamarono a Milano a testimoniare, per una querela che Bernardo presentò contro una pubblicazione diffamatoria, tra i testimoni c’era anche il prefetto di Palermo e l’autore fu solennemente condannato”. Dalle “voci” sul padre, all’azione antimafia rigorosa del figlio Piersanti: “Tentò di ripulire la Regione sia da presidente che da assessore. Fu un’autentica vittima della mafia, per averla contrastata con iniziative note e poco note. Io ero nel suo staff con Luca Orlando, Raimondo Mignosi, Salvatore Butera, Rino La Placa, Mommo Giuliana”. E Sergio? È riservato, riflessivo, sensibile, i giornali lo hanno ben descritto. Ricordo che un giorno mi telefonò e mi disse di portare il suo saluto da vice segretario della Dc al congresso di Trapani. Con il padre e il fratello lasciano una testimonianza di dedizione, di libertà e di assoluto disinteresse personale al servizio delle istituzioni ed è una lezione che un po’ tutti noi abbiamo appreso”.
da Il Fatto Quotidiano del 31 gennaio 2015