In Italia il processo si sta mettendo in moto lentamente, ma di giorno in giorno le adesioni crescono così come la determinazione a opporsi a un negoziato che rischia di avere conseguenze molto pesanti sulla vita di tutti. Si tratta della Transatlantic trade and investment partnership (Ttip) che vede da tempo impegnati al tavolo delle trattative Commissione europea e Congresso degli Stati Uniti con l’obiettivo di raggiungere un accordo complessivo per la liberalizzazione del commercio e dei servizi tra le due sponde dell’Atlantico. Un negoziato portato avanti nella massima segretezza. Solo di recente – grazie al forte movimento di opinione pubblica che si sta sviluppando in Germania – si è fatta un po’ di luce (molto poca per la verità) sui contenuti di una trattativa che mette in discussione la salute delle persone, le tutele ambientali, l’alimentazione, l’agricoltura, i contratti di lavoro, i diritti dei consumatori e tante altre materie che toccano molto da vicino i cittadini europei.
A scendere in campo a fianco del Coordinamento per la campagna Stop Ttip ora ci sono anche i gruppi d’acquisto milanesi che a partire da febbraio daranno vita a una capillare campagna di informazione sul trattato Ue-Usa e stanno valutando diverse forme di mobilitazione anche in vista di Expo. L’obiettivo è quello di sensibilizzare i cittadini sulle conseguenze che avrebbe la ratifica del Ttip e promuovere una forte opposizione al trattato anche in Italia. Uno dei problemi posti dal negoziato è ad esempio l’introduzione del mutuo riconoscimento, secondo cui se una cosa è commerciabile negli Stati Uniti deve esserlo anche in Europa. Dunque – denunciano i gruppi d’acquisto solidale milanesi – via libera agli ogm senza etichettatura, alla carne zeppa di ormoni e di antibiotici, ai pesticidi attualmente vietati in Europa.
E se uno Stato membro o una Regione non fosse d’accordo dovrà comunque adeguarsi perché il trattato prevarrà sulle leggi, anche su quelle comunitarie, determinando una perdita di sovranità a ogni livello a favore delle multinazionali che attraverso l’Isds – una sorta di camera arbitrale composta da tre membri – potranno citare in giudizio per danni enti locali e stati sovrani che dovessero opporsi alla commercializzazione di determinati prodotti o alla liberalizzazione di determinati servizi, come ad esempio l’acqua che l’Italia con un referendum ha deciso di voler mantenere pubblica. “Sta già accadendo nel resto del mondo – ammoniscono gli esponenti del Coordinamento per la campagna “Stop Ttip” – Philip Morris ad esempio ha fatto causa a Uruguay e Australia perché hanno varato leggi antifumo particolarmente severe che danneggiano i suoi interessi”.
Dal mese prossimo dunque si moltiplicheranno gli incontri informativi organizzati dai gruppi d’acquisto nelle varie zone di Milano per arrivare a un’assemblea pubblica cittadina sul Ttip e a una mobilitazione massiccia, destinata a coinvolgere anche i piccoli produttori e a crescere man mano che ci si avvicina all’Expo non solo sotto forma di protesta, ma anche di proposta: in questo quadro si inserisce il tentativo di creare su Milano un polo logistico e distributivo solidale, da mettere al servizio di produttori, gruppi d’acquisto, mercati contadini e mense popolari. Un progetto che ha l’obiettivo ambizioso di dimostrare concretamente che un’economia diversa, basata sulle relazioni e sulla solidarietà non solo è possibile, ma sta anche in piedi.