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Charlie Hebdo non sarà in edicola: “Prima bisogna superare il trauma”

"Non è una rinuncia o un arretramento davanti alle minacce islamiste. Ma un semplice problema di stress e stanchezza della redazione, provata dal massacro, dai funerali e dalla fatica di pubblicare in condizioni estremamente difficili il numero dopo la strage" ha fatto sapere la responsabile della comunicazione del settimanale satirico
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“Non è una rinuncia o un arretramento davanti alle minacce islamiste. Ma un semplice problema di stress e stanchezza della redazione, provata dal massacro del direttore, Charb, e di altri 3 vignettisti, dai funerali e dalla fatica di pubblicare in condizioni estremamente difficili il numero dopo la strage”. Con queste parole Anne Hommel, la responsabile della comunicazione di Charlie Hebdo, ha motivato la sospensione – con slittamento a data da definirsi – delle pubblicazioni del settimanale satirico. Il cui numero 1180, quindi, non è andato in edicola mercoledì scorso e non uscirà nemmeno il prossimo. La conferma ufficiale è arrivata a due giorni dalle prime indiscrezioni pubblicate dal quotidiano Libération, che all’indomani del massacro aveva ospitato nella sua sede ciò che rimaneva della redazione di Charlie, permettendo l’uscita del numero 1179, quello con Maometto in copertina e la scritta ‘Je suis Charlie-Tout est pardonné‘, distribuito in 7 milioni di copie (6.300mila in Francia, 700mila all’estero).

Secondo Libération, il nuovo numero del settimanale satirico dovrebbe uscire non prima di “metà febbraio”: nelle edicole, però, saranno distribuite altre 300mila copie dell’edizione post 7 gennaio, che ha segnato un record senza precedenti per la stampa transalpina. Ora lo stop, perché la redazione, stanca e traumatizzata, ha bisogno di riflettere sul futuro. Che comunque ci sarà, perché – hanno fatto sapere dalla redazione – “Charlie continuerà”. Per l’avvocato della redazione, Christophe Thévenet, l’equipe ha “bisogno di tempo. Faranno il prossimo numero quando saranno in grado di farlo”. Per ora, bisogna decidere di molte questioni legate al futuro. A cominciare da quanto tempo continueranno a lavorare nella stanza messa a loro disposizione a Libération. “In un primo tempo, dobbiamo stare a casa: abbiamo bisogno di raccoglierci. Ora è il momento di riflettere individualmente e collettivamente” ha detto Gérard Biard, caporedattore di Charlie, spiegando che “c’è quello che ognuno ha voglia di fare per sé e poi c’è quello che abbiamo voglia di fare per il giornale (…) La sola cosa certa è che Charlie Hebdo continuerà”.

Tra i punti già decisi, c’è la nomina come direttore del vignettista Riss, ferito durante l’assalto dei fratelli Kouachi. C’è poi la gestione della valanga di finanziamenti giunti dopo la strage: quasi 2 milioni di euro. A questo, si aggiungono gli introiti derivanti dall’eccezionale tiratura dell’ultima edizione. Soldi che andranno al giornale, alle famiglie delle 17 vittime, ma anche ad un “fondo di dotazione per aiutare i giornali satirici attraverso il mondo” ha spiegato l’avvocato Thévenet, sottolineando che “sarà un lavoro di lungo corso per creare un sacco di altri Charlie Hebdo nel mondo, per aiutare i cugini di altri Paesi. E’ la migliore risposta possibile”. Oltre ai soldi, Charlie Hebdo ha registrato ottantamila nuovi abbonamenti (prima dell’attentato erano appena diecimila). “E’ sicuro che tutto questo da molta visibilità – ha continuato Thévenet – oggi, il giornale ha i mezzi per continuare. Ora spetta alla redazione organizzarsi. Bisogna superare il trauma, misurare lo sforzo di ripubblicare il giornale tre giorni dopo l’attentato. Piangevano disegnando! Nessuno può uscire indenne da una cosa così. Prima ancora di giornalisti e vignettisti si tratta di uomini e donne” ha concluso il legale.

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