In un nuovo video distribuito sabato sera lo Stato Islamico mostra l’esecuzione del giornalista Goto, il secondo ostaggio giapponese decapitato. Il video è molto più breve degli altri, meno strutturato e sicuramente meno sofisticato. Il boia, Jihadi John, usa un linguaggio più cruento del solito “siamo assetati del vostro sangue”, una frase che vuole terrorizzare gli occidentali e nello stesso tempo rinvigorire i seguaci dello Stato Islamico che questa settimana ha perso Kobane e che, a detta degli americani, si trova in difficoltà sia in Siria che in Iraq.
Ma ciò che colpisce maggiormente è il riferimento alla grande coalizione, la minaccia non è diretta solo al popolo ed al governo giapponese ma a tutti i membri della coalizione. Cambia dunque l’enfasi ed il “nemico” dell’Isis assume sembianze che ricordano quello di al Zarqawi ed al Qaeda in Iraq, l’Occidente e le forze di coalizione da questo messe insieme per ridisegnare la mappa politica dell’Iraq.
Forse ci troviamo di fronte ad una svolta strategica. Il modo in cui sono state gestite le negoziazioni per il rilascio dei due ostaggi giapponesi è diverso da quello usato per gli ostaggi italiani, turchi ma anche americani ed inglesi. Con i governi che tradizionalmente pagano i riscatti, tra i quali c’era anche il Giappone, lo Stato Islamico aveva usato metodologie tradizionali, negoziava in privato, lontano dagli occhi dei media e sicuramente senza coinvolgere la popolazione. Con gli americani e gli inglesi, invece, la provocazione era mediatica, per mettere a nudo le divergenze di tattiche, queste infatti sono le due nazioni che non trattano con i terroristi ed ancor meno con lo Stato Islamico.
La richiesta di pagamento del riscatto per i due ostaggi giapponesi invece è stata sin dall’inizio pubblica, il braccio di ferro tra lo Stato Islamico e Tokyo è avvenuto sui social media, con ampio spazio dedicato ai video. Ma non basta, si è voluto coinvolgere una terza nazione, la Giordania, offrendo la possibilità di uno scambio. Le condizioni erano chiare: rilascio di Goto in cambio di Sajida al-Rishawi, condannata a morte per l’attacco al Radisson Hotel ma mai giustiziata.
E’ chiaro che si trattava di una provocazione a sfondo politico, un giapponese in cambio di un’araba che faceva parte del gruppo di al Zarqawi, una bomba suicida la cui cintura esplosiva non aveva funzionato. Sajida al-Rishawi, come tutte le bombe suicide donne, non è mai stata un personaggio chiave del mondo jihadista, contava quanto un missile, la sua funzione era di usare il proprio corpo per entrare nel Radisson ed uccidere tante più persone possibili. Non era una stratega né faceva parte dell’élite jihadista.
Ma oggi, nelle mani del governo giordano, la sua importanza è diventata strategica. Ed infatti la sua liberazione è stata usata per creare una crisi diplomatica all’interno della grande coalizione. E’ chiaro che Amman non aveva nessuna intenzione di scambiarla per Goto perché nel gioco malefico del terrorismo islamico la nazionalità di chi ne rimane coinvolto è fondamentale. E questo basta, agli occhi dei seguaci dello Stato Islamico per mettere a nudo le contraddizioni della grande coalizione: tutti contro l’Isis ma ognuno difende i propri cittadini perché ognuno deve rendere conto del proprio comportamento alla opinione pubblica nazionale.
E’ a questo punto che entra in scena Moaz al-Kasasbeh, il pilota giordano catturato dall’Isis durante un’incursione aerea. E’ lo Stato Islamico che lo tira in ballo o sono i giordani ed i giapponesi che cercano di far rientrare anche la sua vita nello scambio? Difficile stabilirlo. Dopo l’esecuzione brutale di Haruna Yukawa, il primo ostaggio giapponese, il destino di Moaz al-Kasasbeh viene legato a quello di Goto e di Sajida al-Rishawi e l’opinione pubblica giordana e giapponese inizia la sua battaglia. Manifestazioni ad Amman ed a Tokyo mettono pressione sui rispettivi governi affinché si trovi una soluzione, è una situazione imbarazzante per entrambi i governi.
L’obiettivo dello Stato Islamico sembra essere quello di esporre all’opinione pubblica delle nazioni della grande coalizione la debolezza di fondo di questa stessa, dove nonostante le belle parole un fronte compatto ed omogeneo non esiste. Qui non ci troviamo di fronte agli Alleati che lottano uniti contro Hitler, ma ad una colazione di stati che sono disposti a partecipare solo ad una guerra per procura. Su questo piano, ahimè, la propaganda dello Stato Islamico è decisamente vincente.
Sarà interessante vedere gli sviluppi futuri e scoprire come l’Isis sfrutterà Moaz al-Kasasbeh, un ostaggio decisamente più importante di Goto.
(Sullo Stato islamico, Loretta Napoleoni è autrice del libro-inchiesta “Isis, lo Stato del terrore“)